venerdì 17 febbraio 2012

A PROPOSITO DI PRETESTI



Per decidere di postare la piccola sequenza di fotografie che seguirà, risalente - per la maggior parte - alle estati del 1963/67, ho dovuto attendere due eventi pressochè concomitanti e inattesi.
Qualche giorno fa ho ricevuto una mail dalla mia vecchia amica Simonetta Sacerdote. Una graditissima, affettuosa sorpresa.
Un paio di sere dopo mi ha telefonato Margherita Savoini, per un suo problema con una scombinata produzione teatrale sulla quale sorvolo.
Il giro sembrerà largo, ma per me è stato quasi automatico, direi inevitabile.
Dunque: Simonetta appartiene al mio passato a partire dal 1969, si è poi sposata giovanissima con Gustavo De Pas, che pure lui fa parte del mio trascorso, ma ancora più remoto, estraneo a Simonetta. 
Con lei i luoghi erano Torino, Sestriere, Sauze, con Gustavo era Noli negli anni, appunto, tra il '63 e il '67.
Quando lo frequentavo non sapevo ancora neppure dell'esistenza di Simonetta, e forse neppure lui. 
A Noli amiche e amici erano in maggioranza di Milano.
Tra gli amici di Noli c'era Daniele Sevi, un cugino di Gustavo, che chiamavo Celestino per la sua irrimediabile somiglianza con il volpacchiotto amico di Roby e 14, i figli della gallina Tric Trac. 
Brevemente ci fu anche - con sporadici passaggi da Torre del Mare - Valeria Speranza, pure lei milanese, della quale mi ero invaghito con l'irruente emotività mascherata di un  sedicenne spavaldamente timido.
Di tutta la gente di allora, sparita nel tempo e mai dimenticata, questi due - Daniele e Valeria - anni dopo sono entrati nella vita di Simonetta: Daniele come cugino di Gustavo, Valeria non saprei dire, forse per amicizie comuni.
La morte di Daniele/Celestino me l'ha annunciata proprio Simonetta, incrociata per caso, in via S. Pio V, dove abita e dove c'era la sede della defunta (anche lei) Videomark, storica casa di produzione dei miei ultimi anni torinesi.
Così, con la sua mail, Simonetta, oltre ad avermi fatto un enorme piacere ed aver sollecitato l'inizio di un rapporto epistolare che mi conforta, ha risvegliato figure sopite che neppure lei poteva immaginare.
A proposito di quelle estati nolesi, molti anni fa mi ero cimentato con la stesura di un romanzetto decisamente modesto. 
Margherita, che è di Genova e appartiene pure lei ad un altro mondo ed un'altra epoca eppure anche lei ha degli addentellati con gli altri di cui sopra, quel romanzetto me lo avevo diligentemente battuto a macchina, nel '73 o '74, non ricordo.
L'altra sera, al telefono, mi ha detto ridendo che potrei riscriverlo.
Tenderei ad escludere l'eventualità, ma quello che conta è che pure lei ha inconsapevolmente animato quelle lontananze.
Margherita e Simonetta non si conoscono.
Le foto che sto per postare sono di ragazzini che oggi hanno tutti, più o meno, sessant'anni.
Faccio bene o faccio male ?







Noli, comunque, è stato teatro non solo di alcune memorabili estati dell'adolescenza, che sono quelle che tratterò fotograficamente più avanti, ma anche di dimenticate, felici, estati dell'infanzia.
Di questa foto quello che mi piace di più sono gli alluci della mia amichetta che chissà chi era.







E questi due.
Io in alto mi sentivo Huckleberry Finn, Paolo Buratti, sotto, un Tom Sawyer non convintissimo.







Sul terrazzo dei "Bagni Vittoria" probabilmente nel '63.
Gianluca Ferrari e Cristina Gorlier di cui ero infantilmente invaghito.
Loro facevano parte della compagnia dei "grandi", cui venivo occasionalmente aggregato in qualità di mascotte.





Sempre sul terrazzo dei "Vittoria"con Sergio Barnabé, anche lui della compagnia dei più grandi. Una differenza che scomparirà negli anni successivi, con le frequentazioni torinesi e di Sauze.





Nell'estate del 1964 ho la mia prima compagnia, costituita da ragazze e ragazzi più o meno coetanei.
Il nostro luogo elettivo è una piccola veranda sul retro dei "Bagni Anita", ma il Castello, la Pipetta,  l'Acquaviva, Voze, lo Scoglio del Prete e la spiaggetta dei Saraceni non sono da meno.
Io qui sono di spalle, appoggiato al tavolo. 
Accanto a me,sulla destra Giovanna Banchieri, vicino a lei, con il cerchietto sui capelli Barbara Vita Levi e, sempre in piedi, sorridente, Paolino Sciacca.










Qui siamo allo Scoglio del Prete, sempre nel '64. Io sono in piedi, con posa un po' guascona, sulla sinistra in shorts e cerchietto (i cerchietti sui capelli andavano parecchio) e sguardo all'obbiettivo Liana Brambilla, la mia prima "amante", nel senso che io ero fidanzato con Lauretta Rognoni, di cui si scorge appena la testa, ma trovavo irresistibile la clandestinità di certi sbaciucchiamenti con Liana, che mi appariva come la quintessenza  della seduttrice spregiudicata, pensa un po', a tredici anni.
Seduta tra Lauretta e Franco Rosso c'è Barbara Vita Levi, sua sorella Francesca (Cecia) siede sulla roccia leggendo un giornaletto.
A distanza di trent'anni, nell'estate del 1994, sono comparso a Noli out of the blue con Laura, eravamo lì per sposarci, io con l'ottimistica certezza che avrei trovato i vecchi amici e tra loro i testimoni per le nostre nozze.
Non è stato facile come avevo previsto ma poi le sorelle Vita Levi sono arrivate al salvataggio.
Loro, le loro famiglie, i loro genitori ci hanno circondato di un affetto protettivo, come se fosse inevitabile per uno come Pit, che si presenta dopo trent'anni ti telefona e ti chiede un favore: se puoi fargli da testimone di nozze. Quando ? Più o meno entro un'ora.
Sono state davvero splendide.

  



Barbara osserva, Cecia firma.








...firma Barbara...




 
Laura mi infila la fede al dito sotto lo sguardo
divertito di Cecia.






Dopo questa digressione doverosa torniamo a quelle estati.
Trascorsa quella del '64 e del primo amore (Lauretta) riapprodo a Noli emozionato e pieno di aspettative ad agosto del '65.
Di quelle vacanze la memoria affastella episodi slegati, immagini in qualche modo statiche, fotografiche, spesso si rassegna alla perdita del ricordo di un viso, di una voce, e supplisce con un immaginario benevolo e sommario.
Così le partite di pallanuoto, la prima sbronza (di Tokai. terrificante), le cene di cozze a Voze, quel nostro ballare shake e slow in alternanza codificata, in condizioni spesso proibitive ma per noi sempre eccellenti, sui ciottoli in semidiscesa sulla strada che dall'Arcivescovado sale al cimitero, o in spiaggia di notte, o sul tetto di uno piccolo edificio addossato allo Scoglio del Prete, sempre al suono esiguo di un mangiadischi portatile, e ancora la palpitante attenzione da riservare al gioco dello stuzzicadenti, da esercitare sempre in semioscurità, in un'emozionata applicazione di protoerotismo e misteriose, possibili, reciprocità maschio/femmina, ebbene tutto questo era variamente sotteso, almeno per me, alla questione centrale che era l'amore. 
La pulsione irrefrenabile ad innamorarmi. Magari un fuoco di paglia, ma pur sempre un fuoco.
L'estate era la patria di questo inedito sentimento, Noli la sua capitale. 
In questo senso l'approdo estivo sotto i glicini degli "Anita" per me era sempre molto emozionante.
Ci sarebbe stata una lei per me ? E chi mai sarebbe stata ?
L'estate del '65 portò Vanna Marazzi.
Bionda, con i capelli corti e gli occhi chiari, un carattere scontroso e un indirizzo cui spedire le lettere autunnali piuttosto misterioso: Limito dal Rodano. Nient'altro.
In ogni caso reale, perchè la nostra corrispondenza, seppur poco espansiva, era praticabile. Rileggere le sue lettere oggi è, inoltre, piuttosto interessante, tenendo conto che era una ragazzina.
Ho cercato Limito dal Rodano - dalle parti di Milano - negli anni successivi su mappe e cartine senza mai trovarlo.
Non ho fotografie di Vanna. Devo ammetterlo: non ricordo nulla tranne che la nostra canzone era "Ciao ciao" di Petula Clark. 







Il lavorio immaginifico dei mesi successivi l'ha comunque collocata definitivamente nell'empireo degli amori indiscutibili, per quanto brevi e friabili siano stati. Insomma come per Lauretta l'anno precedente, salvo che Lauretta la rivedevo ad ogni estate e, come dirò più avanti, l'ho rivista anche anni dopo, mentre Vanna è letteralmente scomparsa.
A fine estate, una sera al cinema all'aperto, in galleria, al riparo da sguardi indiscreti, Silvia Colombo che aveva un anno più di me - io 14 lei 15, un abisso per allora - mi concesse sbaciucchiamenti coraggiosi, rivelandomi che anche a baciare bisogna saperci fare. 
La cosa con lei non si è mai ripetuta ma la lezione è stata preziosa.




Silvia con curiosa pettinatura, Pit, Laura Vannelli, dietro Ettore Bezzi.





Questa copia me l'ha fatta avere anni fa Mirella Prevete
La didascalia in basso a destra, qui incompleta, recita Noli 1965.




Non so, non ricordo, probabilmente ho rimosso, la ragione per cui dal 1968 in avanti, i miei genitori hanno smesso di andare a Noli, malgrado avessero amici carissimi, e di conseguenza non ci sono più andato neppure io. 
Si affacciavano comunque all'orizzonte estati più avventurose, esotiche, con gli amici e senza i genitori: la Francia, la Spagna, la Grecia.  
Allora non ne ero consapevole ma Noli sarebbe rimasto come costante rimpianto.
Questo per anticipare che nell'estate del '66, a quindici anni, incappo nel terzo amore, ancora una volta milanese, il più articolato e complesso di quel pugno di estati.
Malgrado durante l'inverno la storia con Amanda Scolari mi avesse addestrato alle alternanze ( di lei scrivo nel post del 28 novembre 2010, in "Sei giorni fuori strada"), l'esperienza con Patrizia Agosta Tota ha avuto una sua crucialità, per me, nello svelarmi che i distacchi, i modi differenti di provare i sentimenti, possono essere causa di imprevedibili sofferenze.
Questo lo sanno tutti, tutti ne hanno fatto esperienza, in un modo o nell'altro, lo so. Ma proprio perchè è "patrimonio dell'umanità" mi va di dire come mi sono guadagnato la mia fetta.
Patrizia era un'amica, forse compagna di classe, di Cecia, ospite sua perchè lei al mare andava a Sori, sulla riviera di levante.
Molto corteggiata ma guardinga non ricordo come sia andata che, alla fine, abbia optato per me.







La compagnia in una sua parziale rappresentanza.
Io sono il terzo in piedi da sinistra, tra Bruno Boggio e Gustavo, che anni dopo diventerà il marito di Simonetta, dalla quale sono partito.






Paolino Sciacca e Carlo Rossi.






Mimmo Rivara e Gentile Pirola.









 Pieralberto Testoni, Bruno Boggio, Paolino Sciacca, Walter Massa, dietro di loro Ettore Bezzi.
Allora avevo questo vezzo di corredare le foto con fumetti.
Ogni tanto ne compare ancora qualcuna.







Mirella tra Pieralberto e Mimmo.







Gustavo e Luca Terzolo.







Per il tradizionale bagno vestiti di ferragosto.
Celestino/Daniele è quello in babydoll, accanto a Cecia.
Lauretta è seduta, in prima fila, io sono dietro Paolino con foulard.






A vederla così si direbbe che a facilitare il "crollo" si sia stati
Ettore, Mimmo ed io, ma davvero non ricordo.






Papi, Mimmo, Paolino e Marina.





Pit, Patrizia, Mimmo e Barbara.




 Pit e Patrizia.






Non so cosa abbia fatto di quell'amore qualcosa di speciale, del resto nessuno lo sa mai, e neppure sa se è stato speciale per tutti e due.
La cosa curiosa è che ho la sensazione di essere stato innamorato di un'idea di voler essere per lei qualcosa che mi pareva di non riuscire ad essere. 
Mi sentivo in qualche modo inadeguato ma non lo avrei mai ammesso, neppure con me stesso.
Lei era affettuosa, gentile ma in qualche modo mi pareva distante, o almeno alla luce flebile dell'indagine sui miei sentimenti così acerbi di allora mi pare di ricordare che io la sentissi tale.
Per la prima volta, forse, capivo che essere ragazzini presuppone tutta una serie di impedimenti che non facilitano le relazioni sentimentali. Ne avevo già avuto un assaggio con Amanda. Con Patrizia una conferma.
Lei viveva a Milano, io a Torino.
Ci siamo scritti, sono andato ad una festa da lei durante l'inverno. Ma allora la mobilità, la comunicazione, erano laboriose, a volte impensabili.
E poi gli amori adolescenziali devono essere così: profilarsi come unici, svanire senza darti il tempo di dire "Ma come ?..."
e restare con te tutta la vita.
La nostra canzone era "Se telefonando" di Mina. Un verdetto.
La canzone di me e Lauretta, ho dimenticato di dirlo, era "La fine d'agosto" di Little Tony. Anche lì una premonizione.






Ancora adesso riascoltare quelle canzoni mi  procura un  effetto che non saprei definire, tra il pacato struggimento e una rassegnata nostalgia.
E veniamo all'ultima di quelle estati, quella del '67. Ovviamente io non sapevo che sarebbe stata l'ultima, che avrebbe chiuso un ciclo di abitudini annose e familiari. Ed è stato un bene.
Tornando alla ragione di questo post, veniamo alla figura indirettamente evocata da Simonetta, quella Valeria Speranza, figlia di amici di famiglia, credo, di Celestino/Daniele e di Gustavo.
L'ultimo amore dell'adolescenza nolese. 
Praticamente impercettibile, ma travolgente grazie alla sensibilità allertata ed esposta di un sedicenne che si atteggia ma è spaventosamente vulnerabile.
Di quella Valeria, di cui non ho fotografie e con la quale non ho avuto neppure la "nostra canzone", comparsa da Torre del Mare per una temporaneità incontrollabile, credo di aver amato proprio quell'idea di assenza, di passaggio senza possibilità.
Anni dopo, proprio in ragione della mia inclinazione di allora a tentare rivisitazioni del trascorso un poco invasive, le avevo scritto.
La sua risposta è una delle lettere migliori che abbia mai ricevuto.
Inquadra perfettamente la nostra condizione, è condiscendente e cortese nei confronti della nostra estraneità, gentile nel confessare la nebulosa visione del tempo trascorso insieme.
Credo che la cosa migliore sia leggerla.








Parziale della busta con timbro postale.




 Estate '67 sulla passeggiata con Margie Sandiano 
(vedi post  "Noi quattro" - 30 dicembre 2010)
cui stavo probabilmente parlando di Valeria.
 

Durante quell'estate del '67, a parte la fugace ma definitiva apparizione di Valeria, un episodio documentato è la vittoria di una gara di shake disputata in coppia da me e Lauretta Rognoni.
A distanza di tre anni il mio primo amore filiforme e androgino si era fatta una signorina consapevole della propria femminilità.















Primo premio: una macchina fotografica.




Lauretta la rivedrò nell'estate del '72, durante un passaggio a Noli con i fratelli Oggero, dopo il nostro ritorno da Palinuro.





 E lei nel frattempo è diventata una donna piuttosto seducente.




Lauretta e Micaela Morini.




Trascorrono altri quattro anni e ci ritroviamo per un capodanno in Camargue, nel 1976.
Dalla Camargue, con lei e Fulvio Tasso, lasciamo Renato, Antì e Giulia  che tornano a Torino...








...e andiamo a Parigi, dove troveremo Buchi e Roberta Barberini, che è molto amica di Lauretta.




da sinistra Buchi (Emanuela) Barberini, Fulvio Tasso,
Pit, Lauretta Rognoni e Roberta Barberini
in basso Claudio Caudera










 Lauretta affacciata all'abbaino della stamberga bohemiènne
dove eravamo domiciliati in quei giorni parigini.








Passano un altro paio d'anni e nel giugno del 1978, un giorno  Speedy mi dice "Andiamo a Noli ?".
Allora, come credo accada ancora adesso a chi è giovane, si macinavano chilometri per il gusto stesso di andare, sempre fiduciosi che le destinazioni improvvisate fossero foriere di occasioni preziose.
Speedy era legato a Noli per ragioni sentimentali vissute in tempi diversi dai miei. Insomma proponeva un pellegrinaggio alle soglie dell'estate. Irresistibile.
L'idea era quella di mangiare un gelato da Sirito, sederci in spiaggia a guardare il mare, che dopo l'inverno è sempre un gran conforto, e tornare indietro ascoltando un nastro di vecchie canzoni.
Appena arrivati, mentre ancora stavamo parcheggiando tra il Miramare e l'Italia, tra la poca gente in giro spuntano due ragazze.
Lauretta - il mio primo amore, dopo 14 anni -  in compagnia di un'amica.
Lo stato d'animo di quel momento è stato pura ebbrezza. Come se mi fossi scolato un paio di Pernod a stomaco vuoto.
Abbiamo trascorso insieme una serata perfetta, una cena d'allegria, con Speedy scatenato e l'amica di Lauretta che stava al gioco. Siamo poi finito allo "Scotch" a Finale. Abbiamo ballato e bevuto e riso e ricordato.
E' stata una sorpresa scoprire, a distanza di 14 anni, che le sue labbra avevano lo stesso sapore di quando ne aveva undici.
Il mattino dopo io e Speedy siamo partiti.
Abbiamo messo su il nastro con le vecchie canzoni: "La fine di agosto", "Ciao ciao", " Se telefonando".
Questo è quanto.
Che giro.
Partendo da Simonetta e dalla sua mail.





Simonetta










  Pit e Simonetta



E adesso mi sto chiedendo se non abbia ragione Margherita, e cioè che in qualche modo valga la pena che io trovi il modo di collocare la memoria emotiva di quelle estati in qualcosa di scritto.
Ci penserò.

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