giovedì 21 novembre 2013

COPRICAPI



Sarà che fin da piccoletto mi cacciavano quelle papaline in testa...





Cimavilla (Vistrorio) luglio 1952














...e non solo...
























Qui, "deguisé" en Esther Williams, ammonisco le onde...




...e qui, stesso costume, stesso cerotto a proteggere
la scarificazione dell'antivaiolosa, ma con berretto da
lupetto di mare ascolto lei, un'affettuosa amichetta che rispondeva
al nome di Nuccia Gaschino (così è riportato sul retro)
  di Cuneo, che assomiglia in modo impressionante a Marina 
( vedi intenso post del 15 gennaio 2011) 
molto amata compagna di  tanti anni dopo.










Insomma, sia come sia, nutro da sempre un'attrazione irresistibile per cappelli, berretti, bandane, sombreri, bombette, tricorni etc.etc..
Ne ho avuti a decine e purtroppo non di tutti resta testimonianza, però c'è materiale per un excursus abbastanza esauriente, quindi ci provo, e vediamo cosa salta fuori.




Il mio primo cappello da cow-boy, di un paio di taglie
di troppo, che sulla fascia portava la scritta
Roy Rogers - Trigger ( che era il suo cavallo)




ll cappello da cow-boy ha ricevuto un'attenzione costante fin dalla prima infanzia, innestata da un guardarobino regalatomi da mio padre di ritorno dagli Stati Uniti, la prima volta nel 1954 (vedi in proposito l'esauriente post "Western vintage" del 9 dicembre 2012) che mi offre il destro per una breve digressione in un ambito a me congeniale, che è quello delle cartoline di domestica memoria.





Ero ancora Pieruccio, il numero civico era ancora 33,
il mio papà mi scriveva parole che non sapevo ancora
leggere, ma la fascinazione di quelle immagini era folgorante. 
Amorevolmente pragmatica la raccomandazione per mia madre.






avevo tre anni e mezzo ma in qualche modo ero
fieramente consapevole di essere l'unico bambino
che avesse un papà che andava in cerca di orsi.










    






mio padre con zii, prozie e cugine a N.Y.



questa mi avvicina più delle altre
all'idea che mi sono fatto di mio padre,
dell'uomo giovane che era allora.






Reduce dal periodo di lavoro sulla west coast è a New York, in attesa di imbarcarsi per il viaggio di ritorno su uno di quei Super Constellation a eliche - se ne intravede un frammento a sinistra, oltre l'ala - con i quali varcavano l'oceano in quegli anni.



il terzetto che sale a sinistra sembra uscito 
da un'illustrazione di Norman Rockwell




Sul retro della cartolina pubblicitaria dell'hotel in cui è ospite ha annotato il numero della camera sua e di un collega, nonchè del piano.
Il tutto con la solita Aurora 88, con la quale ha vergato anche le altre missive. 




 ed eccola qui, usurata ma non doma,
ha scritto anche molte delle mie cose
prima che la guarnizione, come un'articolazione
animale, si arrendesse al logorante
entusiasmo dell'uso.









Sul lato indirizzo della cartolina, con una biro, quindi in un secondo momento e come per un appunto frettoloso, ha annotato alcuni capi d'abbigliamento con relativi prezzi. Sono quelli del mio costume da cow-boy, acquistati probabilmente all'ultimo momento in un grande magazzino newyorkese.














E me lo immagino quest'uomo, già carico di regali - strepitose camicie hawaiane che "leggevo" come album di fumetti, mocassini indiani vezzosamente costellati di perline per mia madre ed essenziali per me e per lui e tanto altro - che all'ultimo momento ricorda la promessa fatta al bimbetto di cui sicuramente non conosce misure, che ha voglia di rivedere ma che non sa molto come trattare, come quasi tutti gli uomini della sua generazione.








Così, poco prima di andare all'aereoporto, affacciato ad un diciottesimo piano, prende nota su una cartolina, e quella cartolina è ancora con me. 




ed eccomi qui, con mostruosa coccinella
spillata sull'immancabile papalina tra
mio padre e Anita P., che ho sempre avuto
l'impressione che fosse vagamente infatuata di lui.



Il cappello da cow-boy, comunque, è rimasto abbastanza costante













...ci torneremo. Per ora vorrei avanzare in modo possibilmente cronologico.
E allora, durante l'infanzia copricapi invernali...








Il mio berretto da Davy Crockett
in pelliccia di procione, del quale
andavo fierissimo



















1974





E in città certi berretti a visiera corta come questo sotto







...o quest'altro scamosciato






che ho ritrovato in un baule in soffitta









O  ancora quello che nelle preferenze faceva il paio con i berretto da Davy Crockett, e cioè quello da Sherlock Holmes









Ma ora procediamo con vintage estivo




austero mio cugino Giampiero, scanzonato io.
Stargli vicino mi faceva sempre questo effetto.




 a Noli



...però si direbbe che a godere dei miei favori, all'epoca, fosse soprattutto questo baschetto









che indossavo sia in veste di estemporaneo Tom Sawyer alle prese con la pittura di una staccionata...









...che per scorribande ciclistiche su sterrati, cubetti di porfido, sentieri erbosi e pochissimo asfalto per percorsi ruegliesi...









Il commento a matita di mia madre mi attribuisce
una soddisfatta attitudine Huckleberry Finn



 
Niente berretti ma ci sta...



...e per un certo periodo, in città, ai giardini, 
su un altra bici, con manubrio sportivo, 
ho indossato questo




 ...la foto è veramente orribile ma filologicamente
ineccepibile: berretto e bicicletta (tra l'altro devo
averla già postata da qualche parte, vabbè...) 




...e infine, per tornare al baschetto bianco, era indossato anche in conturbanti contiguità con la femminilità, che credo abbiano influenzato in modo significativo il mio modo di percepire certe intense sottigliezze erotiche.




tra Anita e Milena Peraglie, che nella loro adolescenza
 mi avevano bamboleggiato fin dalla mia più tenera età, e ora signorine
condividevano con me pause meridiane con ghiaccioli e languori.




Una bombetta comprata da un rigattiere a Brighton, nel 1971.














Una paglietta trovata nella casa di Cimavilla, arrivata da New York intorno al 1915.















Qualche bandana...




1972




1990





1994




1996


  e altro...



1976




1987




1970




1981




1974




1999




1990




2008




1997



1990




anche parecchi berretti da baseball...




1972



1994



1997





1996



1994




1993



1999



Qui sopra con la mia penultima telecamera, sotto con la mia prima cinepresa (e un berretto diverso).




1974



1989



1987



...con l'Arriflex BL 16 mm. torniamo ai cappelli da cow-boy.





 1973





 1970




 1974




 1977





 1975




I cappelli da cow-boy sono legati alla parabola del 1980, annus horribilis durante il quale mi ero convinto che isolarsi dal resto del mondo e allevare cavalli fosse una soluzione praticabile, ipotesi che si è poi rivelata imbarazzantemente infondata.























Il lungo sonno della ragione di quell'anno cruciale ha poi generato i mostricciattoli che accompagnano in modo intermittente la mia ciclotimia. 
Malgrado tutto un cappello da cow-boy ce l'ho ancora, a Rueglio, uno Stetson che non ho mai indossato se non per pochi momenti, in casa, in attesa di un uso futuro che probabilmente non si verificherà più, un simulacro, un feticcio, roba così.






L'ultima volta che sono stato su ho immortalato un po' di copricapi d'archivio perchè avevo in mente quest'idea forse balzana di fare un post sui cappelli.
Questo me lo sono cacciato in testa e mi ci sono fotografato  in uno specchio. L'inquadratura è quella che è, il soggetto anche, ma chiude - a mio parere - come era giusto che fosse.









 


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