giovedì 25 giugno 2015

PLATTI uno




Tempo fa Speedy mi ha spedito via e-mail un articolo della "Stampa" che annunciava la chiusura di "Platti".
Il poco materiale fotografico di quegli anni mi incoraggerebbe a tentare una rivisitazione, anche se so già in partenza che sarà ardua e lacunosa. 
Ardua perchè sarebbe opportuno essere obiettivi, e lacunosa perchè di moltissimi dei giovani che avevano quel caffè storico di Torino come punto di riferimento quarant'anni fa non so quasi nulla.
Intanto i frequentatori, che se visti nell'insieme parevano appartenere ad un unico variegato gruppo, in realtà erano esponenti di compagini differenti, con osmosi occasionali ma sostanzialmente separate.
Io ci sono approdato nel 1967, un sabato mattino dopo la scuola, in sella dietro a Carlo Boggio Marzet sulla sua Gilera 125 da strada.
Prima di quel momento avevo frequentato saltuariamente un altro gruppo che faceva riferimento alla Rotonda.
Si trattava di una vera e propria rotonda nel cuore della parte più esclusiva del quartiere della Crocetta, un terreno sterrato circondato da una siepe, qualche panchina, una fontanella di quelle che si chiamavano toretti, uno spazio più adatto a giochi di cani che di bambini.
I frequentatori della Rotonda erano soprattutto appassionati di motociclette mentre a me piacevano il mio Mini Bike e le sue caratteristiche circensi, inedite per allora.
In quel periodo avevo avuto un incontro ravvicinato con la gente di Platti. 
Un gruppetto di loro si era imbucato a una festa pomeridiana a casa di Carlo Rasini. Lo avevano fatto con una tale arroganza che ne era scaturita una disputa verbale e loro avevano lasciato il campo.
Tempo dopo, in quel giorno del '67, ero appodato da Platti e sarebbe ridicolo negare che per un ragazzino sciocco, com'ero legittimamente io allora, non si fosse trattato di un traguardo ambito.
Di quei primi anni si può sapere molto grazie al post "Sei giorni fuori strada" del 28 novembre 2010.
In realtà l'epoca di Platti, almeno per me, è durata, con le sue intermittenze date dai miei prolungati soggiorni lontano da Torino, un decennio. Dunque non sarei certo in grado di farne una cronistoria.
Proverò ad andare per frammenti, facendomi suggerire dal materiale fotografico.
Inizierei da qualche anno dopo, nel febbraio del 1974, a Sestriere.








Una specie di seduta spiritica a casa delle sorelle Buffa.
Monica, la più grande, con il pull over bordeaux, Guia Cerutti e Carlo Boggio, fidanzato di Teresa, la sorella più giovane.












Carlo


Fabrizio Ferreri a destra




Monica, Gloria Carabelli e Massimo Ferrero




Gloria, Massimo, Valeria Grattarola Carlo Ferrari
di spalle Carlo e Fabrizio




Proprio in quel periodo era in corso una tresca amorosa tra Massimo e Valeria, della quale credo fossero tutti al corrente tranne che i relativi partners, vale a dire Monica e il sottoscritto.
Ad aprirmi gli occhi era stato Carlo, con un'essenzialità forse un po' brutale, ma nella quale ci avevo visto dell'affetto.
Valeria rendeva pan per focaccia ma quello che non mi sono mai spiegata è l'antipatia tetragona che Ferrero sembrava nutrire nei miei confronti. Chissà cosa ne è stato di lui...




 





 






Le persone ritratte qui sono una piccola rappresentanza della compagine che potrei definire la più altezzosa tra i frequentatori di Platti, anche se tra loro c'erano figure cui sono stato legato da qualcosa che somigliava molto all'amicizia, come ad esempio con Carlo e Fabrizio, dei quali ho già scritto a più riprese in questo blog.










Più o meno un paio d'anni fa ho ricevuto una telefonata veramente inattesa da parte di Franco Nucci, che mi invitava a partecipare ad una festa per la riesumazione di una "plattitudine" che credevo definitivamente dispersa.
A quella festa non sono poi andato - ero bloccato a letto dall'influenza - ma ci sono andati Paolo (Drago) e Speedy, quindi so come si è sviluppata la serata.
Poi, non ricordo chi, mi ha segnalato che in rete di quella serata c'era un video, come anche di un'altra che se non ho capito male riguardava il compleanno di Ceratto e Torello.
Me li sono visti.
Lasciando stare le ovvietà, tre sono gli aspetti che mi hanno colpito.
I primi due sono affini e sono due dichiarazioni, una di Roby Marchisio e l'altra di Carlo Ferrari.
Ora, io sono affezionato a Roby, siamo stati compagni di scuola ( vedi i post "Annuario" '66,'67 e '68 e "Reparto reperti 4" del 9 ottobre 2013 ) e d'avventura sull'Appia terza serie di Carlo Boggio. Aveva spesso degli atteggiamenti un po' burberi da fratello maggiore e responsabile.










In quel video compare ad un certo punto ricoprendo il ruolo di oratore ufficiale.
Traccia un panegirico sulla memoria degli anni di Platti con un'enfasi celebrazionistica degna di miglior causa.
Tutte le dichiarazioni dei partecipanti intervistati a campione, peraltro, compongono un florilegio di smorfie, boccacce, banalità, e capisco che in quelle occasioni sia impresa ardita esimersene, però Carlo Ferrari c'è riuscito.
Nei confronti di Carlo, al contrario di Roby, non nutro nessun sentimento particolare, è uno che ho conosciuto, tutto lì, però l'ironia surreale del suo commento ha riscattato la modesta levatura della serata (almeno come appariva dal filmato).
Non ricordo se in quello o nel video successivo compaiono, nel bailamme di stonate rivisitazioni canore delle hits degli anni sessanta, due signori che non ho riconosciuto e che indossano ambedue pull-overs di Taffelli, quelli che mi pare si chiamassero familiarmente "biscottini". Le variazioni di tinta e tonalità son impercettibilmente percettibili.
Per chi non è di Torino ricordo che Taffelli ha rappresentato per un'eternità una delle boutique da uomo di riferimento per un certo ceto sociale.
E allora sono andato a rivedermi le foto di quel febbraio del '74.



 Massimo indossa quel tipo di pull-over...




...e Carlo anche.



E così mi viene da chiedermi se per loro non sia cambiato nulla in quarant'anni, se il vivere pur se arroccati in una superba presunzione dettata da una specie di diritto ereditario meticcio non abbia aperto varchi empatici, soprassalti di umanità, e preferisco non rispondermi.
Il Ferrari almeno, manifestava già allora un suo umorismo cinico surreale.








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