mercoledì 29 marzo 2017

TURIN D'ANTAN 14




Questo post andrebbe considerato come una specie di corollario al racconto "Ciocorì" del 12 dicembre 2010 cui farò riferimento via via.         








La scuola elementare "Vittorio Alfieri" qui sotto è com'è oggi ma la struttura, rinfrescata, è rimasta la stessa di sessant'anni fa.
Sull'angolo di via Cavalli con via Palmieri - allora privo di transenne - avevamo assistito assiepati all'eclissi di sole ( vedi Ciocorì). 
A sinistra l'edificio più basso, staccato dal blocco principale, era la palestra.









Così era al tempo delle mie elementari. Anche l'ingresso è rimasto lo stesso...






...qui sotto, in un'immagine non felicissima, il fronte di via Palmieri...





E veniamo a noi. Siamo nel 1956.









La classe e le loro firme.
Il magico affabulatore e maturo disegnatore Ettore Tobia (vedi Ciocorì)...





 ...che qui sotto credo sia lui, oggi...






...l'amico dei giochi extrascolastici Francesco Ghiazza ( vedi Ciocorì)...






 ...che so che oggi è così...






...di Edimond non ho trovato traccia ma dal momento che è in qualche modo responsabile del titolo "Ciocorì" lo rivediamo in quei giorni lontani...








Una parte significativa del racconto è dedicata ai ragazzi della "Benefica".
L'edificio che li ospitava è quello con i finestroni ad arco sulla destra...







...che è stato abbattuto molti anni fa e sostituito da un condominio che nella prossima immagine si intravede a sinistra, con l'insolito monumento nella vasca al centro della piazza...





... qui sotto, in una prospettiva dall'alto che nasconde la piazza, il fronte posteriore del palazzo, in basso a sinistra.




Le ultime due immagini per una logistica contemporanea di una piazza che si chiama Luigi Martini ma che per tutti è sempre stata Piazza Benefica, e che in realtà non è nemmeno una piazza ma un quadrato formato da quattro vie con un giardino in mezzo.
Quello che m'importa sono quei bambini che ho descritto in "Ciocorì" e la piazza com'era...





A destra uno spigolo del collegio della Benefica e di fronte, dall'altro lato della strada poco più avanti, il cinema Principe, che non credo esista più...




 Non ricordo i loro nomi proprii, all'epoca c'era l'abitudine di chiamarsi per cognome e così...


...Mantovani...



 ...Marzanati...



 ...Moser...



 ...Previati...



 ...Soffietto...


Ed ora, con un'ultima occhiata alla piazza quale era ( che compare anche verso la fine del racconto "Ai giardini" nel post del 15 gennaio 2011) mi auguro che questi bambini, costretti a diventare adulti troppo in fretta, siano stati risarciti d'una infanzia severa con una buona vita. 
Mai dimenticati cari soldatini.



 

domenica 26 marzo 2017

TURIN D'ANTAN 13





Non mi è mai piaciuto il Carnevale, mi ha sempre fatto tristezza ma c'è stato un periodo - durato qualche anno, credo - che ho partecipato.
Dal momento che, al contrario, mi è sempre piaciuto il travestimento è sicuramente stato tramite questo mio vezzo che mia madre riusciva a trascinarmi il Piazza Vittorio, che negli anni '50/'60 era il luogo deputato per il carnevale torinese.
Mi aveva fatto confezionare da una sarta e da un calzolaio uno spettacolare costume da moschettiere dopo aver rilevato il mio apprezzamento del libro di Dumas. Ero provvisto anche di fioretto in plastica e formidabile cappello di feltro ornato di una piuma di struzzo gialla.
Bardato in tal guisa davanti allo specchio potevo giocare per ore ma mia madre aveva deciso di esibirmi, così è iniziata la fortunatamente breve stagione dell'andare in Piazza Vittorio a carnevale.
Quel costume c'è ancora in qualche baule in mansarda, a Rueglio, e proprio nei prossimi giorni che andrò su per svuotare la casa finirà nella spazzatura. Bisogna che lo fotografi, perchè purtroppo non ho immagini di quel periodo, l'unica che ho trovato e leggermente posteriore e in tutt'altro costume.




Dicevo di Piazza Vittorio. 
Nelle immagini di quegli anni si sente ancora un sapore di dopoguerra cui l'allegria perennemente forzata del carnevale non conferiva spensieratezza. Certo io allora non ero in grado di percepirlo, però per istinto infantile mi faceva tristezza, non vedevo l'ora di andarmene.
Perchè se è vero che mi piacevano i travestimenti ero anche spaventosamente timido, e sentirmi addosso lo sguardo curioso della gente che si ritrovava di fronte un perfetta miniatura di D'artagnan era un tormento.
La stagione inoltre non aiutava.



   








Nessuno dei baracconi o delle giostre mi pareva invitante, la loro miserevole provvisorietà mi rendeva malinconico. Eppure li ho provati tutti: sono tornato a casa con un sacchetto di plastica trasparente pieno d'acqua in cui nuoticchiava un disperato pesciolino rosso che, immancabilmente, moriva dopo pochi giorni malgrado fosse stato travasato in uno spazio più agevole e alimentato in modo appropriato, mi sono misurato sull'autoscontro con dei coetanei o poco più grandi assalitori forsennati, che cercavano l'urto che potesse farti male, guidati da un istinto ancestrale che mi ripugnava e da ultimo - perchè non vale la pena di render conto di angosce da ottovolante o sferraglianti montagne russe - ho un ricordo molto preciso di una volta che ero salito  su una giostra con Mariella Buratti...










...io non ho mai avuto faciltà nell'affacciarmi sul vuoto, eppure fino a quel momento non ero incorso in particolari incidenti a riguardo.
La giostra era una specie di polipo alle estremità dei cui tentacoli ballonzolano esigue navicelle a due posti, sul genere di quella che si vede qui sotto in basso in una Piazza Vittorio notturna...






...la giostra  si sollevava lentamente ad un'altezza imprevista e iniziava a ruotare sempre più velocemente, ma anche le navicelle ruotavano su se stesse e in sovrapprezzo erano munite di una specie di mitragliatore che grazie a qualche misterioso congegno elettrico permettevano di "colpire" le altre navicelle in duelli aerei. Chi perdeva veniva fatto atterrare. 
Fine del giro. Per i fortunati.
Mariella per quanto fosse una bambina mia coetanea brandeggiava la mitragliatrice con perizia da mercenario, io per parte mia nell'oscurità del pomeriggio inoltrato, consapevole della distanza dal suolo, stordito da tutto quel roteare, ero stato colto da un attacco di paura, scivolavo sempre più verso il fondo dell'abitacolo senza riuscire a tenere gli occhi chiusi ma senza il coraggio di tenerli aperti, terrorizzato all'idea che Mariella abbattesse tutti gli avversari e che ci sarebbe toccato un ulteriore giro gratis.
Fortunatamente non accadde, e da quella volta Piazza Vittorio è uscita dal mio panorama fino al 1983, anno del mio guardingo ritorno a Torino.
In quelle giornate, descritte in parte nel post del 15 gennaio 2011 "Whittling - Guardia medica" avevo iniziato una specie di flanerie che contemplava nei miei percorsi via Po, visto che ci abitavo, protetto dai portici che proseguivano in Piazza Vittorio con la quale mi ero facilmente riconciliato
Una Piazza Vittorio che a volte poteva anche essere splendidamente così...



venerdì 24 marzo 2017

TURIN D'ANTAN 12



Per anni, gli ultimi trascorsi a Torino, per andare a Rueglio seguivo sempre lo stesso itinerario che prevedeva il passaggio in piazza Castello in direzione dei Giardini Reali...






...ai quali si accedeva oltrepassando questa passeggiata sospesa che congiunge le due parti dei giardini e che allora non mi pare fossero accessibili al pubblico...







Dirò per inciso che quei giardini sono stati teatro delle mie prime escursioni esterne (abitavamo da quelle parti, ma comprensibilmente non ne ho memoria)...











...dei miei primi stupori e curiosità...
















...e dei miei primi lusinghieri consensi...











Sempre in direzione di Rueglio dai Giardini Reali si sbucava in Corso Regina Margherita, qui sotto in un'immagine molto datata, si procedeva per un breve tratto fino fino alla biforcazione - che ai miei tempi era già diventata una rotonda o rondò, come dicono a Torino -  e si scendeva in Corso Regio Parco costeggiando il palazzo con torretta...



















...per poi immettersi in Corso Palermo infilandolo sotto il passaggio sospeso che da tempo non c'è più ma che ricordo benissimo...







 ...e procedendo fino all'incrocio con Corso Giulio Cesare... 










...che si seguiva fino in fondo prima che costruissero la superstrada Torino - Caselle che ha uno svincolo in direzione delle valli di Lanzo e il Canavese (quella che in realtà ho percorso nei miei ultimi diciassette anni torinesi, ma questo itinerario è quello della mia infanzia, in auto con i miei, sul sedile dietro) e a un certo punto si svoltava a destra fino a piazza Rebaudengo...








...poi ancora un tratto di Corso Vercelli e finalmente un cavalcavia al di là del quale iniziava la campagna, una campagna mesta, appiccicata alla città, lungo una statale che attraversava anonimi paesi di pianura - ricordo solo Leynì e Feletto -  ma poi la vegetazione si infittiva, compariva in lontananza la catena della Bella Dormiente, ad Agliè si era quasi a casa...















Il 28 ottobre 2007 ho partecipato ad un mercatino e il mio banco era sotto il primo portico a sinistra.






il laghetto vicino al Meleto.
E poi, uscendo dal paese, davo un salutino a lui...






Dopo questa divagazione extraterritoriale adesso però torniamo indietro...






...e ci soffermeremo sul palazzo di destra, all'ultimo piano comprensivo di torretta...








...che ha un fratello più grande di fronte...






...ma è l'altro che ci interessa. A quell'ultimo piano, nel 1971...




 

Rosa è poi diventata la moglie di Gilberto Sandretto e Speedy mi dice che si occupa di aprire hotels di lusso in giro per il mondo.
Non ho foto del suo compleanno di allora ma oggi è, credo, così.
 







Ad essere sinceri ricordo davvero poco di lei ma mi è rimasta l'impressione vaga che malgrado la sua appartenenza all'upper class torinese - niente di più rigido e formale -  fosse un tipo un po' fuori dagli schemi, un'originale.







Come ho già detto quando ero piccolo ero certo che il Castello del Valentino fosse questo...







...che qui si intravede sullo sfondo...

 




..e che in realtà risale - come l'intero borgo medioevale - all'Esposizione Generale italiana del 1884, sezione Arte Antica, restaurato poi in occasione di Italia '61.






Eccolo qui il complesso in riva al Po, visto dall'alto, anacronistico rispetto all'imponenza di Torino Esposizioni alla sue spalle ma rassicurante nello starsene rannicchiato in riva al fiume, il castello con i suoi bastioni a proteggere il borgo. E' un posticino dove mi sono sempre trovato bene...




  
Poi,nel febbraio del 1968, arriva un cartoncino...



  

E' stato spedito da Sauze...







Il mittente è Puny, della quale a quasi cinquant'anni distanza ho nel frattempo ho dimenticato il cognome, ma che un'occhiuta indagine della busta credo me lo abbia restituito.
Le eleganti iniziali intrecciate nel timbro di ceralacca sono una P e una C. 
Puny Camerana, ne sono quasi certo.
Così, rispettando le indicazioni in calce, sono andato a festeggiare la mia pressochè coetanea.



 



  

Di Puny non ho proprio fotografie, ne di lei ne di quella serata, ed è strano. Puny veniva in montagna a Sauze in un'epoca in cui nei locali venivamo fotografati continuamente, è vero che si è sposata molto giovane - con Benny Barbaso mi pare - e di conseguenza avrà forse rarefatto la sua "mondanità".




      







Questo invito è coevo al precedente.
Neppure di Valeria ho immagini. Mi pare che i suoi fossero amici dei genitori di Fulvio Tasso...













Un  po' sfumata, un po' sfocata, al passo con il tempo trascorso.
Purtroppo la luce sta scendendo e l'acqua è sempre più alta...