domenica 30 settembre 2012

MOROCCO MAKING MOVIE

All'inizio del racconto "Noi quattro", postato il 30 dicembre 2010, descrivo una situazione riguardante la lavorazione di un film di Olmi: "Genesi". 
Laura era là in produzione. Era partita intorno a ferragosto del '93 ed è tornata poco prima di Natale di quell'anno.
Io ero stato giù a girare un backstage.
Qualche giorno fa lei mi ha chiesto di montarne una decina di minuti con frammenti "di famiglia" per uno dei suoi usi in rete. 
Visto che la sua richiesta riguardo a Turoldo, che poi ho postato sul mio blog, ha riscosso consensi, mi sono adoperato anche a questa.
Ecco qua.





sabato 22 settembre 2012

CANTI D'INFERMITA'




Nell'autunno del 1990 Francesco Antonioli, che allora era il responsabile delle produzioni della Nova T, mi aveva chiesto di accompagnarlo ad un incontro.
Al Politecnico di Torino quel giorno veniva consegnata una laurea Honoris Causa a una figura imponente, David Maria Turoldo.
Alla Nova T avevano una sua pièce teatrale su Francesco d'Assisi, una specie di drammatica interrogazione al santo che, dal punto di vista dell'ortodossia, si avventurava su ghiaccio sottile, o almeno così mi avevano fatto capire.
Il progetto che accarezzavano, con la prudenza con la quale si può accarezzare un cucciolo di tigre cresciutello, era quello di una trasposizione filmata dell'opera. Quali fossero gli accordi tra loro non mi è mai stato dato di sapere. Io ero quello che avrebbe dovuto girarlo, tutto lì.
Di Turoldo sapevo che era un poeta. Francesco mi aveva spiegato che apparteneva all'ordine dei Servi di Maria.
Eravamo arrivati al Politecnico in tempo per assistere all'abbraccio tra padre David e Norberto Bobbio. Non so se il secondo fosse lì per ricevere anche lui un'onorificenza o in veste di anfitrione, in ogni caso quell'abbraccio senile tra i due mi aveva impressionato. Scintillava.
La presentazione tra noi era stata frettolosa e severa. Francesco faceva del suo meglio, Turoldo ci indagava con uno sguardo non molto convinto. Probabilmente per lui rappresentavamo due ragazzini impreparati ad affrontare il suo lavoro e trasporlo. 
Aveva grando mani nodose e una voce da profeta. Ci eravamo lasciati senza che avessi capito come stavano le cose.
In realtà, che l'Ordine dei Cappuccini, che costituiva il CdA della Nova T, nutrisse delle forti perplessità sul lavoro di Turoldo, su domande che potevano suonare quasi come blasfeme ad orecchie meno laiche delle mie, mi si chiarì molto tempo dopo.
Per il momento sapevo che ci sarebbe stato un lavoro da fare. Nessuna indicazione sul quando.
Nel frattempo ce n'erano altri da girare. 
Poi un giorno mi chiamano, ancora dalla Nova T, per propormi la regia di un documentario istituzionale per l'Ordine Camilliano, da realizzarsi in una loro clinica d'avanguardia, la Pio X di Milano.
Tra il 26 ottobre e il 1° novembre del 1991 sono così finito ad installarmi là dentro con una piccola troupe.
L'idea era quella, per me ancora vaga, di costruire qualcosa sul dolore e la speranza, e non solo uno spottone sull'eccellenza medico tecnologica della struttura.




Pit in sala parto







Dopo un paio di giorni, durante un pranzo - mangiavamo con i religiosi che lavoravano alla clinica, pasti eccellenti, e dormivamo in un'ala che fungeva da foresteria, senza mai uscire se non per riprese esterne - qualcuno ha citato padre Turoldo e mi ha incuriosito, così ho scoperto che era ricoverato proprio in quella clinica, e che non gli restava molto da vivere.
Dunque quando lo avevo conosciuto era già malato e lo sapeva.
Ho chiesto di poterlo vedere.
Può sembrare crudele ma la prima cosa che ho pensato è stata che, se si fosse reso disponibile, il mio film avrebbe preso l'indirizzo che cercavo di dargli ancora confusamente.
Quando sono entrato nella sua stanza me lo sono trovato di fronte così come poi l'ho ripreso, drappeggiato in una vestaglia, il viso scarno, gli occhi febbrili, la flebo che gli gocciolava nelle vene un cocktail di farmaci tra i quali la morfina era la primadonna.
Si ricordava vagamente di me e di quel giorno al Politecnico, ma quando gli ho detto perchè ero lì e ho trovato il coraggio di confessargli che aspiravo ad averlo come il mio Virgilio in quel viaggio nella sofferenza non ha esitato. "Dov'è la telecamera ?" ha chiesto.
Dopo le riprese mi sono lanciato nel montaggio. Avevamo dei termini di consegna piuttosto stretti. I Camilliani avevano fissato una presentazione per l'8 dicembre.
Avevo girato un'introduzione un po' accademica con monsignor Gianfranco Ravasi, ma lui è proprio così, e poi centellinato  Turoldo nel corso della narrazione. Un gigante.
L'8 dicembre io e Laura siamo arrivati alla Pio X, a Milano, da Ipotesi Cinema, a Bassano, in leggero ritardo.
Nell'anfiteatro camilliano c'era un parterre de roi adeguati all'epoca, politici socialisti, figure di spicco dell'imprenditoria, dei media.
I Camilliani si prendono cura dei miserabili con i soldi che fanno prendendosi cura dei grandi privilegiati.
Alla Pio X ci stanno i privilegiati.
Folla elegante, clima di mondanità. Veniamo individuati e trascinati nella prima fila. Parte la proiezione.
Il successo è stato considerevole. Il lavoro aveva una componente alla quale quel pubblico non era abituato, un obbligo temporaneo alla riflessione sul dolore che le parole di Turoldo rendevano perentorio.
Alla fine della proiezione, in attesa del banchetto, Turoldo mi ha detto che se lavoravo così potevo fare il suo Francesco. E non lo ha detto solo a me, ma ha indirizzato ai papaveri della Nova T un definitivo "Lui deve girare Francesco" con un lascito di autorità veterotestamentaria.




 Turoldo e Pit il giorno della proiezione



E' morto pochissimo tempo dopo.
Nel 1992 ho girato sì "Cercando Francesco" ma la chiave turoldiana era stata accantonata.
Il dubbio perenne, gli interrogativi lancinanti, la stessa virulenza testuale del poeta non potevano non allarmare i frati, che però si sentivano forse in debito morale per quell'ultimo imperativo pronunciato il giorno della proiezione alla Pio X del film che - grazie al suggerimento di Francesco Antonioli - avevo intitolato "Canti d'infermità", da una raccolta poetica di Sbarbaro, e che molto prosaicamente i Camilliani avevano chiesto di sostituire con "Missione Salute" dal titolo della testata di un loro periodico.
Ma questa è un'altra storia.
Quella che riguarda Turoldo ha una sua coda quando Sergio Zavoli, venuto a conoscenza che esisteva una testimonianza filmata del servita, l'ultima poco prima della morte, ha preso contatto con Nova T e chiesto di averla.
L'aspetto grottesco della questione è che alla Nova T, convinti che instaurare un buon rapporto con Zavoli potesse rappresentare futuri vantaggi,  hanno stabilito di cedergliela per una pipa di tabacco.
Zavoli incassa e manda immediatamente in onda, tagliando pochissimo, e solo quello che avrebbe potuto far adombrare le gerarchie ecclesiastiche. 
Non segnala la fonte, non cita l'autore, insomma non applica quelle elementari regole di correttezza che in questi casi sarebbero di rigore. 
Molti grandi vecchi sono così e io, a quel tempo, ero preso da altri progetti e non avevo dato peso.
Così sono passati gli anni.
Poco tempo fa Laura mi ha chiesto di montarle l'intervista a padre Turoldo perche l'aveva trovata in FB attribuita a Zavoli ed era intenzionata a fare chiarezza, io ho recuperato il master del filmato e ne ho estratto le parole di Turoldo.
E così eccola qui.






giovedì 20 settembre 2012

CARTOLINE 3



L'ho trovata in rete e me la sono fatta comprare su e-bay dal mio amico Roberto, che sa destreggiarsi con maestria tra quei frangenti.
Devo riconoscere che come cartolina è piuttosto brutta, ma per me - per noi che eravamo là nella prima metà degli anni '70 - è quasi una foto di famiglia.
Il condominio imponente al centro è l'Olympia. Arrivo a riconoscere il balcone del nostro appartamento.
Ho raccontato della cartolina a Paolo Drago quando è venuto a trovarmi. Abitava lì anche lui, con i suoi.
In basso a destra si individua l'insegna del "Tabaris", che lasciò il posto al "Charlie Brown". 
Di fianco, nell'angolo, non visibile, c'era l'ingresso della "Tampa".
Quest'anonima piazza l'ho attraversata milioni di volte, sempre in allegria, o indotta dalle libagioni o in prospettiva di un'avventura, sotto portentose nevicate o luminosità primaverili o notti scintillanti di gelo.
Momenti di quell'epoca sono descritti nel racconto "Sei giorni fuoristrada" postato il 28 novembre 2010, e proprio questa è la piazza teatro dell'arrivo di Pierino Gros con la sua coppa del mondo, presente nel soggetto "Kiki Baum e sette lune" della serie "Atti mancati" postato il 19 agosto 2012.
Quella neve si è sciolta, tempo dopo l'abbiamo ciclicamente bevuta e pisciata milioni di volte. Ricadrà per fornire nostalgie ad altri. Altri che avranno le loro cartoline da contemplare con non addolorata nostalgia.







mercoledì 19 settembre 2012

ATTI MANCATI 6



Il 5 settembre 2008, al Museo Nuvolari di Mantova, con Marco D'Aponte abbiamo presentato la nostra graphic novel "Compagno del vento", biografia di Tazio Nuvolari a fumetti.















In seguito a quell'occasione l'AUDI, che era stata tra i patrocinatori della prima edizione - a tiratura limitata e numerata con sottotitoli in inglese (vedi sopra) - ci propose un'avventura allettante: una storia della casa automobilistica a fumetti.
Dopo averci pensato su io ho sviluppato una serie di brevi storie, alcune sceneggiature con personaggi immaginari, altre con automobili come voce narrante, con un percorso che andava dagli albori ai giorni nostri in termini più evocativi che tecnologici.


Io adesso sto scrivendo questo post, ma in realtà si tratta della riscrittura di qualcosa che avevo già raccontato e poi inavvertitamente cancellato.
Non ricordo le parole originali, ho presente che avevo dettagliato le ragioni del mancato accordo per la realizzazione di quel libro imputandolo alla pochezza di un giovane responsabile di quello che forse era il loro ufficio stampa.
E' stato davvero così, ma in questo momento non ho voglia di dargli addosso come avevo fatto nella prima stesura.
E' andata.
Se no che atto mancato sarebbe ?


Marco aveva realizzato le "matite" del primo episodio.
















Gli episodi erano sei.
Il penultimo si intitolava semplicemente 920 ed era il mio preferito.



920


Non lo dico con presunzione, ma come dato di fatto.
Ero bellissima, e molto elegante.
(dati tecnici)
Potente e affidabile.
Facevo bella mostra di me, in compagnia di altre fascinose quattro ruote, nel garage della villa di un banchiere ebreo, a Berlino.
Uscivo ogni tanto, mi guidava un autista.
Poi un giorno - era l'ottobre del 1936  - il figlio maggiore di quel banchiere si è messo alla guida ed abbiamo iniziato un lunghissimo viaggio, anche piuttosto accidentato, devo dire, ma io sono stata sempre impeccabile.
Certo mi seccava parecchio ritrovarmi all'alba coperta di brina, o che nessuno si preoccupasse di darmi una bella lavata con la pompa, a togliere un po' di fango. Ma mi abituai, senza mai lamentarmi.
E arrivammo a Barcellona.
Qui il figlio del banchiere si arruolò volontario nel battaglione Thalmann, delle Brigate Internazionali.
Erano tutti tedeschi o polacchi, in quel battaglione, e in maggioranza ebrei. Lui si sentiva un po' a casa. Io meno.
Ero stata lasciata nel garage dell'hotel Falcòn, all'inizio delle Ramblas, vicino piazza Catalunya, a disposizione del POUM, che aveva lì il suo quartier generale.
Le mie compagne erano tutte piuttosto malconce e, francamente, davvero senza classe, tranne una vecchia Bentley asmatica e ammaccata che mi disse, con un certo sussiego, di aver trasportato un tal George Orwell - uno scrittore - che era venuto anche lui ad arruolarsi nelle Brigate Internazionali.
Poi, un giorno, vennero a prendermi in tre.
Mi avevano prestata a questo americano - un altro scrittore - un certo Hemingway, e a due fotografi: André Friedmann, di Budapest, meglio conosciuto come Robert Capa, e Gerta Pohorylle, cresciuta a Lipsia e Stoccarda, nota come Gerda Taro.
Lo scrittore era un po' smargiasso e piuttosto arrogante. Era già famoso e lo sarebbe diventato ancora di più grazie anche a quello che avrebbe scritto ricordando quello che stavamo vivendo, nel libro "Per chi suona la campana". Quando toccava lui guidare erano dolori. Mi strapazzava come un trattore.
Capa era più delicato, ma distratto. Anche lui celebre, per aver scattato la foto del "Miliziano che cade". Gerda invece, oh Gerda, era tutt'altra cosa. Pur così minuta mi conduceva con una sicurezza da vero pilota. E' stata la donna più allegra e coraggiosa che ho incontrato. L'ho vista sfidare piogge di proiettili rispondendo al fuoco con gli scatti della sua Leica.
Siamo arrivati a Madrid il 19 marzo 1937.
Il giorno prima le Brigate avevano respinto l'attacco delle camicie nere mandate da Mussolini a sostegno della Falange del generale Franco.
Ne era nata addirittura una controffensiva.
I fascisti italiani, meglio equipaggiati ed armati, si erano ritirati in una fuga disordinata, lasciando centinaia di caduti e di prigionieri, incalzati dagli italiani della Garibaldi, dagli americani del battaglione Abramo LIncoln, dai ragazzi della Tahlmann.
Ero così fiera di essere tedesca, quel giorno. A Guadalajara.
Beh, poi é finita come é finita. Gerda é morta travolta da un carro armato durante l'offensiva di Brunete, il 25 luglio del 1937, a ventisei anni, Capa é saltato su una mina viet-minh, in Indocina, sulla strada per Thaibinh, il 25 maggio 1954, un attimo dopo aver scattato la sua ultima foto, Hemingway si é appoggiato la canna di uno dei suoi fucili da caccia alla fronte e ha premuto il grilletto, a Ketchum, in Idaho, il 21 luglio 1961.
E io, beh, io avevo appena trasportato un certo Willy Brandt, che poi si é fatto un nome anche lui. Me ne stavo tranquilla a riprendere fiato al riparo di una massicciata sul fronte di Segovia e un proiettile di mortaio mi ha centrata in pieno.
Non sono finita da uno sfasciacarrozze, sono caduta in combattimento, direi.
Per una giusta causa.
Io.
Un'AUDI 920.



E' rimasta nel cassetto in varia e numerosa compagnia.
Ma riandando a quel periodo l'avvenimento che mette in ombra tutti gli altri - o meglio gli avvenimenti - sono da far risalire al 6 luglio 2009.
Quel giorno, al mattino, sono stato in municipio a firmare per l'accettazione del titolo di assessore alla Cultura che mi era stato offerto in maniera assolutamente inattesa il 3, nel pomeriggio è arrivata la telefonata da Transeuropa che annunciava la loro intenzione di pubblicare "Finchè l'erba crescerà e i fiumi scorreranno" di Laura e, la sera, ho presentato "Compagno del vento" nella nuova edizione, finalmente "nostro", distribuito nelle librerie, acquistato nelle biblioteche, recensito, uguale a prima e, nello stesso tempo più bello.













Quella notte ho dormito come un ghiretto.





venerdì 7 settembre 2012

Forse si ricomincia

Qualche giorno fa è venuto a trovarmi Paolo Drago.
Abbiamo trascorso la giornata insieme, conversato di vini e vitigni ( l'esperto è lui), di Guerra Mondiale e di battaglie personali, di amiche e amici scomparsi e sopravvissuti, di genitori e di un mondo adulto che sta svanendo, di cinema.
Dei cinema di Torino.
Abbiamo anche programmato di andarci insieme, a Torino, e fermarci qualche giorno, a combinare chissà che poi. 
Abbiamo telefonato a Speedy che stava giocando a golf. Abbiamo mangiato, bevuto, passeggiato scambiandoci un mare di preziose informazioni sul trascorso.
Gran giornata, e allora mi è venuto in mente di dare un'occhiata all'agenda del 1970,  per via di questa cosa delle sale cinematografiche della nostra ex città.
Mi pareva che ci fosse qualcosa, e infatti.
Avevamo parlato di Roberto Certani, che abitava sopra il cinema Corso, e alla pagina del 1°settembre risulta che proprio là,  proprio con Paolo, Speedy, Claudio Baracco e Roby Penna siamo andati a vedere "Chisum".











giovedì 6 settembre 2012

Pausa forzata

Non l'ho mai fatto prima.
Nel senso che non mi sono mai rivolto direttamente alle persone che visitano il mio blog.
So di avere 12 lettori fissi e, ad oggi, 20394 visualizzazioni, e mi succede che in qualche modo mi sento debitore per queste attenzioni.
Ora per ragioni che l'amico che me lo ha messo in piedi sta cercando di risolvere, una parte del blog, quella legata al postare immagini fisse o in movimento, è bloccata.
Durante i vari tentativi abbiamo anche cancellato il post "Atti mancati 6".
Spero che Stefano troverà una soluzione, nell'attesa io mi porto avanti e preparo altre rivisitazioni.
Prima o poi tornerò.