lunedì 8 novembre 2010

SI COMINCIA...


Tempo fa un amico mi ha prestato un documentario intitolato "Due o tre cose che so di loro", poi mi ha presentato anche il regista.
Il film è composto da quattro ritratti che si intrecciano di registi Torinesi.


E' opportuno ricordare che, cliccando sulle immagini,
si ha modo di ingrandirle per un'osservazione migliore.





A me è piaciuto molto.








Poi ho visto altri documentari di Pit Formento.
E mi è venuta l'idea di cimentarmi a mia volta con un video ritratto.
Il suo......
Ha risposto che non sapevo nulla di lui.
Che quello che conta per fare un documentario è documentarsi.
Soprattutto non gli importava che raccontassi la sua vita da regista, ma che provassi a raccontare una vita, che fosse la sua o quella di un altro poco importava.
"Se proprio vuoi comincia da qui e vedi se ne vieni a capo".
E mi ha passato una vagonata di materiale: centinaia di fotografie per la maggior parte raccolte in albums che lui chiama di scrapbooking, costellati di commenti scritti a mano e reperti vari, diari e agende con date località ed eventi, uno sterminato archivio epistolare, suoi racconti inediti di carattere strettamente autobiografico, e ancora filmati, dai super 8 della sua infanzia e adolescenza ai suoi lavori e ai backstages di alcuni di questi e anche se molto è andato perduto il materiale è veramente tanto.
I racconti autobiografici sono raccolti in "WHITTLING" che ha una premessa. Questa.




LE RAGIONI DI UN TITOLO (WHITTLING)








Nell'agosto del '93 Sarah Rosenman é venuta a trovarci con suo marito Fabrizio.
Sarah é australiana. Vive in Italia da molti anni, a Roma, dove Fabrizio, che é di Torino, si occupa di computers. Lei e mia moglie Laura mi pare si siano conosciute a Sidney.
Quel giorno d'agosto, per sfuggire ai festeggiamenti della prima "Giornata dell'emigrante" che imperversavano in paese, siamo stati a pranzo a cima Bossola.
Dopo abbiamo fatto una passeggiata, prima sul fianco scoperto della montagna verso le Tre Cascine poi scendendo a cercare refrigerio nel bosco di betulle.
Durante la sosta soporosa io, distratto dall'indaffarato andirivieni di insetti ed uccelli, incantato dal volo d'agguato d'un rapace che era scomparso dopo lenti cerchi planati, mi ero gingillato con il mio serramanico, acuminando l'estremità d'un ramo trovato in terra.
Quell'attività, o meglio quel gesto, per accompagnare in ozio il trascorrere del tempo, che nella nostra lingua per essere descritto richiede l'uso di una frase piuttosto articolata, in inglese ha un termine che non solo lo definisce come gesto ma addirittura suggerisce le eventuali ragioni che lo attivano: dal mero passatempo all'attesa propiziatoria.
Me lo ha spiegato Sarah dopo avermi osservato e ricordando Ernest Borgnine che ne "Il Mucchio Selvaggio", in attesa dell'inizio della sparatoria, fa la punta ad un pezzo di legno con il coltello.
Io ho immaginato certi personaggi dei romanzi di Faulkner o della McCullers, che trascorrono molto del loro tempo accovacciati sul marciapiede d'assi di fronte all'emporio del villaggio ed accompagnano le loro considerazioni sulla vita con quel gesto distratto ed attento, ripetitivo ma accurato, che porta la lama a sfogliare il legno scarnificandolo e dandogli forma.












Quest'uso filosofico del coltello in inglese ha modo d'essere espresso dal verbo to whittle.
E Whittling é il titolo che ho scelto per quest'inanellarsi di storie che mi riguardano e che in me affiorano come il legno tenero e chiaro dalla corteccia ruvida della memoria: un ramo che si é preso a lavorare per ingannare il tempo, in momenti di tranquilla attesa o di tormentata attesa.
Io sto seduto ai piedi del mio albero al riparo dal sole, che pure balugina qua e là tra il fogliame, e nell'attesa di qualcosa che potrei dire che somiglia al sonno, lavoro il mio pezzo di legno: ne scheggio via i ricordi facendogli la punta.
 


Ora Pit è diventato Assessore alla Cultura del Comune di Schio.

                                            
Elba 1974

                                         
2009



Il suo indirizzo e-mail è esposto al mondo.
Proprio a lui che ha fatto dello stare appartato una specie di culto.
Nel frattempo gli hanno segnalato che un vecchio amico, Roberto Pistarino, che Pit chiama Robin, ha uno profilo su facebook dove c'è gente che chiede di lui, Pit.
Pit però non vuol sentire parlare di facebook. Gli ho fatto vedere gli interventi che lo riguardano, ma niente. 
Mi ha raccontato che Pistarino, nel 1980, gli ha "salvato la vita" dandogli un passaggio sul suo furgone Wolkswagen da Londra -  dove vivevano tutti  e due e dove il caso li aveva fatti incontrare - a Torino.
Guardando  le foto sul suo profilo, ha detto "Quella non è My Py".  Ha sfogliato uno dei suoi album.
"Eccola qua !" - ha detto.








Di My Py , Pit mi racconta 2 cose.
La prima è che inventava neologismi che urlava a squarciagola, uno dei quali è diventato il titolo del suo primo cortometraggio  "AUANDEBA".  
La seconda è che crede che sia diventata la moglie di  Dell'Utri.
Di AUANDEBA non rimangono che pochi frammenti di una copia lavoro il 16mm.









Questo frammento servirà quando nel blog entrerà il racconto UN MESTIERE, nel frattempo, mentre ci chiedevamo come partire, siamo partiti...







3 commenti:

  1. Fantastico!... Sono l'autore della fotografia di questo corto di Pit Formento e lo rivedo per la prima volta dopo quasi 30 anni. Ho perso le tracce di Pit praticamente da allora. Metto il messaggio nella Bottiglia... Vittorio Bagnasco (reperibile facilmente su Facebook).

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    1. Ehilà Vittorio ! che bella sorpresa.
      Non sono su FB ma ti faro' avere il mio indirizzo e-mail.
      A presto. Pit

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  2. Ciao Pit, la mia email è: ercacace@tin.it

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