lunedì 13 agosto 2012

BOOKCROSSING

Alla fine di luglio sono stato da Speedy e Mariuccia a Margara, nel Monferrato.
C'era anche Susanna, in arrivo da Roma direzione Ginevra.
Sono stati bei giorni, molto sereni e molto affettuosi, fitti di conversazioni, risate, complicità.
Susanna ed io abbiamo accompagnato Speedy nell' ipercinetico espletamento delle sue attività preferite: il golf e la pesca. E tra una buca e un laghetto, sdraiati sull'erba all'ombra di alberi secolari, sotto uno stormir di fronde (era proprio così) io e lei ci siamo raccontati un miliardo di cose, in attesa di risalire sul car elettrico che Speedy riesce a guidare spericolatamente.
Dicevo che sono stati momenti davvero da conservare nella memoria, e allora com'è che non abbiamo scattato neppure una fotografia ?
Succede.
Io avevo con me la macchina, ma non l'ho mai tirata fuori. Mah...
Prima di tornare a Schio sono passato a Rueglio e ho preso un po' di libri.
Da tempo, ormai, ho l'abitudine di ridurre progressivamente il carico dei ripiani sia nella libreria di Schio ma soprattutto nella biblioteca a casa di mia madre. 
Potrei agire anche più radicalmente ma, malgrado sia sicuro che non ne risentirei, ci vado piano, e nonostante questo, nel corso degli anni, sono quasi certo di essermi disfatto di un numero di volumi pari a quello che ho conservato, direi un paio di migliaia.
Li ho regalati, venduti, in alcuni casi gettati. La scoperta del bookcrossing mi ha invogliato a cessioni immaginifiche.
Il fatto che a Schio questa operazione sia praticabile in biblioteca come nell' "albero dei libri", espositore artistico ricavato da tronchi d'albero situato nell'aiuola di un giardino, semplifica anche parecchio. 
Però ho pure scoperto di avere volumi appetibili e così, come trovo su e-bay libri che non speravo più di rintracciare, li metto anche in vendita, sempre tramite il mio amico Roberto.
Tutto questo per arrivare al libro sotto




E' un'edizione del 1960 con la sceneggiatura del film, e io l'avevo gia acquistato sicuramente su qualche bancarella, con un gesto sentimentale che era bastato a se stesso, senza mai mettermi seriamente a sfogliarlo. 
L'ho fatto il 1° agosto, e ho deciso di tenermelo.
Il gesto sentimentale dell'acquisto mi era derivato da un ricordo d'infanzia.
Una domenica mattina ero uscito con mio padre - non lo facevo quasi mai - e tornando a casa mi ero lasciato attrarre  dalle locandine pubblicitarie di un film, esposte in un paio di vetrinette sui muri d'angolo di via Di Nanni con via Barge.
Il film era "Jovanka e le altre", di cui non sapevo naturalmente nulla ma che per qualche ragione insondabile mi agguantò la fantasia.
Il cinema che lo programmava era di terza visione e non ci ho mai messo piede. Anni dopo è stato trasformato in una discoteca che mi pare si chiamasse Woom Woom e poi è diventata il Pick Up, che ho frequentato  con doviziosa assiduità intorno alla metà degli anni settanta.
Il film non l'ho mai visto.
Eppure mi pare di rivedermi, davanti a quelle vetrinette, sedotto da quel nome - Jovanka - che pareva promettere sconosciutezze esotiche. 
Le foto ritraevano donne con il capo rasato. Io non sapevo nulla dell'episodio di guerra partigiana di cui trattava il film. In realtà non sapevo nulla di guerra partigiana. Ero un bambino.
Mio padre non aveva manifestato nessun interesse ma mi aveva permesso di incantarmi per un po' nella contemplazione, poi mi aveva segnalato la fascetta che indicava "vietato ai minori" e ci eravamo avviati verso casa.
E Jovanka, quella delle mie personalissime e confuse fantasie, assolutamente estranea al personaggio del film, si era insediata solidamente nel mio immaginario.
Per questo quindici o vent'anni dopo, di fronte al volume un po' malconcio esposto su una bancherella, mi ero precipitato ad acquistarlo. Probabilmente nella speranza di poter evocare nello sfogliarlo quella strana, e duratura, emozione infantile.
Non era accaduto e avevo lasciato perdere.
Solo ora l'ho affrontato, scoprendo che non c'è solo la sceneggiatura e alcune foto di scena e fuori scena, ma un diario di lavorazione e un prezioso diario personale della segretaria di edizione, che rileva con chiarezza le diverse metodologie di regia nostre e degli americani ( Martin Ritt era americano) nonchè altre chicche che ne hanno fatto un libro di quelli che restano al loro posto, tra altri amici.

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