sabato 25 gennaio 2014

BILL




Ho un cugino che si chiama Bill Pollock e del quale non sapevo nulla fino a poco tempo fa, e cioè fino a quando non ha iniziato a lasciare dei commenti sul mio blog.
Non ero riuscito a collocarlo, a capire in che modo fossimo imparentati, poi nel suo ultimo messaggio mi si è fatta un po' di chiarezza. 
Lui citava una probabile caratteristica genetica degli Auda, e Auda era il cognome della mia nonna paterna. C'era anche il riferimento per il suo blog e così sono andato a dare un'occhiata.
E' stata una sorpresa trovare delle foto che non avevo mai visto di mio padre e mia madre con lui, e poi molte altre immagini della sua famiglia, ma soprattutto ho potuto realizzare che Bill è nipote della sorella minore di mia nonna paterna (nel post del 26 dicembre 2010, nel racconto "Perla", parlo abbastanza articolatamente di quel ramo  familiare, e anche, mi pare, della scelta sentimentale coraggiosa e autonoma della nonna di Bill rispetto all'accettazione ubbidiente di mia nonna del destino che la famiglia aveva deciso per lei ).
E' buffo che nel suo blog compaia una fotografia con una didascalia che dichiara che si tratta di sua nonna quando, in realtà, è una foto della mia. Comunque resta in famiglia.
A un certo punto Bill cita anche un apparentamento con i Favèro, altra famiglia di Vistrorio che, oltre agli Auda di Cimavilla e ai Formento, ha fornito significativi contingenti migratori verso gli Stati Uniti.
E allora mi sono tornati in mente certi cartoncini augurali che arrivavano negli anni '50 con su ritratti dei ragazzini, presumibilmente fratelli e sorella, e che io osservavo con grande curiosità, ma ottenendo in risposta alle domande che rivolgevo ai miei genitori solo un generico "Sono cugini americani".
Mi sono messo in caccia e, purtroppo, di quei cartoncini non ne ho trovato che uno, però forse sufficiente per Bill per capire di chi si tratta. 







Tra i post di Bill ne ho letto uno che racconta di un ritrovamento durante, se non ho capito male, il ristrutturamento di una casa di famiglia di un pocket knife.
Bellissimo. Quante fantasie può scatenare, e chi era mai quel Joseph...




giovedì 23 gennaio 2014

REPARTO REPERTI 6




A Torino, quasi di fronte al "Casanova", c'era un negozio con grandi vetrine collocato sull'angolo tra via Volta e via S. Quintino. 
Non so cosa tratti oggi ma negli anni settanta era un negozio di dischi. Non mi azzardo a ricordarne il nome, anche perchè sono certo che ci sarà presto chi verrà in soccorso a coprire questo mio vuoto di memoria, ma voglio parlarne perchè rappresenta un "perduto" per sempre, un modo di vivere - in questo caso la musica - che sotto uno sguardo di oggi appare rudimentale, e che è soltanto di ieri.
Dunque, un negozio di dischi vendeva dischi. A 33 e 45 giri. 
I 33, gli LP, chiamati anche familiarmente padelloni, raccoglievano più canzoni per facciata, i 45 solo una per facciata.
Alla fine dei '60 inizi dei '70 si era conclusa l'epoca dei mangiadischi...










...e si era inaugurata quella dei mangianastri.












Uno strumento portatile assolutamente innovativo, versatile,  che permetteva di portarsi appresso in modo agevole un quantitativo di musica decuplicato rispetto  al mangiadischi.
Il mangianastri si caricava con audiocassette delle dimensioni più o meno di un pacchetto di sigarette, audiocassette che in alcuni casi si compravano preregistrate e sostituivano gli LP a un prezzo inferiore, o vergini, e ciascuno ci registrava la musica che preferiva.
Il negozio di dischi vendeva anche entrambe. 
Naturalmente la registrazione avveniva grazie all'apporto dell'impianto stereo casalingo, che in genere prevedeva la presenza, oltre che dell'amplificatore e delle casse, di un piatto per i dischi e di una piastra per le cassette.











Insomma un traffico non da poco che per noi, adolescenti di allora, in assenza di alternative, non pareva tale.
In ogni caso si partiva dal disco.
Ecco allora che finalmente entra in gioco il negozio di via S. Quintino.
La titolare era una donna alta, dall'atteggiamento severo, sorrideva poco e metteva in soggezione. 
Al centro del negozio  c'era un grande contenitore all'interno del quale si potevano "sfogliare" i dischi. Se si trovava qualcosa di interessante lo si poteva ascoltare in cuffia su un paio di piatti a disposizione dei clienti.
Come suppongo sia ancora oggi per gli adolescenti ogni stagione aveva le sue musiche, che costituivano la colonna sonora di momenti sempre speciali, vacanze, amori, feste, viaggi. La differenza tra ieri e oggi sta nel poter, oggi, fruire di tutta la musica possibile con grande facilità e nessun dispendio. Ai miei tempi non era così.
I 45 giri che avevi ascoltato nei juke box, nelle discoteche per mano dei primi disc jokey, o alla radio a "Bandiera gialla" o "Hit parade" erano tanti e comprarli tutti sarebbe stato piuttosto impegnativo.
Così succedeva che potevi andare nel negozio di via S.Quintino, scegliere tutti i dischi che volevi e commissionare alla signora bionda e impassibile una cassetta. 
Lei prendeva l'elenco e il giorno dopo ti faceva trovare la cassetta registrata con tutti i brani scelti.
Se ne occupava con cura e metodo, con un atto oggi considerato altamente illegale ma felicissimo per l'ascolto, le tasche e la memoria di un sacco di giovani.
Sono trascorsi quarant'anni dal tempo di quelle cassette. Proprio per la loro natura transitoria e di uso costante quasi tutte finivano per logorarsi, perdersi, abbandonate, regalate, dimenticate.
E' quindi con entusiasmo forse degno di miglior causa che, recuperate dal mio personale fondo Memory Poppins, metto qui di seguito una piccola selezione di immagini di quelle stesse cassette, miracolosamente tuttora funzionanti, con i titoli scritti con la stilografica in una bella calligrafia dalla titolare, cui va la mia tardiva riconoscenza e, perchè no, anche un poco di affetto.









Questa è stata la prima in assoluto, personalizzata poi dal sottoscritto, come segue, che ci permette di datarla e attribuire ad un periodo e a una figura il riferimento di canzoni che riguardano un insieme di momenti, fatti, emozioni e persone assiepati in una breve stagione.












La Caroline in questione è Caroline Kobel, di cui ho scritto nella parte finale di "Sei giorni fuoristrada", postato il 28 novembre 2010, e nel finale della seconda parte di "Un mestiere", postata il primo febbraio 2011, nonchè in "Caroline", postato il 14 luglio 2011.









Quante volte nei post è già comparso l'Igloo ? 
E recentemente anche il Casanova. 
Su questa cassetta ci sono le mie preferite tra le canzoni che ascoltavo in quei due locali, nell'inverno del 1970.












Oppure quelle dell'estate, sempre del '70...












...con un riferimento ad un bar di Benidorm...













Annie Carrère (post 7 febbraio 2012)  al "Miami"



Le cassette ritrovate sono datate fino al 1974, dopo - tenendo conto che vivevo sempre più stabilmente a Parma e mi si aprivono nuove prospettive esistenziali che comportavano nuove abitudini -  avrò trovato sicuramente altre soluzioni per registrarmele. 
Io, per parte mia, ogni tanto a Rueglio metto le pile nel mangiadischi e mi ascolto i vecchi 45 giri, oppure collego a rete il mangianastri e vado di cassette. 
Qualcuna miagola qua e là ma non mi da fastidio. Sono ascolti che lasciano temporaneamente fuori il mondo e mi concedono di starmene nel mio, che è fatto soprattutto di ieri e che ha una ricca colonna sonora.





...Giulia...




Giulia e Pit



 










La Wild Bloody Glad Family








Pit e Sara






giovedì 16 gennaio 2014

FORGOTTEN FEELINGS 8




Eravamo a  Gressoney, non ricordo a casa di chi, per un week end di inizio primavera del 1974.
Eravamo in tanti e fra i tanti, oltre a Lella e me, c'erano Ciccio Cravetto e Alessandra Mattirolo.
Scansionando vecchi negativi ho trovato due immagini di quei giorni.
Una di Ciccio, che non c'è più, rapito da un brutto incidente.
Lui è intento a mangiare e ha un'attitudine posturale che me lo ricorda tanto, chissà perchè...





 


...e una di Alessandra.







La foto è brutta, devo ammetterlo, ma nell' osservarla mi è tornata in mente la canzone che cantava spesso, con la sua voce sottile e intonata, accompagnandosi con un arpeggio delicato.
Era "L'Africa" di Ivano Fossati. 
La versione di Alessandra era dolcissima e lei suonava e cantava con una compostezza da cherubino.

 





Niente di più, tanto per ricominciare a scribacchiare qualcosa. 
Niente di meglio che tre affetti indimenticati e una vecchia canzone.
E un'occasione per postare immagini attuali, trovate in rete, sia di Alessandra che di Lella.





Alessandra










 Lella