giovedì 3 aprile 2014

I MORTI NON SANNO NULLA 16





                                         SEDICI


Claire Lehrmann aveva voluto cucinare per tutti.
Si erano raccolti attorno al tavolo della sala da pranzo, che non vedeva commensali da almeno un ventennio.
C'era Solange, vagamente a disagio, Jean Claude col suo sorriso enigmatico in compagnia della giovanissima moglie, ragazzotta insignificante con lunghissimi capelli biondi e un atteggiamento adorante nei confronti del marito, e naturalmente Dino Fabbri, ospite un poco forzato.
Claire pareva trasformata, sempre più animata mano a mano che i risultati della sua attività culinaria assumevano contorni precisi.
Al suo ritorno da Les Charbonnières Dino Fabbri aveva trovato un'atmosfera inaspettatamente vivace. Le porte d'ingresso degli appartamenti erano spalancate e Solange e la moglie di Jean Claude andavano dall'uno all'altro, sollecitate dalle direttive di Claire che si affaccendava attorno ai fornelli della sua vecchia cucina.
Dino salì le scale e si affacciò cautamente all'alloggio. L'aria era impregnata d'aromi nuovi. Il profumo stantìo di canfora e caucciù era stato sbaragliato da effluvi inattesi, mediterranei, di timo, aglio, basilico, cipolla, origano e altri ancora, irriconoscibili nella loro mescolanza, confortanti e appetitosi.
Claire aveva le guance arrossate sotto l'abbronzatura. Rimestava, assaggiava, si lamentava bonariamente della scarsezza di provviste delle dispense e dei frigoriferi dei figli.
- Non sanno mangiare - disse - Anche lei é così ?
Dino Fabbri annuì, accettando il bicchiere di vino che intanto lei gli offriva.
- Siamo quello che mangiamo. L'ha detto qualcuno no ?
- Mi pare, sì...
- Quello che metti dentro diventa te. Dovrebbe bastare a convincere chiunque, e invece guardi qua: surgelati, verdure di supermercato, roba piena di conservanti...
Scosse la testa e saggiò il contenuto di una pentola. Sul suo viso non c'era più traccia del disagio del pomeriggio.
Cenarono nell'atmosfera un po’ opaca della sala da pranzo e Dino Fabbri ebbe modo di immaginare altri pasti, di venti e più anni prima, in presenza di Felìx, cui sicuramente era riservato il posto che ora era toccato a lui.
Si accontentò di una parte silenziosa, lasciando che quella strana madre conversasse con i suoi altrettanto strani figli nella lingua che non capiva.
Il cibo era delizioso. Il pesce surgelato era stato elaborato con una tale materna maestria da rievocare in Dino Fabbri il sapore di certi pranzi d'infanzia, al mare con i genitori. Un dessert di cui non seppe riconoscere gli ingredienti gli lasciò la voglia infantile di ottenerne un'altra porzione.
Al caffé percepì un lieve incrinarsi nella linearità della conversazione. Si rese conto che l'argomento era il funerale del giorno dopo e che, per quel che riusciva a capire, Claire doveva aver manifestato l'intenzione di non presenziare.
Solange pareva risentita; Jean Claude manteneva un distacco imperscrutabile.
- Lei andrà al funerale domani ? - Claire guardava Dino in attesa di una risposta -  era anche lei suo paziente ?
- No, no...é mia moglie che...insomma io non c'entro. Sono qui perché sono venuto a trovare mia moglie e lei é psicoanalista. Io però, se devo dire la verità, non é che sia molto convinto dell'efficacia...insomma, credo ci siano altri modi...
Dino Fabbri si stava ingarbugliando e intanto si chiedeva perché si fosse sentito in dovere di sottolineare la sua estraneità al mondo di Theroux, di Carlotta, per certi versi dell'intera Vallée de Joux.
Claire si accese una sigaretta e annuì.
- Bene - disse, e lui non capì se si riferisse alle sue parole.

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