domenica 22 settembre 2013

OLDIES 2




Quando mio padre ha compiuto 80 anni (era del '14) come regalo di compleanno ho fatto stampare un libretto fotografico di alcuni del suo scatti.








La copertina è costituita da un fotomontaggio che mette insieme  una risata esagerata di mia madre poco prima della mia nascita e una specie di autoritratto specchiato nella sala da pranzo del nostro appartamento, a Torino.







  






Negli anni '50 mio padre usava una Voigtlander 6X6 a soffietto. 
In casa c'era un cassetto pieno di stampe a contatto, su cartoncino dentellato - mi pare lo chiamassero carta camoscio - di un tenuissimo viraggio seppia.
Il grafico che aveva curato l'edizione della pubblicazione se ne era invaghito, rivelandomi non ricordo quale metodo di sviluppo alchemico ormai in disuso avesse permesso la qualità inarrivabile di quelle specie di provini, e aveva derivato le immagini per il libro direttamente da quelle stampe, invece che dai negativi.
Tempo fa avevo fotografato direttamente alcune di quelle stampe e, ripercorrendole ora, ho constatato nuovamente l'interessante modo di inquadrare di mio padre, e non solo di lui, perchè anche mia madre occasionalmente si cimentava, in particolare per le foto che lo ritraggono. 
E' chiaro che quello che più mi colpisce di quelle immagini è la restituzione di un'epoca, però anche quel me stesso bambino mi incuriosisce.
Pensavo dunque di organizzare una piccola rassegna sui miei fifties, cominciando da una fotografia del 1951, poco dopo il mio "esordio" del 6 dicembre 1950. 
Sono in braccio a mia nonna, verosimilmente ai Giardini Reali, a Torino. Lo suppongo perchè allora i miei abitavano poco lontano, perchè le due figure sullo sfondo sono decisamente una coppia seduta su una panchina e infine perchè molte altre immagini, come si vedrà, sono riprese in quei giardini.
Venivo protetto dai rigori eventuali delle mezze stagioni con abbigliamenti che mi fanno assomigliare ad un cosmonauta sovietico. 
Mi ricordo di Gagarin con un copricapo del genere.











Qui sotto propongo un confronto a corroborare l'idea che le stampe su "carta camoscio" siano addirittura meglio dei negativi. 
Va detto che questi ultimi venivano conservati, almeno in casa mia, in un certo disordine.
Ne ho trovati lacerati e, alcuni, anche con visibili tracce di morsi. Devo essere stato io, in una fase anagrafica in cui l'assaggio indifferenziato costituisce un sostanziale contributo di conoscenza.
La prima dunque è ricavata dal negativo...










... e la seconda dalla stampa, fotografata senza particolari accorgimenti, in maniera casalinga.
Il copricapo cosmonautico è sempre lo stesso ma quello che molto mi attrae è la figura sullo sfondo.








Un uomo anziano un poco male in arnese, seduto da solo su una panchina, sfocato. 
Non poter sapere chi fosse e cosa stesse passando mi arrovella, e non si tratta tanto di una curiosità empatica quanto di un'intollerabile consapevolezza di definitiva cecità.
Guardo mia madre e non ho la più pallida idea di cosa animasse i suoi sogni, le sue ambizioni, i suoi timori, sapendo per esperienza che, a chiederglielo ora, alzerebbe una cortina fumogena di ovvietà. 
Poi guardo me e mi chiedo da chi o cosa mi venga invece questa tendenza a spiattellare tutto (mio padre era di una discrezione britannica) con l'aiuto di questo blog, pur sapendo che quando credo di restituire la realtà sto invece fornendo un'interpetazione.
E così, in definitiva, quello per cui provo maggior tenerezza, di questi tre di cui in realtà non so nulla, è quello seduto sulla panchina.






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