mercoledì 31 luglio 2013

MELODRAMMA



Tre serate estive dedicate a Verdi.
Una felicissima soluzione di musica, canto e narrazione, architettata da Daniele Nuovo, che conduce lo spettatore lungo il percorso della genesi dell'opera, con un'analisi accurata e emozionante.














Daniele tra due delle sue vedettes








... e io mi sono speso nell'obbligata elargizione floreale con la consueta maldestria.










domenica 28 luglio 2013

MOSCOT glasses



Nel post di martedì 9 luglio 2013 ho parlato di occhiali.
Non avevo indagato più di tanto ma ora l'ho fatto.
Così ho scoperto che la famiglia Moscot è da quattro generazioni che tratta l'articolo, vale a dire da 90 anni, che li hanno indossati James Dean e Andy Wharol e ancora li indossano, tra gli altri, Lady Gaga, Johnny Depp, Jeff Goldblum, Woody Allen. 
Ma pensa un po'...







 ...due simpaticoni...









venerdì 26 luglio 2013

mutande




La prima volta che mi sono comprato un paio di mutande che non fossero quelle tradizionalmente appannaggio d'acquisto da parte delle mamme - slip a vita piuttosto alta, ambulatoriali, rigorosamente bianchi - è stato nel 1967.
Si chiamavano Mariner, avevano una vestibilità simile a quella di un costume da bagno succinto e un cinturino elastico blu.
Un successone nello spogliatoio della palestra, a scuola, tanto che il mio compagno Carlo Macinai mi ci aveva persino immortalato.









Nel 1982 Valeria, una fidanzata bolognese molto attenta alla questioni della biancheria intima, mi aveva convertito dallo slip al boxer.




 Valeria ( post giovedì 3 febbraio 2011)




Una conversione definitiva, direi, perchè da allora ho sempre indossato quel genere lì, a pantaloncino, rigorosamente in cotone e mai, dico mai, elasticizzato.
Com'è come non è, con il passare degli anni, insidiosamente, quel genere di mutanda si andato rarefacendo nei negozi deputati, per cedere il posto a braghette aderenti di cotone che non è quello che intendo io, cioè lo stesso delle camicie, per intenderci, ma roba aderente, elasticizzata, firmata vistosamente come un'auto di formula uno.
Così, con il passare degli anni, le trovo, certo, ma sempre in tinta unita oppure a righine o quadrettini, eleganti e sobrie, in tutte le tonalità dell'azzurro, in tutte le sfumature del blu e le combinazioni con il bianco, con occasionali cedimenti nei confronti del malva o del lilla.
Fortunatamente (fortunatamente ?) a suo tempo, con alcuni capi usurati, dopo un ultimo lavaggio, prima di buttarli, avevo ritagliato delle pezzuole, a futura memoria.
Sono ricomparse anche quelle, alimentando una rinnovata aspirazione ad indossare boxers allegri.






















L'altra sera, durante un aperitivo al Baretto, di questa storia delle mutande ne ho fatto anche argomento di conversazione. 
Non mi hanno dato molta retta, ma Stefania ci si è divertita.










Mi ha detto che d'ora in poi, durante i suoi tours musicali, si darà un'occhiata attorno nelle località dove è chiamata per lavoro, e se le capiterà di posare lo sguardo su boxers particolarmente suggestivi me li porterà.
A me questa storia piace. 
Mi piace che se ne possa analizzare l'evolvere per buona parte della mia vita, che si concluda - temporaneamente - con la cortesia divertita di un 'amica.
Trattandosi di mutande è veramente molto.

domenica 21 luglio 2013

Cerami





Ho letto nell'inserto domenicale del Sole24ore di oggi una pagina dedicata a Vincenzo Cerami.
C'era anche una colonna scritta da Gianni Amelio.
Così mi sono spiegato l'unica, sporadica, apparizione di Cerami sul set di "Colpire al cuore".
Di quell'esperienza di lavoro ho già sufficientemente reso conto nel post di giovedì 3 febbraio 2011 "...arriva la terza parte", in cui affronto la questione, anzi, varie questioni, in un lungo racconto che va sotto il titolo di "Un mestiere", corredato di materiale fotografico.
Così mi limito a due frammenti di un libro che Lindau ha dedicato anni fa al cinema di Amelio.
 







Eravamo a casa di non ricordo se Paolo o Vittorio Taviani, che era una location importante del film.
Anche Tonino non c'è più da un pezzo. Geniale e spietato direttore della fotografia.






mercoledì 17 luglio 2013

DI TUTTO UN PO'




Il post su Gigi Rizzi, buttato giù in modo cronachistico, mi ha fatto però riflettere e considerare l'idea di affrontare ancora una volta gli anni e le ragioni comportamentali dell'adolescenza.
Non ho ancora idea di cosa verrà fuori da questo post.
Sto trafficando, al solito, recuperando vecchie immagini tra le quali alcune già sicuramente postate, e tentando di dare, se non dignità, almeno un senso di legittimità alle aspirazioni di quello che allora era un ragazzo condizionato dalla timidezza e dal narcisismo, in un mondo che si preparava a cambiare in maniera esplosiva e rispetto al quale lui era ancora assolutamente impreparato.







Tendevo all'infatuazione, ma mi barcamenavo tra il desiderio di innamorarmi e quello di svolazzare qua e là. 
Un aspirante seduttore bersagliato dagli scrupoli, sedotto dall'idea dell'amore così com'era nei libri che leggeva. 
Una schizofrenia sentimentale condita da un'elaborata arte della fuga.
Lontana la rivoluzione e vicina  l'ambizione di piacere: agli amici, alle ragazze - soprattutto - e il tentativo scomposto ma a volte riuscito di darmi una patina di originalità, di essere unico, inconfondibile e, mi auguravo, indimenticabile.




 Noli - estate 1967








A ballare su terrazze sul mare.
Le estati degli anni sessanta per me sono riassumibili in quelle musiche e in quei balli, prima spiati con invidia ammirata e poi, finalmente danzati a ritmo di shake con convinzione tonymaneriana.
Qui con Lauretta Rognoni, rintracciabile nel post "A sciare 4" di giovedì 5 gennaio 2012, e in "A proposito di pretesti" di venerdì 17 febbraio 2012. 





DIGRESSIONE


Ho iniziato il post giorni fa, poi mi sono fermato, travolto da altre incombenze.
Nel frattempo non riuscivo a trovare un certificato medico e la ricerca mi ha spinto fino alle più recondite cartelline, regalandomi - oltre al famigerato certificato - anche due documenti che non ricordavo di aver conservato.
Sono tornato ai post del 18 e 19 ottobre 2012 "Atti mancati 8" e "Postille" e li ho riletti volentieri, trovandoli tra l'altro "corredati" in modo più che esauriente, e allora a maggior ragione rintracciare un piano di lavorazione per "Un febbraio di 30 giorni", frutto di un lavoro accurato da parte di qualcuno della Bianca Film, piano che all'epoca avevo trascurato al punto di cacciarlo a casaccio tra altri documenti in una cartellina con su scritto "Varie", porta d'ingresso per l'oblio definitivo, mi ha spinto a un soprassalto di nostalgia per quei personaggi che non hanno mai superato la soglia cartacea e che qui sono doviziosamente elencati, con riferimento ai luoghi in cui avremmo dovuto incontrarli.










...e altrettanto vale per l'altro ritrovamento, che riguarda il "Bizzarri".
Anche in questo caso rileggere il post "Films ritrovati" di sabato 22 ottobre 2011 mi è piaciuto molto, forse anche di più, perchè qui l'atto non era mancato.
Tra le "Varie" è dunque saltata fuori la ricevuta dell'assegno, all'epoca ancora in lire.
Sette milioni per me, nel '98, rappresentavano una cifra con la quale, senza frugalità e in assenza di spese straordinarie, campavo felicemente tre o quattro mesi.
Corrispondono all'incirca a 3500 euro. 
Oggi, che i premi in denaro tra l'altro mi dicono siano rara avis, quanto durerebbero ?
Ma non è questo che mi importa, tanto ormai le cose stanno così.
Mi importa che nelle mie "tane" qualche sorpresa continui ad annidarsi.









...E torniamo all'argomento iniziale.
Nel racconto postato il 28 novembre 2010 - "Sei giorni fuoristrada" - c'è molto di quell'epoca, sia nello scritto che nelle immagini.
Ho vissuto un'epoca in cui un pivello - un particolare tipo di pivello, ovvio -  era opportuno che fosse provvisto di uno smoking, perchè le occasioni di indossarlo erano più frequenti di quanto oggi si possa immaginare.
Non so se dovrei provare imbarazzo o compiacermene. 
In realtà ammetto che oscillo tra ambedue gli stati d'animo.














Come ho detto all'inizio: se non a legittimare vorrei almeno riuscire a comunicare che quel modo di essere non era necessariamente legato soltanto alla superficialità, al privilegio, all'inconsistenza.
Era un mondo dal quale era opportuno prima o poi uscire, fatuo certo, ma la vita è un tale inganno, comunque, che tanto vale poter vantare anche una stagione sulle nuvole.







Distratto, malinconico, innamorato, insoddisfatto ed entusiasta, pieno di contraddizioni, di sogni mal organizzati, di inclinazioni tanto virulente quanto transitorie, incapace di desiderare per eccesso di produzione ed accumulo di desiderio, sempre pronto ad andarmene perchè il prossimo "appuntamento" con il destino sarebbe stato il più interessante. 
Sempre infatuato senza saper andare oltre.








E che ne è di Virginia che, in quell'età così esposta, ha camminato un poco fianco a fianco con me, meravigliandomi e imbarazzandomi per quanto sapesse esplorare i miei pensieri ?














...o Chita, che dei miei pensieri non si dava pensiero ?
Che ci sarà in quel seminterrato sotto casa sua e dove le tracce del tempo che ci abbiamo trascorso ?
Vive ancora in Inghilterra ? Sarà serena ?










E Sara, che sapeva farsi amare e detestare con pari intensità, avrà ancora ogni tanto quel piccolo broncio che proteggeva il suo non dire ?










Era il tempo in cui ci si crede non solo invulnerabili, ma fighi, ci si atteggia come se si fosse sempre su un palcoscenico, a favore di spettatori immaginari, in previsione di consensi inevitabili.
Queste fotografie con Sara ritraggono un momento di "clandestinità" che Giulia mi farà pagare con pacata e inesorabile determinazione.










Giulia mi capita ancora di incontrarla, ogni tanto, per cene canoniche e riunioni di gente che ha vissuto.
Non parliamo molto durante quegli incontri, per via dell'eccitazione generale e del bailamme che ne consegue, ma non è necessario.
E' stata un amore adolescenziale i cui amori successivi - certo non tutti -  ho avuto modo di conoscere.
E' stata la prima e una delle pochissime, a suo tempo, ad insinuare in me lo sgradevole e ridicolo tarlo della gelosia, prima di saper diventare la mia amica Giulia.
Abbiamo avuto l'opportunità di osservare le nostre reciproche vite da vicino per molti anni. 



Giulia e Pit - 1971







Normandia - 1975










con Antì, a Parigi, quando Antì viveva là - 1977 ?










Al 2° matrimonio del suo 1° marito - 28 aprile 1986





Giulia ha una figlia, che ora sarà sui vent'anni più o meno, che ha chiamato Vittoria in ricordo di sua madre.
E' stato proprio al funerale di sua madre che ho rivisto la signora Frassinetti, la mamma di Simona.
Abbiamo conversato un poco, io ho chiesto notizie di Simona che allora viveva ancora negli Stati Uniti, siamo inevitabilmente scivolati sui tempi andati, i primi anni settanta a Sauze, e a un certo punto lei ha detto "E intanto la vita è passata".
Era una considerazione ovvia, potremmo dire banale, ma in quel momento, espressa da una donna ancora molto bella e un po' triste, testimone privilegiata ma non indenne dello scorrere del tempo, di un particolare scorrere del tempo che sbandierava in lontananza, sempre più opachi, momenti particolarmente felici, mi si è tatuata nella memoria e ancora adesso mi par di vederla mentre me lo dice, guardando verso qualcosa di indefinito, con sapiente nostalgia. Sapeva osservare i piccoli segnali delle vite intorno a se.
Di Simona, sua figlia, sono stato amico fraterno per un periodo troppo breve.
Poi lei ha scelto altre strade.
Ci siamo rivisti dopo molto anni per un appuntamento estemporaneo a Venezia. Lei era là da "turista americana", io per il Festival, non ricordo se fosse l'88 o l'89.
Abbiamo passeggiato a lungo per viali deserti del Lido, raccontandoci le nostre vite.
Io ripensavo a quella frase di sua madre, che nel frattempo, dopo l'incontro, ci aveva lasciati con discrezione a ritrovare i frammenti sparsi di quell'amicizia remota tra noi.
Simona era vivace come sempre, con un buffo accento yankee che accompagnava il suo eloquio a volte tentennante per un idioma parzialmente dimenticato.
Non ricordo se fosse il Kentucky o l'Oklahoma dove aveva avuto per anni un allevamento di maiali.
Che cos'è la vita...
Lei ne parlava con passione di quell'esistenza nel middle west, e io mi incantavo ad ascoltare la ragazza della buona borghesia torinese, figlia unica, che da un destino probabile se ne era dato uno incredibile, incredibilmente normale per lei.
Un ritrovarsi del genere avrebbe dovuto aprire un'opportunita al non perdersi più di vista, e invece non è stato così.
Non so dove sia Simona, spero che ovunque sia abbia sempre con se quell'entusiasmo un po' matto che me la rende cara tutt'ora.





 Torino - 1971









Nel post di giovedì 5 gennaio 2012 c'è una foto di me e lei insieme, al "Charlie Brown" di Sauze d'Oulx. Era il 1972.
In quel post racconto della mia infatuazione per una giovane donna sposata, Maria, amica di Simona e di sua madre, e c'è una fotografia che mi ritrae sulle piste che parla di una testimonianza di gioia.
L'ho riletta, ed è proprio così.
Mi si è avvoltolato dentro un garbuglio sfarfallante. E di nuovo mi meraviglia che il caso abbia regalato un fotografo a documentare quel particolare momento.
Simona e sua madre sono state indulgenti testimoni di quell'amore platonico. Hanno accarezzato benevolmente i nostri affanni innamorati. Erano là nei momenti del nostro ondeggiare.
Questi erano i sentimenti.
Altra cosa gli atteggiamenti.
Guasconi, alterati, provocatori, rischiosi.
Però per molti è andata. Ora non resta che invecchiare. Sai che spasso.

































...continuerà.

martedì 9 luglio 2013

OCCHIALI A PULSART




Arriveranno senz'altro molte fotografie della rassegna PULSART - RESTART che posterò più avanti.
Per ora ci sono queste due che riguardano curiosamente uno sponsor che non mi aspettavo.
Moscot sono occhialai ebrei askenaziti, newyorkesi da quattro generazioni.
I loro occhiali mi piacciono molto. 
Loro sono rappresentati da un giovanotto intraprendente che, oltre all'allestimento vintage di una specie di mostra antologica, ne ha messa in piedi anche una di chitarre Epiphone, non ho capito bene perchè. 
Cosa centrasse con Pulsart non mi è chiaro, però ci stava bene.








Con Emilia Laugelli, ex assessore al sociale, indossando
 un paio di occhiali che mi piacevano così tanto che me li sono comprati.
Che utilizzo potrò farne, beh, per quello si vedrà...