giovedì 31 marzo 2011

MAGGIO




...e siamo a "Maggio".
Era il titolo del filmetto di cui racconto nel post del primo febbraio - nella seconda parte di UN MESTIERE - e di striscio, anche in quello di sabato 15 gennaio 2011, GUARDIA MEDICA.







lunedì 28 marzo 2011

CONCERTINO





Un altro blocchetto di tagli di super 8, questa volta di CONCERTINO, del 1979.
Appartengono, come quasi tutto l'altro materiale dell'epoca che sto postando, ad alcune bobine di tagli e scarti sopravvissute all'eliminazione dei montati originali. 
Adesso un poco mi dispiace aver sacrificato quei filmetti nella loro versione prima ma ricordo che, durante la lavorazione di "Colpire al cuore" dove facevo il fotografo di scena per Gianni Amelio, lui mi aveva raccontato che quando gli avevano offerto la sua prima regia da professionista si era risolutamente applicato allo spezzettamento in minutissimi frammenti e conseguente eliminazione - forbici alla mano - di tutti i suoi filmati amatoriali. 
Il fatto mi aveva molto impressionato, mi era parso un rituale di passaggio sacrificale ma bene augurante, doloroso ma inevitabile. E così, anni dopo, l'ho imitato. Due sciocchi, lo ammetto, però è andata così.
Quindi se qualcuno non riconosce quello che ricordava non pensi che gli fa difetto la memoria.
In ogni caso di "Concertino" si accenna nel post del  primo febbraio 2011, che riporta la seconda parte del racconto "Un mestiere".
Credo sia tutto. 

sabato 26 marzo 2011

Postilla per Lella

Scampoli anche per lei. Roba del '74. A corredo del post del 16 febbraio.





...Non mi ero mai accorto di quanto fischio quando canto la parola sips, in compenso ho finalmente apprezzato il banjo e la fisarmonica...

A un vecchio amico e a chi era con lui, allora.








Nel post del 21 novembre 2010 parlo un poco di lui, Fabrizio Ferreri, e poi l'ho ritrovato vagliando il materiale in super 8 degli anni '70. Compare qua e là, e credo che sia bene offrirgli questa occasione di farsi rivedere. Spero che ci dia un'occhiata mentre lo riguardiamo...

venerdì 25 marzo 2011

CARTOLINE

Fanno parte di quello sterminato quantitativo di cose inutili che sono patrimonio di ogni casa.
C'è chi le colleziona, chi le insegue nei mercatini raccogliendole per argomenti. Spesso finiscono nella spazzatura. A volte, conservate, acquisiscono con il tempo il fascino dell'epoca in cui sono state scelte e spedite.
Forse una parte di quest'ultimo aspetto riguarda il mazzetto di quelle che ho salvato dai ciclici e spietati repulisti cui mi accingo con una certa frequenza, con inspiegabile senso di liberazione.
A suo tempo tutte hanno sortito su di me lo stesso effetto: mi hanno mesmerizzato, come accade per certe fotografie, costringendo ad un'indagine minuziosa ed incantata.
Sono le cartoline che tengo come segnalibri, e dal momento che ho la bulimica abitudine di leggerne diversi contemporaneamente occorre che siano in numero adeguato. Ce ne sono di relativamente recenti, nel senso che le ho scelte io, magari in un museo di Londra o di Parigi, oppure ricevute da amiche scomparse o amici perduti molti anni fa. E poi ci sono quelle cui intenderei fare riferimento in questa cosa che sto scrivendo e non ho la più pallida idea di dove mi porterà.
Sono le cartoline di un tempo più remoto, meno consapevole.
Provo a spiegarmi.


Questa ad esempio.
Apparentemente non si differenzia dalle molte altre arrivate in casa mia dall'America Latina negli anni '50.
I miei nonni materni vivevano là, mio padre, in seguito, ci andava per il suo lavoro.
La cosa curiosa è che avevano tutte la stessa struttura: quasi sempre in bianco e nero, con la cornicina bianca, e le indicazioni di località e stampatore a volte in grafia manuale, anche sul fronte, come in questo caso. Sia che arrivassero dall'Argentina, dal Brasile o dal Cile.
Molte quindi, e relativamente indifferenziate.
Ma com'è allora che, ad esempio, su questa mi sono fermato, me ne sono lasciato sedurre ?
Ricordo che cliccandoci sopra si ingrandisce, lo faccio perchè adesso ci andiamo dentro.
La cartolina, come vedremo, è stata spedita a mio nonno probabilmente in una busta - non è affrancata -  nel settembre del 1955. Si usava così, credo, quando la comunicazione si preferiva restasse personale.


E qui c'è il primo arcano irrisolto. Chi sarà questo Gianni che nella firma elegante però impedisce la decifrazione del cognome ?
Da ciò che scrive, tra l'altro in un italiano corretto e, per certi versi, anche ricercato ( vedi ad esempio  l'uso del termine disorientato ) sembrerebbe trattarsi di una specie di emissario d'affari di mio nonno.
Ma i miei nonni allora vivevano a Buenos Aires, cosa c'entra Sao Paulo ?
Torniamo alla fotografia.
Sembrerebbe essere stata scattata da una posizione rilevata e terrazzata. Dove ?
San Paolo in quegli anni si apprestava a diventare una metropoli molto importante, gli edifici sullo sfondo lo dichiarano inequivocabilmente, ma qui dove siamo c'è assenza di spirito convulso urbano, c'è pace. Viali alberati, lampioni eleganti, una rotonda con palmetta al centro, una geometria sinuosa ma confortante.
Dov'è questo posto ?  A distanza di più di cinquant'anni cosa si conserva di allora ?
Sicuramente la strada a doppia corsia che sembra comparire da un sottopasso, se è ancora lì sarà zeppa di traffico. Qui di auto ne conto tre, un paio quasi sotto il cartello pubblicitario della GoodYear. E' tutto come sospeso, in uno stato di solo apparente abbandono.
Dietro la facciata dell'edificio sulla destra, nello stesso istante in cui il fotografo della Fotopostal Colombo scattava, decine di persone di cui non saprò mai nulla vivevano. Per ovvie ragioni anagrafiche la maggior parte di loro saranno probabilmente morte, ma ci saranno stati anche dei bambini, delle mie coetanee e miei coetanei oggi sessantenni, con i quali non ho mai giocato.
Conto i piani, scruto finestre e balconi, so di loro, so che sono lì. Sono libero di immaginare gioie e drammi, quotidianità ed eventi, abiti, stoviglie, poltrone e soprammobili in una sequenza senza fine e senza che mai tutto ciò abbia la benchè minima possibilità di una verificabilità.
Non so perchè lo faccio. Il rammarico così simile ad una specie di ansia di non sapere di loro - e di conseguenza di tutti e di sempre - sembra attenuarsi nel pacificare lo sguardo su quel palazzo e sulle esistenze irrintracciabili che racchiude.
Il gioco dei rimandi è infinito. Chi era il fotografo ? Quali erano i suoi sogni, le sue aspirazioni ? Era buono o cattivo ? Quelle nuvole del cielo promettevano pioggia ?
Giro la cartolina e torno a rileggere le parole di Gianni.
Mio nonno, dopo il suo ritorno in Italia, è vissuto fino al 1970. Ciò significa che quando ha ricevuto questo messaggio gli restavano 15 anni. Lo avrà immaginato ? Se lo sarà chiesto in quei giorni argentini "Quanto tempo ho ancora ? Magari solo quindici anni ?".
Per un uomo di circa sessant'anni è una domanda comprensibile, io ad esempio me la pongo con frequenza per certi versi eccessiva. Ma il verdetto ? Quello lo conoscono solo i sopravvissuti, ma non conoscono nient'altro. Intendo dire che io so in che anno è morto mio nonno ma non ho la più pallida idea di che cosa facesse in Argentina. 
Potrei chiederlo a mia madre ma mi mentirebbe, perchè sono certo che neppure lei sa per certo, però non lo ammetterebbe mai, e allora inventa.
Ci sono frammenti di vita delle persone di cui si ha documentata conoscenza e poi questi buchi, che stranamente non si è spinti a colmare. In fondo era mio nonno, perchè solo adesso mi chiedo quale potesse essere la sua vita a Buenos Aires ?
Mia madre, che non ne sa molto più di me, in un articolo di qualche anno fa che faceva parte di una sua serie sull'emigrazione,  ne aveva tracciato un ritratto di cui mi sono accontentato, e adesso che vorrei sapere chi era Gianni e di  che genere erano le sue "cognizioni" che aumentavano, resto lì, e posso solo girare la cartolina ed osservare il viale, il palazzo, e supporre vite sconosciute dietro le finestre, nei confronti delle quali provo un'inspiegabile empatia.










Così  si apre un gioco di scatole cinesi che è poi quello che contraddistingue il mio percorso di scrapbooking, ma quello che più mi piacerebbe sapere è quanti bambini o bambine che abitavano in quel palazzo - quello della cartolina, intendo - oggi stanno facendo altrettanto per altre cartoline, spedite da altri Gianni ad altri nonni. Perchè è possibile. Che lo stiano facendo, voglio dire. E allora si finisce davvero con l'essere sempre solo tra gli altri. E provare, confusamente, a dirlo.
Dall'Argentina ricevevo formidabili biglietti d'auguri, di un genere ancora inedito in Italia.










Si cercano strumenti per fronteggiare l'indicibile, per pensare l'impensabile, come queste figurette che riconducono pacatamente al verificabile . 
Un'ultima pagina di scrapbooking mostra una busta che rassicura per i suoi indirizzi e mittenti, anche se arriva da Caracas e non più da Buenos Aires, e dice anche che cosa ci faceva là mio nonno. 
Il timbro postale indica che siamo nel 1958, tre anni dopo Sao Paulo, e io ricomincio: e Gianni, intanto, che fine avrà fatto ?...



lunedì 21 marzo 2011

SUPER 8 a Parma e dintorni








Nel post di domenica 30 gennaio 2011, nella prima parte del lungo racconto UN MESTIERE, si accenna a sei filmetti in super 8. I frammenti dei primi tre sono già stati postati il 19 marzo.
Qui abbiamo quelli degli ultimi tre: 
I RELITTI del '75 (anno, per me, inquietantemente prolifico di intraprese "cinematografiche"), segue il lavoro senza titolo del '76 e infine INCOMPIUTO, del '77.
E' ovvio che sono assolutamente consapevole di quanto questo materiale sia rudimentale, del resto questo aspetto è ampiamente rendicontato nel racconto, però mi piace questa possibilità di accompagnarlo con supporti che ne dichiarino non solo l'autenticità, ma l'epoca, un modo di muoversi, di vestirsi, di avere intorno a sè realtà scomparse o modificate, come queste ragazze e questi ragazzi ormai anziani, ma fissati per sempre, pur nelle sfocature e nell'assenza di definizione della pellicola mille volte rimaneggiata, nella loro essenza di esseri che avevano di fronte poco passato e molto futuro, con tutte le conseguenze che la circostanza può comportare. 
Posso in certi casi essermi dimenticato i loro nomi, ma restano parte inalienabile di me. Le cose che ricordo di loro sono come i brandelli di questi filmetti, possono non significare nulla per la maggior parte delle persone, ma non potrei dimenticarli neppure se volessi.
Da allora, in quei frammenti di vita condivisa e lontana, loro non hanno più smesso di essere me.

sabato 19 marzo 2011

MIX Super 8 '70/'75 - N°1


Qui c'è un montato di pochi minuti che raccoglie spezzoni dei primi tre filmetti in super 8 di cui è rimasto qualcosa.








Il primo riguarda FLOWERS & KNIVES del 1970, il secondo REALTA' SOGNO E PASSIONE DI UN AMICO OSPITE DELLA CASA DI CURA DI P. del '75, e il terzo ON THE BORDER, sempre del '75.
Come accennato in precedenza, vista l'inutilizzabilità della banda sonora magnetica originale, il montato e su canzoni strimpellate e canticchiate accompagnato da alcuni amici.
Nel post in cui inizia il racconto UN MESTIERE (30 gennaio 2011) si parla un po' più diffusamente di qualcuno di questi filmetti.

venerdì 18 marzo 2011

cavalli


Eccoci ad un primo montato di repertorio che riguarda il racconto CAVALLI, postato domenica 23 gennaio 2011. Si compone di frammenti di Caroselli Cinsoda sia della stagione 1969 che 1970 e, in finale, di materiale in super 8 girato nel 1973.









Come credo che farò per gli altri frammenti di repertorio che inserirò, dal momento che l'audio originale è irrimediabilmente compromesso, ho deciso di utilizzare canzoni dell'epoca registrate qualche anno fa con i Beagles.

sabato 5 marzo 2011



Non leggo quotidiani dal 1978.
Non ho voglia di spiegare perchè. Non lo faccio e basta. Così come non guardo la televisione.
Però il sabato compro la Stampa, per via di Tuttolibri, e la domenica il Sole24ore per via dell'inserto culturale.
E' un rituale confortante, soprattutto da quando vivo in questa piccola città.
Vado a far colazione al bar e, in attesa del passaggio di amici e amiche che immancabilmente compaiono per amabili "tertulie", leggo gli inserti. Va da se che poi l'occhio cade anche sul resto, e oggi - giuro - mi sono commosso.
Due volte, per due articoli diversi. Pazzesco.
In prima pagina Gramellini offre il suo Buongiorno con un pezzo intitolato Cuore. La sceneggiatura per un film americano per la regia di un redivivo Frank Capra, che parla di saggezza, coraggio e carattere. E poi scopri che non è un film e che quello che racconta è accaduto tra Torino, Lecco e Forlì.
Non ho singhiozzato, ma lacrime si. Andatevelo a leggere.
Mi ero appena ripreso e Geremicca, a pagina 7, mi racconta la storia di Khaled. Andatevi a leggere anche quella.
Per ragioni diverse e parlando di circostanze diverse questi eccellenti indagatori del mondo che ci circonda mi hanno restituito un frammento vigoroso di fiducia nei miei simili. Difficilmente dimenticherò l'equipe di trapianti delle Molinette che tiene in vita un uomo in attesa di un cuore, i piloti e il personale medico e paramedico che ha rischiato la vita su un aereo in una bufera di neve per accorrere non con quel cuore ma con un altro. Che film. Eh, no. Che Italiani. Così come non dimenticherò Khaled, i suoi compagni di viaggio, Tarek.
Grazie Federico, grazie Massimo.
Ne avevo bisogno.
Perchè in questa piccola città dove vivo ora, che peraltro è un luogo molto gradevole, pieno di persone con le quali sto bene, nei giorni scorsi un gruppo di subumani "venetisti" ha bruciato un pupazzo simboleggiante Garibaldi.
Ora io non ho propensioni indiscriminatamente patriottarde, se avessero bruciato Vittorio Emanuele II o Cavour avrei pure fatto uno sforzo per capire, ma Garibaldi...
Posso liquidarli con l'opinione che ho di loro, e cioè che non valgono l'equivalente del loro peso in letame, ma vorrei azzardare un'interpretazione "psicanalitica".
E' noto che Garibaldi aveva stuoli di donne pronte ad offrirglisi per ammirazione e stuoli di uomini pronti a seguirlo anche nel rischio estremo. E' chiaro che a gente che non ha mai scopato gratis -  anche e soprattutto se hanno mogli e compagne - e che difficilmente riuscirebbero a farsi seguire anche dal proprio cane, il desiderio di bruciare il simbolo di un'irraggiungibilità definitiva per loro, sia irresistibile.
Piloti, medici, migranti da un lato. La vita.
Mentecatti con il solo coraggio di giocare con i fiammiferi. I morti.