sabato 24 giugno 2017

FARM SECURITY ADMINISTRATION




Quando ero all'Università, a Parma, l'ordinario di Storia dell'Arte era Arturo Carlo Quintavalle. L'Istituto raccoglieva oltre alla sua anche le cattedre di Tecnica e Didattica del Linguaggio Cinematografico, Storia delle Arti Grafiche, Storia dell'Architettura e dell'Urbanistica e Storia del Teatro e dello Spettacolo.
Aveva fondato e diretto il Centro Studi e Archivio della Comunicazione (Csac) dello stesso Ateneo.
Io ero un suo allievo. Ero così contento di essere un "interno" che mi ero sottomesso di buon grado al "dictat" che imponeva agli interni, appunto, di sostenere oltre a quelli canonici altri quattro esami: i quattro volumi dell'Argan, uno alla volta, in modo da poter sondare attentamente la nostra competenza.
Era severo e non gli interessava essere simpatico. Era ammirato per quello che era. Da tutti.
Tra le sue molteplici iniziative - al di là del fatto che tutto ciò che ho studiato non solo con lui in quegli anni è diventato un patrimonio indelebile - quello che mi ha regalato un'esperienza che mi emoziona e commuove ancora oggi è il ricordo di una mostra del 1975 sulla Farm Security Administration: "La fotografia sociale americana del New Deal". 
Allora non ne sapevo nulla e pochissime persone ne erano al corrente ma lui, Quintavalle, aveva già fatto una mostra su Dorothea Lange nel '72 e acquistato un notevole numero di scatti dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti per il Centro Studi.



 Arturo Carlo Quintavalle



Oggi le cose vanno un po' meglio ma c'è ancora un sacco di gente che non sa nulla della FSA, anche tra sedicenti fotografi, però fortunatamente c'è la Rete. 
Così tutti possono approfondire l'iniziativa voluta da F.D. Roosvelt che durò più o meno dieci anni, permise l'archiviazione di duecentocinquantamila scatti d'autore e rappresenta la più grande documentazione di fotografia sociale della Storia con la più alta concentrazione di capolavori.
E così adesso ne posterò una sequenza, non necessariamente delle icone - come "Migrant Mother" della Lange - ma di immagini poco conosciute e altrettanto mirabili, che restituisconto con un'intensità quasi magica e mai più trovata - almeno per me -  la dignità addolorata di figure come quelle dei protagonisti di "Furore" sia del libro di Steinbeck che del film di Ford. Due capolavori.



 ...la mia copia primigenia...



John Steinbeck, di cui ho letto tutto



 la locandina del film



 John Ford, di cui ho visto molto



E ora veniamo agli scatti della FSA













Quei rettilinei infiniti sotto un cielo infinito dove il passaggio di un automezzo è un'eccezione li ho viaggiati, su un comodo furgone GMC dotato di aria condizionata è vero, ma pensando spesso a loro quando per chilometri e chilometri non incroci anima viva e tutta quella vastità ti incanta e ti intimidisce nello stesso tempo.
























Arthur Rothstein, Carl Mydans, John Vachon, Gordon Parks,
Jack Delano, Tom Webb, Ben Shahn, Marion Post Walcott, Rondal Partridge e soprattutto i miei più amati Walker Evans, Dorothea Lange e Russell Lee, sono stati i principali fotografi di quello squadrone irripetibile.







Dorothea al lavoro nel '34.







...e molti anni dopo.






























I due che seguono hanno realizzato a quel tempo uno dei libri più intensi e per certi versi non classificabili che, a mio avviso, non hanno eguali nella storia delle storie sugli esseri umani: "Sia lode ora a uomini di fama".




 James Agee e Walker Evans
























 Russell Lee













 






Questo masse, che le banche e il capitalismo selvaggio del dopo crisi del '29 aveva buttate fuori dalle loro case e dalle loro terre con un processo non nuovo nei criteri ma spaventosamente inatteso nei numeri si trasformarono in una marea di migranti che avevano lo stesso colore della pelle, parlavano la stessa lingua, credevano nell'America con lo stesso slancio infantile di ogni americano bianco, ma erano poveri, più che poveri, miserabili.
Il sabato sera, negli accampamenti, facevano musica.
Quando non era per ballare c'erano i talking blues di Woody Guthrie, un vagabondo come loro che sapeva raccontare la loro storia, con tutte le loro storie.

  



   Woody e Cisco Houston


Pete Seeger e Woody Guthrie


Quand'ero in quella Facoltà...






...suonicchiavo e canticchiavo brani di Woody e del suo emulo, quello che andava a trovarlo in ospedale prima che morisse...












 




 Questa canzone è stata scritta da Woody, che è stato per tutta la vita un libertario e per un certi periodo anche comunista, e si potrebbe dire che è il secondo inno nazionale americano.
Aspirare a vivere in un mondo dove nessuno ha troppo e nessuno ha troppo poco oggi è spesso considerato sbrigativamente sovversivo ma

quando l'idea è quella adatta per l'Umanità nè chi la pratica

imbastardendola nè chi la avversa senza comprenderla può cancellarla. 

Tornerà. Si attuerà, come sognavamo in Piazza Garibaldi nel '77, e come sognava Woody.











5 commenti:

  1. Walker Evans Pit, Walker Evans, un mio idolo. Visto da poco una sua mostra al centro Pompidou ma lo conosco e ammiro da tanto. Grazie per questo tuo post, la fotografia come la amo... A presto amico di sempre ? Je l'espère. Des bisous

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  2. il punto interrogativo non é sull'amico di sempre, ma sul "a presto". Encore un bisou et j'espère vraiment à vite

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    1. Ricevere i tuoi commenti o le tue e-mail mi porta sempre a leggere con un sorriso beato e persino un po' commosso. Ho notato che quando c'è da condividere uno stato d'animo, un ricordo, un modo di guardare alle cose, finiamo regolarmente con il rassomigliarci e questo mi intenerisce e mi incoraggia. Saremo a Rueglio la prossima settimana...Bacio

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    2. Oh Pit, io la settimana prossima e tutto luglio sono al Festival d'Avignon. Ma ad agosto fate un salto a Rueglio ? Envie d'une promenade en tête à tête, magari all'albero delle streghe et raccontarcela un po' noi due. Des bisous

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  3. E da Avignon faro' come da un po' di tempo un salto, dei salti, alle Rencontres d'Arles, interessantissimo festival di fotografia internazionale. Questo festival mi ha permesso di fare delle scoperte interessantissime come Martin Parr per esempio, e a proposito di foto, di amore per le immagini e di quello che raccontano, la voglia di approfondire e perché no, di darmi i mezzi, di aprire una galleria un giorno... à suivre

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