domenica 6 aprile 2014

I MORTI NON SANNO NULLA 20




                                          VENTI


Il Testoni era quasi irriconoscibile. Abbronzato, con una barbetta corta e i capelli pettinati all'indietro, pietrificati dalla gommina. Più che allegro pareva addirittura euforico.
Era passato a prendere Dino e lo aveva immediatamente subissato di informazioni caotiche su ciò che gli era accaduto dopo il loro ritorno dalla Svizzera.
Quello che Dino riuscì a capire era che la famiglia di lui, probabilmente grazie all'assenza della nuora detestata, si era cautamente fatta avanti. Così Ferruccio aveva potuto trascorrere un paio di settimane nella villa di Rapallo, circondato dal benigno rigore dei consanguinei: genitori anziani, un paio di sorelle - una sposata con figli l'altra no - e ritrovarsi tra gli amici d'infanzia, alleggerendo con una vacanza adolescenziale il peso del suo travagliato menàge.
Di Loretta non parlò, e neppure di psicoanalisi e di modellismo. Non fece altro che raccontare di giornate di mare in barca - i suoi dovevano possederne una cospicua, provvista di marinaio - e di notti brave, perlomeno nell'accezione modesta che ne aveva lui.
Scesero la collina nel gelo allarmante del climatizzatore dell'ammiraglia giapponese tenuto al massimo.
- Ti porto in un posto dove fanno un pesce che così non l'hai mai mangiato ! - strillò Ferruccio.
- Bene... - assentì Dino Fabbri, già in parte pentito d'aver accettato l'invito per la serata. L'altro azionò lo stereo scatenando gli UB40.
- Non possiamo abbassare un po’ ? - chiese Dino con un velo di fastidio.
- Cosa ?
- Tutto.
- Tutto ?
- Sì. Qui dentro si gela. E anche 'sta musica.
Ferruccio si rassegnò ad esaudire la richiesta ma la sua contrarietà non durò che un momento. Con entusiasmo degno di miglior causa annunciò che sarebbero passati a prendere sua sorella.
- Mica quella sposata eh ! Quell'altra. Se ne é venuta via dal mare con me. Ne aveva due palle ! I miei e poi i nipoti, i figli di quell'altra mia sorella, ragazzini, sai com'é...
Dino Fabbri rispose che no, non sapeva, e Ferruccio per un istante fu spiazzato.
- Ma dai ! Sono noiosi, no ?
Dino non rispose.
- Comunque quest'altra é forte ! Le ho raccontato di quando abbiamo fatto i giornalisti !
Dino Fabbri evitò di dare soddisfazione al Testoni, trincerandosi dietro un mutismo indifferente.
Via Della Rocca era semideserta. Si arrestarono di fronte ad un portone massiccio, listato di fregi d'ottone tirati a lucido. Ferruccio scese a scampanellare ad un citofono contrassegnato da una sigla e poco dopo la sorella comparve.
Dino Fabbri si sorprese un po’, non solo perché tra lei e il fratello non correva nessuna rassomiglianza ma perché in lei c'era qualcosa di eccessivo: una specie di eleborato sex-appeal pericolosamente vicino al ridicolo.
Aveva un viso lungo, più lungo del normale, un mento pronunciato sovrastato da una bocca sensualissima, lucida di rossetto. L'espressione era rigidamente neutra, lo sguardo degli occhi verde chiaro vagamente assente.Era molto alta, e all'altezza naturale aveva aggiunto la provocatoria protesi di un paio di tacchi cospicui, che affioravano nel passo studiato e meccanico sotto larghi pantaloni di consistenza impalpabile.
Dino, dopo esser sceso, era rimasto accostato all'auto. Quando lei gli fu di fronte lo sovrastava di una dozzina di centimetri.
- Miriam, piacere - disse.
Aveva una vocetta lagnosa che contrastava con l'aspetto. Non strinse la mano di Dino ma gli mise nel palmo le lunghissime dita inerti, coronate da unghie acuminate, vermiglie di smalto.
Per raggiungere il ristorante dovettero quasi uscire dalla città. Nell'abitacolo, refrigerato ora ragionevolmente, la conversazione languiva. Dino Fabbri aveva realizzato che con quei due la serata sarebbe andata sprecata e si proteggeva con una laconicità distratta, urtante senza essere sgarbata.
Lei gli chiese del suo lavoro e proprio quando lui si stava rassegnando ad offrire la sua disponibilità al dialogo Miriam si ricordò del rinnovo della carta d'identità.
- Lei fa anche foto tessera ? - chiese, con un guizzo stridulo sul tono interrogativo.
- No - rispose Dino, decidendo che per quella sera la conversazione era conclusa.
E invece, grazie alla cena abbondante e ottima, come da annuncio del Testoni, e all'Arneis gelato di cui fecero fuori quattro bottiglie, la conversazione si rianimò.
Dino Fabbri superò il fastidio che il suono della voce di Miriam gli procurava e chiacchierarono a lungo. Di lei, che era arredatrice ed era stata sposata per quindici giorni qualche anno prima, con il figlio del proprietario di una catena di supermercati, e di lui, che più che altro raccontò aneddoti sul soggiorno nella Vallée de Joux, mandando Ferruccio in brodo di giuggiole.
Dino Fabbri possedeva un suo saltuario ma eccellente talento nello scovare e descrivere gli aspetti grotteschi, esilaranti, di qualsiasi situazione. Quella sera lo sfoggiò in tutte le sue sfumature. Un momento di gelo venne quando, incidentalmente e per cortesia, chiese a Ferruccio notizie di Loretta.
- Sta bene - rispose l'altro, senza aggiungere nulla e subito insistendo perché Dino raccontasse ancora. Lui li fece ridere imitando con un efficace gramlot l'ispettore della Polizia Cantonale.
- E non li hanno ancora presi ? - chiese Miriam.
- Chi ?
- Gli assassini.
Dino avrebbe avuto voglia di spiegarle che se di omicidio si era trattato non erano certo stati Jef e Marcella gli esecutori, ma all'improvviso gli parve una fatica inutile.
- No - disse - e non credo che li prenderanno mai.
Lei gli rivolse un'occhiata di misurato stupore: la prima occhiata in cui manifestasse vivacità nello sguardo.
- Perché ? - chiese. Di nuovo, sul tono interrogativo, la voce le cigolò. Dino alzò le spalle. Cercò il sostegno del Testoni che però guardava nel piatto.
- Non so. Jef non é il tipo da farsi beccare...E poi, con tutti quei soldi, uno si organizza per benino, no ? Tu cosa dici ?
Ferruccio alzò lo sguardo, imbarazzato.
- Non so...é difficile...
Miriam cambiò argomento e tutto tornò a filare allegramente.
All'arrivo del conto il Testoni se ne appropriò enfaticamente uggiolando "Faccio io ! faccio io !"
Sulla via del ritorno lei li invitò a salire per bere qualcosa. Immediatamente dopo si agitò sul sedile, enfatizzando il proprio allarme inatteso.
- E' lui ! é lui ! - prese a gracidare, voltandosi indietro e scrutando attraverso il lunotto.
- Ma dai ! Non é possibile ! - ribatté Ferruccio.
- E' lui ti dico ! Vuoi che non lo riconosca ? Ti ha fatto i fari, no ?
- Ma può essere uno che vuol superare...
- Vedrai !
Dino Fabbri seguiva il dialogo fra i due con una certa curiosità.
- Che succede ? - si decise a chiedere al Testoni.
- Ma niente...
- Cosa niente ! - sbottò Miriam, isterizzando il suo acuto.
- Ma non é lui, dai... - Ferruccio pareva imbarazzato.
Dino Fabbri notò che in effetti l'auto che li seguiva emetteva occasionali ed ingiustificati lampeggi. Arrivarono ad un semaforo e l'auto si accostò a quella del Testoni.
Era una Mercedes color crema con un solo passeggero alla guida. Un ragazzo che non doveva aver più di vent'anni, magrissimo, con una testa arrotondata e resa vistosa da una folta capigliatura crespa.
Impugnava il volante stringendolo spasmodicamente e fissava lo sguardo di fronte a sé.
- Cosa t'avevo detto ! - guaì Miriam, ritraendosi sul sedile.
Dino Fabbri si sporse un poco in avanti per vedere ma Ferruccio lo trattenne.
- Fa finta di niente - mormorò.
Scattò il verde ed la Mercedes partì con un'accelerata furiosa, lasciando due nere tracce di copertone sull'asfalto.
- Che picio... - borbottò il Testoni.
Miriam, sul sedile posteriore, sbuffò.
- Fa sempre così. Ogni volta che esco, soprattutto la sera.
- Ma chi é ? - chiese Dino Fabbri.
Ferruccio e la sorella risposero contemporaneamente, accavallando le loro voci, poi lei prevalse e Ferruccio, che aveva tentato la via della spiegazione sommaria, si arrese, ammutolendo imbronciato.
- ...e una sera al "Carillon" l'estate scorsa - stava dicendo Miriam, dopo aver recuperato la sua imperturbabilità - me lo hanno presentato ed é nata questa storia. Io ero fresca di divorzio dal mostro e questo ragazzo era così tenero, così delicato...
- Ma state insieme ? - azzardò Dino Fabbri.
- Macché ! - sbottò lei.
- Però dovresti tagliare i ponti definitivamente, scusa !
Ferruccio ora pareva risentito nei confronti della sorella, e anche vagamente comprensivo riguardo al ragazzo.
- ...gli dici "E' finita" e poi accetti i suoi inviti a cena ! Con 'sti tira e molla lo fai diventare matto. Già non é tutto nel suo...
Il Testoni bofonchiava immusonito e Dino Fabbri capì che Miriam doveva avere un debole per il gioco del gatto col topo. Niente di più facile per una come lei, alle prese con un ragazzino nevrotico e timido, senza esperienza.
- Due sere fa Ilario mi ha riaccompagnata a casa, é salito a bere una cosa e quando é sceso aveva le quattro gomme del Cabrio squarciate !
- Ma cosa fa ? Sta sotto casa a controllare ? - chiese il Testoni.
- Anche tutta la notte ! E poi fa le telefonate mute. E' esasperante !
- Avvertire la Polizia ? - suggerì dubbioso Dino.
- E non l'ho fatto ? Anzi ! Devo dire che ho trovato un commissario molto gentile, carino, premuroso che però mi ha spiegato che finché lui non commette un vero e proprio reato non c'é nulla da fare. Se vuole passare la notte in macchina sotto casa mia ha il diritto di farlo. Tra l'altro chiama dalle cabine, così anche se ho il telefono sotto controllo chi lo becca ? Un inferno !
- In effetti... - mormorò Dino Fabbri, convinto che Miriam comunque meritasse forse anche qualcosa di peggio delle piccole angherie disperate cui il ragazzo la sottoponeva.
Arrivarono sotto casa di lei che insistette perché salissero. Il Testoni tentennava.
- Non é che poi mi fa fuori le gomme anche a me ?
- Macché ! Lo sa benissimo che sei mio fratello. Sa tutto !
- Di me niente - disse Dino.
Miriam rispose con un sorriso che voleva, e in parte riusciva, ad essere maliardo.
- No, di te non ancora - mugolò.
Salirono all'attico su un vecchio ascensore restaurato, tutto vetri, mogano lucido e volute liberty di ferro battuto.
L'appartamento era enorme - retaggio della buona uscita matrimoniale -  e Dino Fabbri si chiese di che genere potessero essere i clienti di Miriam Testoni l'arredatrice.
Le pareti del salone erano tinteggiate con uno spatolato color blu notte, su cui campeggiavano arazzi orientaleggianti, ricchi di tratteggi dorati. L'illuminazione pareva incerta se definire lo spazio come luogo di culto o postribolo. I divani, grandi come imbarcazioni, erano rivestiti di damasco fiammato. Ci si lasciarono cadere, provati dalle libagioni.
- Dentro o fuori ? - chiese Miriam.
- Dentro, dentro - implorò Ferruccio esausto.
Lei azionò elettricamente la vetrata scorrevole che si affacciava su un terrazzo. Dall'esterno penetrò, insieme ad un benefico refolo di frescura, un acuto e confortante profumo di gelsomino.
- Buono - disse Dino Fabbri, annusando nell'aria.
- Ho tutto il terrazzo fiorito - ammise Miriam soddisfatta.
Ferruccio si era tolto i mocassini ed aveva allungato i piedi su un tavolo basso di radica e cristallo, coperto ad arte di riviste straniere e curiosi oggetti esotici.
- Preparaci uno dei tuoi - suggerì complice alla sorella, poi ammiccò in direzione di Dino.
- Bombe ! - disse.
Lei spalancò l'anta di qualcosa che pareva una via di mezzo tra la portantina e il confessionale e che si illuminò all'interno, rivelando ripiani di cristallo fitti di bottiglie e bicchieri: l'effetto aveva qualcosa di fantascientifico.
Miriam armeggiò sapientemente con shaker, ghiaccio e recipienti vari, poi si presentò con tre beveroni dall'aspetto invitante.
- Disseta - dichiarò con distacco.
L'iperbolica gradazione alcoolica era temperata da un sapore speziato di frutta tropicale.
Miriam azionò un impianto stereo che prese a diffondere in sordina canzoni di Ornella Vanoni.
Sorseggiarono i loro cocktails discorrendo, chissà perché, di programmi televisivi. Dino Fabbri non era ferrato in materia ma Miriam sì.
Quando il Testoni cominciò a dare i primi segni di cedimento, crollando il capo sul petto con ronfi improvvisi, Dino accennò all'opportunità che se ne andassero.
- Oh, no ! - sbottò Miriam - Non mi lascerete sola con quello là qua sotto eh ?
Dino Fabbri la osservò con un po' di sorpresa.
- Ma perché ? E' qua sotto davvero ?
Lei non rispose. Si sollevò dal divano, si liberò delle scarpe dal tacco altissimo e fece  cenno a Dino di seguirla. Lui si adeguò a quella cautela un po’ ridicola e la seguì sul terrazzo.
Luci fievoli, disposte ad arte in nicchie di vegetazione, illuminavano debolmente l'esterno. Miriam guidò Dino nell'angolo più buio, lo fece accostare a sé, scostò leggermente le foglie di un rampicante e gli sussurrò sul viso.
- Guarda.
Il suo alito era fruttato, i capelli solleticarono la guancia di Dino quando lei si accostò al breve spiraglio tra il verde per osservare la strada.
Miriam, scalza, era poco più alta di lui. I piedi erano lunghi come il viso, le mani, il corpo; incredibilmente lunghe le dita. A Dino Fabbri vennero in mente i minuscoli piedi di Solange.
Miriam aderiva con il fianco a quello di lui.
- Guarda - sussurrò ancora.
Lui spostò il braccio di lato  e le afferrò il cavallo dei pantaloni leggeri. Miriam non portava mutandine.
La Mercedes era parcheggiato poco lontano. La brace di una sigaretta accesa baluginava a tratti dietro il parabrezza.
- Vedo - disse Dino Fabbri.




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