domenica 30 ottobre 2011

MAPPE CATASTALI 4

 
 
 
RIVOLTA D’UNGHERIA

Quei cappotti
di chi s’affollava
sotto il sorriso da nonno
di Imre Nagy.
Io credo di saperne l’odore,
come se li avessi annusati,
quei panni,
un po’ umidi,
speranzosi e mesti
in quei bianchi e neri
del ’56.
Chissà perché mi chiedo
se qualcuno di loro,
che non sorride
ma neppure sembra temere,
avesse mai assaggiato
un panettone.
Chi è ancora vivo ?
Quanto manca per poter
rispondere
nessuno ?
Dove sono finiti
tutti quei cappotti,
di cui credo
di sapere l’odore ?






sabato 29 ottobre 2011

Dancing Paradise

Ho qualche lineetta di febbre. 
Quando sono malaticcio ho cedimenti nei confronti della TV. 
Nel senso che la guardo - cosa che non faccio quasi mai - senza però riuscire ad interrompere uno zapping compulsivo che mi trascina in un'inquietante sarabanda di programmi sui quali non riesco a fermarmi.
Ieri sera sono capitato su una rete che mandava in onda una replica di Dancing Paradise, credo fosse la prima puntata.
Non lo vedevo da allora e cioè dal 1981, anno della lavorazione.
Avevo sempre desiderato rivederlo senza che fosse mai stato possibile, e ieri sera sono stato accontentato.
Dopo l'iniziale afflato di tenerezza per un lavoro di cui ho un bel ricordo ho cominciato a rendermi conto però di quanto fosse lento, approssimato, in certi momenti anche brutto, macchiettistico malgrado le trovatine avatiane. 
Ho resistito per un po' e poi mi sono arreso. Se non altro ho spento la TV e aperto un libro.
Stamattina mi sento meglio, niente febbre. E la vita, per ora, procede.


...tra Carlo Delle Piane e Caterina Sylos Labini...



...in una comparsata con Francesco Guerrieri, direttore di
 produzione, e Carlo...



 ...e qui allegro e fiero con, al collo, il cronometro 
da segretario di edizione...



Ricordo che al giovedì 7 aprile 2011 c'è il post con dei frammenti di un vecchio "dietro le quinte" in super 8 di Dancing Paradise, e che nel post di giovedì 3 febbraio c'è la parte del racconto "Un mestiere" che descrive quest'esperienza.

mercoledì 26 ottobre 2011

MAPPE CATASTALI 3 (Il 16 e il 3)






Via Di Nanni dal settimo piano,
un frammento ingusciato di vita
tra le quinte di tende di nylon
della fine degli anni ’60.
Ci son stato appostato in silenzio,
nelle pause del perdere tempo,
imparando
da quel piccolo moto di mondo
l’armonia del lasciarlo scappare.
Dalla stessa finestra
di sempre
traguardavo in picchiata i passanti
- chi di loro è passato per sempre, chi resta ? –
             La mia altezza era quella di un volo,
però fermo,
impotente.
Contavo le auto,
gli inquilini alle case di fronte,
una donna che batte un tappeto,
un ritorno col pane e la spesa.
Quel che m’ero scordato era il tram.
Quasi in mezzo alla via
c’era un’isola,
un rialzo con una palina,
ci passavano il sedici e il tre,
e fermavano all’isola.
Quel che m’ero scordato è il rumore.
Può un rumore di ruote di ferro
che in un alveo di ferro rotondano
suscitare una specie d’affanno
che confina con la tenerezza ?
Per me, devo dire di sì.
Quello stridere della frenata,
lo stantuffo delle porte automatiche,
lontanato dall’ovatta dei vetri,
cigolìo dell’arranco in partenza.
E chi c’era là dentro ?
Dove andava ?
Ci son volte che, credo,
saperlo
mi farebbe migliore.


















lunedì 24 ottobre 2011

CONTINUANO I RITROVAMENTI

Cerchi una cosa e ne trovi un'altra - delle altre, per l'esattezza - e questo è un fatto che, negli ultimi tempi, si sta ripetendo con una certa costanza, soprattutto per quanto riguarda il materiale per il blog. 
Ovviamente non è che mi fossi dimenticato di certi lavori, di averli realizzati intendo, ma esulavano dall'idea di essere utilizzati in qualche modo per questa interminabile retrospettiva. Che tra l'altro risulta interminabile ora, ma alla partenza non era così, anzi, mi ero semplicemente riproposto di utilizzare i racconti di "Whittling" consapevole del fatto che difficilmente avrei trovato un editore interessato, con il sospetto che non avrei poi avuto altro da postare, e invece...
Nella scatola di masters DVCAM n° 2, accanto al trailer dell' "Altra metà del cielo", c'era un nastro con "Il volo del falco" con tanto di making e un intervista a Telemontecarlo.
Si tratta di un documentario di venti minuti girato nel 1987, il proseguimento e il coronamento de "La fine del sentiero di guerra", il mio primo documentario, stesso protagonista ritrovato quattro anni dopo, montagne, cavalli, la comparsa di una figura femminile.
Era un'occasione ghiotta di forzare la mano nella direzione che desideravo per me, quest'idea di metawestern contemporaneo, appartato e crepuscolare, e forse ho voluto metterci dentro troppo, ma soprattutto l'ho fatto per una produzione - Ipotesi Cinema - proiettata verso tutt'altro, ansiosa di testimoniare la contemporaneità, di misurarsi con un'idea di Cinema che faceva riferimento a Rossellini e non certo a John Ford.
Quando l'ho presentato in copia lavoro, in moviola a Bassano, li ho avuti tutti contro. Poi, siccome era impossibile affermare che fosse brutto, a malincuore lo hanno inserito tra i film da mettere in onda su Raiuno, che allora non era la merda di oggi, anzi.
Però la mortificazione di quei primi momenti si è indissolubilmente legata al mio ricordo del film. Ho come rimosso il tempo della lavorazione e il fatto che, nel  1988,   fosse stato selezionato per il Festival della Montagna di Trento.








Mi era rimasto un ricordo vago del consenso e allora sono andato a scartabellare nell'archivio cartaceo e ho trovato...




...non solo che era stato segnalato dalla giuria del Festival





...ma che quattro mesi dopo ricevevo un'offerta che avrebbe dovuto polverizzare il mio sentimento di disagio nei confronti di quel film







...senza contare l'inserimento nella rassegna organizzata da Casa Cini, a Ferrara, annunciata anche con un folder pieghevole e dentellato di cui una parte diventava cartolina postale, e che mi ritraeva in una foto di scena. Quante ne ho spedite di quelle cartoline...





  

...ma non è bastato. 
Malgrado tutto questo "Il volo del falco" è rimasto - per me - accampato in un limbo di questioni non risolte, e quindi dimenticabili.
Adesso ho montato dei frammenti del lavoro alternati a sequenza del making. 
A un certo punto c'è pure, parecchio spappolata, una pillola dell'intervista a TMC, che deve risalire al 1989 (nel 1988 avevo girato, con Mauro, Silla e altri cavalieri "Sulle orme di fantasmi cosacchi", il terzo film).
Alle domande rispondo sussurrando con un fil di voce, artefatta dalla timidezza, con affermazioni non corrispondenti al reale. 
Solo una pillola, perchè quelle che dico dopo sono vere e proprie bugie e mi imbarazza risentirmi, così non ho montato il resto, perchè quando Castenuovo mi chiede se io vivo come loro io rispondo che l'ho fatto, ma che ho dovuto smettere e che ho nostalgia di quella libertà, mentre in realtà ero l'unico a sapere che la mia stagione con cavalli e montagne era stata una "stagione all'inferno".
Nel racconto "Cavalli", nel post del 23 gennaio, la storia c'è tutta.
Insomma non c'è niente da fare, possiamo fare di noi qualcosa solo a partire da quello che gli altri hanno fatto di noi.
In ogni caso questo - che non si può definire davvero un ritrovamento, perchè ce l'ho sempre avuto sotto gli occhi, sapevo che c'era, evitavo soltanto accuratamente di riesaminarlo - adesso è qui.
  
 


E, alla fine, tutto quanto alloggiava nella memoria come un'improba faticaccia emotiva si è rivelato un ricordo normale, tranquillo, senza soprassalti nè in un senso nè nell'altro, una cosa successa e basta.
Il blog, come sospettavo, sta rivelando un suo aspetto terapeutico.
Meglio tardi che mai.











sabato 22 ottobre 2011

FILMS RITROVATI !

Beh, è gradevolmente sconcertante. Non faccio in tempo a parlare della probabile definitiva irreperibilità di un film (vedi  il post di venerdì 21 ottobre) che questo non solo salta fuori - anche se in cattive condizioni - ma in compagnia di un altro di cui mi ero completamente dimenticato.
Come ho detto, la prima volta che ho usato Mr. tamburine man cantata da Melanìe, è stato montandoci del girato de "L'altra metà del cielo". 
L'ho cercato accanitamente e poi, dopo la rassegnata convinzione di averlo perduto, è saltato fuori (in realtà ce lo avevo davanti al naso, sotto un altro titolo). 
E' questo.





Sullo stesso nastro c'era un trailer de "L'altra metà del cielo", montato con materiale che poi non è finito nel film e che la casa di produzione utilizzava come promozionale prima ancora che il film fosse definitivamente ultimato. 
Ed è questo.






A questo punto però dovrò fare una cosa che non era nei miei programmi, vale a dire parlare di questo lavoro, della sua genesi curiosa e dei suoi sviluppi altrettanto imprevisti.
Intanto va detto che le riprese sono iniziate in Svezia, e che poi quasi nulla di quello che abbiamo girato lassù è stato montato. 
Il motivo è da far risalire al fatto che il reperimento del denaro per la produzione di questo benedetto documentario è stato organizzato con una specie di colletta. 
Io e il direttore di produzione di NOVA T andavamo ad incontrare le responsabili di vari ordini religiosi femminili ed io esponevo il progetto: un affresco che narrasse la figura della donna consacrata con un taglio non devozionale, da laico quale sono ( con alcune ho anche ammesso la mia posizione di agnostico, e devo ammettere che non mi ha mai danneggiato). 
Abbiamo battuto conventi dalla Sicilia alla Val D'Aosta. C'erano sorelle che dicevano "Non abbiamo soldi, ma possiamo ospitarvi nel nostro convento in Madagascar, o in Svezia" 
Le brigidine svedesi mi incuriosivano. Per questo siamo partiti da lì. 
Perchè comunque, alla fine del giro da elemosinieri, il gruzzoletto per coprire le spese vive c'era. Il resto lo avremmo ottenuto con le vendite alle reti televisive, o almeno ci contavamo. 
Così il girato svedese, alla fine, è servito più che altro per questo trailer dimenticato.




 Laura, microfonista sul mare ghiacciato a Stoccolma.




Del film avevo montato una prima versione. Un disastro. Lunghissima, lenta, accurata ma algida.
Non sapevo da che parte rigirarmi. 
Ho fermato tutto per un po', poi ho ricominciato, capovolgendo il progetto narrativo iniziale. 
Sono state settimane dure. 
Laura veniva ogni tanto in regia, suggeriva tagli che nè io, ne tantomeno il montatore,  eravamo più in gradi di individuare.
Però, alla fine, "L'altra metà del cielo" ha trovato la sua via. 
Girato per una metà in vari stati africani, dal Madagascar all'Egitto, dal Ruanda alla Somalia, e per l'altra tra Boston, il Nevada, il Texas e la valle della morte, in California.





...Pit al "sacrario" Antonioni nella Death Valley...




A film editato la prima mossa della produzione è stata quella di portarlo  ad un mercato internazionale, il Sunnyside of the Doc, a Marsiglia. Laura era della partita.

  





Al ritorno lei era febbricitante - si era beccata il morbillo - e, durante il soggiorno si era sentita dire da un "consulente" della NOVA T - un ebreo americano che produceva filmati  di incidenti spettacolari e per sale d'attesa di dentisti ( ce ne vuole per prendersi un consulente del genere, ma per loro era una specie di guru) - che "L'altra metà del cielo" era un film senza destino. 
Paolo e Davide pare che ne fossero quasi compiaciuti. Finalmente una strigliata per l' "autore" Pit e le sue menate.
Non ricordo come mi sia risollevato. 
Sta di fatto che, comunque, è stato accettato per il premio Bizzarri, che allora era il più prestigioso premio italiano nell'ambito del documentario. Durissimo fin dalla selezione.













Era l'estate del '98. 
Io e Laura eravamo reduci dal Merano TV Film Festival dove "Mungu ni mama" era entrato in finale come miglior reportage senza però raggiungere il podio, per cui quando è  arrivata la telefonata di convocazione a San Benedetto del Tronto ho risposto no. 
Dopo Merano ci eravamo fermati nella casa di Schio, ma anche da lì era un viaggio lunghetto, e poi dovevamo tornare a Torino.
Non ricordo come si chiamasse la ragazza dell'organizzazione che insisteva tanto al telefono. 
Ad un certo punto, esasperata, si era lasciata sfuggire che avevo ricevuto un riconoscimento, e non potevo mancare. Io avevo risposto che me lo spedissero. 
Lei aveva ribattuto "Non si tratta di un riconoscimento qualsiasi". Era simpatica, un po' in affanno ma spiritosa. 
"Probabilmente non mi muoverei neppure per il primo premio, sono esausto." avevo cercato di concludere.
" Probabilmente ?"
"..."
"Ha detto che se fosse il primo premio potrebbe essere che verrebbe ?"
"Beh, io..."
"Senta Pit Formento, non mi faccia perdere il posto. Io glielo dico però lei mi deve giurare...si insomma...E' il primo premio che ha vinto, non può non essere presente !"
E così siamo partiti.
Appena arrivati ci è corsa incontro, arrossendo e implorando "mi raccomando !". Era carina e con senso dell'umorismo e noi molto rilassati.
Grazie a questa condizione di vantaggio abbiamo trascorso i giorni più semplici tra quelli delle nostre esperienze festivaliere. 
Consapevoli di esserci accaparrati la massima onorificenza, tra giurati che non dubitavano della nostra inconsapevolezza e concorrenti in preda all'agitazione, abbiamo trascorso lunghe giornate in spiaggia, banchettato in modo eccellente, assistito ad una splendida retrospettiva di Frederick Wiseman, e la sera fatidica io ho ritirato la pergamena e l'assegno e  poi ci siamo dimenticati di andare alla festa di chiusura.
Non saprò mai perchè mi abbiano dato quel premio.
E' un buon film, è vero, ma si sa, quale che sia il festival, un primo premio è necessariamente pilotato. Ci sono interessi alti in gioco, sempre. Certo allora non mi ero fatto domande. Non avevo percepito flussi di particolare simpatia nei miei confronti da parte dei giurati. 
Al presidente  - Italo Moscati - mi pareva d'essere anche un  filo antipatico, e così mi sono convinto d'essermi avvantaggiato per qualche loro bega interna. Vincitore per caso. E va bene così.








La pergamena, incorniciata, è ancora appesa tra altri cimeli su una parete della nostra cucina.








Qualche tempo dopo gli organizzatori mi hanno cortesemente inviato la rassegna stampa.
























C'erano pagine e pagine, in realtà quasi tutte riportavano l'annuncio o il comunicato stampa. Critici e giornalisti in sala non è che se ne vedessero. Comunque meglio che niente.










La cosa buffa è che in tutti questi anni ho sempre dichiarato che il film è stato messo in onda in molti paesi tranne che in Italia, e facevo anche un po' lo scandalizzato, e oggi, soltanto oggi, leggendo il trafiletto qui sotto, per la prima volta, dopo averlo frettolosamente archiviato a suo tempo,  scopro che in realtà è andato in onda su Raitre il 26 settembre 1998. 

Mi ci sono occorsi 13 anni per scoprirlo. 
Chiaro che poi non trovo i film...












Insomma, a questo punto è opportuno stringere.
Il lavoro è stato poi preso in distribuzione internazionale dalla GA&A.










Ha avuto fortuna. 
Io mi sono preso una delle più dolci rivincite con i responsabili di NOVA T, che inseguivano la GA&A senza risultati da sempre.
Tempo dopo proprio dalla GA&A mi è arrivata la copia di una lettera di cui vado fierissimo.









Uno spettatore tedesco, senza neppure entrare nel merito del lavoro - non dice bello o brutto, non apprezza l'opera in se - dichiara di voler devolvere un aiuto alle suore che ha visto nel film. 
Confonde persino America del Nord con quella del Sud ma quello che ha visto - che ha sentito - è quello che in un film non c'è quasi mai, la componente empatica, contagiosa, che lo ha spinto a scrivere questa lettera. 
Finora è il premio migliore che ho ricevuto, l'unico che mi commuove.
Bene.
Siamo quasi alla fine.
Un paio d'anni dopo ho ricevuto una pubblicazione del Bizzarri dove è inserito l'albo d'oro dei premiati, anno per anno.












L' ho letto con cura e così ho avuto modo di scoprire che già nel '95 avevo ricevuto una segnalazione - per "Cercando Francesco" e, guarda caso, era stato a partire dalle Clarisse di clausura riprese in quel lavoro che avevo cominciato ad accarezzare l'idea di un film sul mondo delle religiose - di cui anche alla casa di produzione era sfuggita la segnalazione.














Posso concludere dicendo che, qualche mese dopo, invitato a Lisbona per un incontro di Documentary in Europe proprio in ragione del fatto di essere il vincitore del Bizzarri, ci ho incontrato Cosetta Picchetti, che è stata la produttrice di quell'
"As long as the grass shall grow and the rivers flow", di cui ho accennato nel post di venerdì 21 ottobre e che ha scatenato tutta questa lunga rievocazione.












Fronte e retro del folder che la distribuzione
ha portato in giro ai vari mercati.



Ma questa è un'altra storia...

venerdì 21 ottobre 2011

prairie town

 


Questa è stata la terza volta che ho utilizzato "Mr. Tambourine Man" di Bob Dylan cantata da Melanìe.
La prima volta era stato per una cosina breve come questa, usufruendo del girato de "L'altra metà del cielo" per la parte americana, nel 1997,e intitolandolo "Sulle strade d 'America". 
L'avevo presentato a Casa Cini, a Ferrara, ai memorabili tempi di Franco Patruno, e aveva suscitato una certa emozione, di cui non mi sono dimenticato. 
Così nel '99, in "As long as the grass shall grow and the rivers flow", ho montato una sequenza del film su quella canzone e poi, per gioco direi, anche questo frammento di "Prairie town".
Non sono ancora riuscito a rintracciare il master su nastro di "Sulle strade d'America" ed è improbabile che succederà, (sto scoprendo delle lacune d'archivio piuttosto amareggianti) ma nel caso lo posterò senz'altro.

giovedì 20 ottobre 2011

FRED BUSCAGLIONE

 



Quest'incontro con David Grieco per Tele+ lo abbiamo girato in un bar di via Pietro Micca, non lontano da Piazza Castello, a Torino, durante il Festival del Cinema. 
Si era nel novembre 2001.
La storia della lavorazione di Fred, o meglio della sua genesi, è riassunta nell'ultimo degli articoli riportati qui sotto.






...per un po' ha suonato la gracassa, non ho idea di quante siano state le proiezioni di FRED organizzate dalla Stefilm (la casa di produzione) ma sicuramente più di quante io sia a conoscenza...












...anche i giornali sono saltati sul carro, e credo succeda ogni volta che qualcuno realizza qualcosa per una ricorrenza, Fred, poi, se lo erano scordati da un sacco di tempo quindi c'è stato un vero arrembaggio, ma non credo siano stati molti quelli che ne hanno scritto che il film l'abbiano visto davvero. Favetto, di Repubblica,  l'ha visto...







...la sera della prima è scoppiato un incendio in un piccolo magazzino dove erano depositate pizze e nastri di films. La sala dove proiettavano FRED e quella attigua, dove era in programmazione un documentario sulla Pivano, sono state evacuate, senza panico, ma già nel fumo, e per un torinese il fantasma dello Statuto aleggia immediatamente, quindi...


...un fatto curioso: l'11 settembre, due mesi prima, ci eravamo ritrovati casualmente Laura, io e Steve Della Casa nell'ufficio di Maurizio Ternavasio a "La Stampa", proprio mentre arrivavano le prime notizie delle Torri. 
Stavamo a guardare un po' basiti le immagini che erano si impressionanti, ma non come quelle che sarebbero arrivate dopo. Quando ci siamo lasciati non mi pare di ricordare che fossimo particolarmente preoccupati.
La sera della proiezione, usciti all'aperto Laura, Maurizio ed io ci siamo trovati di fronte Steve. E abbiamo deciso, cautelativamente, di evitare di trovarci "per caso" tutti e quattro insieme...







FRED è stato un film fortunato, sia nella lavorazione che nei risultati del lavoro finito. 
E' un buon film - non sono io a dirlo - e credo che lo sia perchè ha rappresentato la soluzione, inattesa in questo caso, di una delle mie fissazioni narrative. Se armeggi con il pensiero intorno ad un progetto per molto tempo, inconsciamente lo prepari al meglio, e visto che lo ami difficilmente ti sfuggirà di mano. Solo la fretta, o la convinzione di averlo così in pugno che nulla te lo farà sfuggire, ti porteranno a realizzare una cazzata. 
In effetti può succedere...


martedì 18 ottobre 2011

MAPPAMONDO 8

Ultime due.







Nuova Zelanda,
una specie d’Italia
specchiata a rovescio,
agli antipodi,
anch’essa stivale alla brava,
guascone.
Lì, però,
un colpo d’archibugio
alla staffa del moschettiere
l’ha spezzato sopra il calcagno.
Gli All Blacks
strepitano come Maori guerrieri,
esorbitano gli occhi,
s’acquattano truci
piegando sui ginocchi,
così spaventano e fanno anche un po’ ridere.
E poi mi pare
che Russell Crowe venga da laggiù.











Norvegia,
randello a manico stretto
tarlato di fiordi.
Sulla clava
boschi e laghi
e pallori e silenzi.
Gente bionda,
tranquilla.
Le ragazze son belle
altrettanto
e così non si spiega perché
le svedesi
sembran sole, lassù,
a emanar sortilegi
sugli uomini
ansanti
del sud.