mercoledì 21 settembre 2016

PRIMO AMORE ULTIMI RITI




Mi pare che il titolo di questa vecchia raccolta di racconti di Ian McEwan si attagli egregiamente al post che sto per scrivere. 
Un ritorno dopo un lungo silenzio che ero convinto sarebbe stato definitivo e invece rieccomi qui.
Il fatto è che ho dato un'occhiata in rete - più che un'occhiata, devo ammettere - e ci ho trovato le ragioni per tornare alla mie scampagnate rievocative.
Del primo amore ho già dissertato nei post "Forever girls 2" del 20.11.14 e "Cartoline 5" del 27.11.14.
Lei - Lauretta - ritorna per immagini anche in "Foto Rossi" del 16.4.16, però non sapevo come e cosa fosse oggi. Ora si.





Laura Rognoni



E' sposata...







Laura Rognoni e credo proprio che lui sia suo marito Claudio. Belli.




...suppongo che queste risalgano al giorno del loro matrimonio








Laura - per me per sempre Lauretta -  qui sopra è sulla sinistra.









Hanno una figlia che si chiama Giuditta...

















...un cane...









E lei, da quel che mi sembra di aver capito, non ha mai abbandonato Noli.







Questa l'ha scattata credo dal terrazzo di casa sua.
...e forse ha un nipotino...






Tutte questo l'ho desunto da FB che, come si sa, non è uno strumento per saperne di più sul percorso di vita di qualcuno, però queste fotografie a me parlano di serenità, di allegria e ne sono felice.






E ancor di più mi piace saperla inconsapevole vestale in quel di Noli. 
Qualcuno di noi è ancora là come lei, o come Cecia, Barbara, Franco Rosso, Cristina Gorlier, forse altri che non so, e questo per me è un pacifico conforto.












Le mie possibilità di tornare un giorno a Noli si fanno sempre più remote, e probabilmente sarebbe un errore, però in qualche modo, in spirito, sono là con loro.


E chiudo con Roberta Rognoni, la sorella di Lauretta.







Sempre in rete ho scoperto che da poco tempo non c'è più.
Se durante quella fatidica estate del 1964 io avevo tredici anni e Lauretta undici Roberta forse ne aveva quindici. Una grande, per noi.
Ricordo che  mi metteva un poco in soggezione malgrado fosse stata proprio lei, con la Titti Brambilla, a caldeggiare il mio "fidanzamento" con la sorella.
Stava in una compagnia di sedicenni che a me parevano adulti e aveva un moroso che si chiamava Ulisse, un tipo atletico, gran giocatore di pallanuoto.
La loro relazione era occasionalmente burrascosa ma appassionata.
Un pomeriggio, sul terrazzo dei Bagni Vittoria, Ulisse era comparso dopo l'ennesimo litigio con la Roberta con l'aria un po' mogia. 
Lei era là, con gli altri della compagnia e quel suo fare spregiudicato che ai miei occhi la faceva apparire una specie di mantide.
Lui si era avvicinato al juke-box e aveva selezionato "Roberta" di Peppino di Capri. 
Detta così capisco che possa suonare di una melensaggine estrema, ma su di me aveva sortito un effetto esplosivo. Una proposta di pace per interposto cantante e una melodia irresistibile. 
Una strategia che mai avrei immaginato - vabbè, ero piccolo - e che aveva poi sortito il suo bel risultato.
Ho pensato che rievocare fatti di più di cinquant'anni fa sia ascrivibile alla categoria "Ultimi riti" del titolo del post.
Ultimi perchè probabilmente lo sono davvero.
Sono quelli da officiare con modesti e neppure malinconici ripiegamenti sul trascorso, mettendo in ordine senza aspirare ad altro.
Quando ho intrapreso l'autoterapeutica anabasi di questo blog coltivavo il desiderio sommesso di recuperare in qualche modo il trascorso offrendogli un'occasione di farsi presente, addirittura di futuro, tornare anche fisicamente sui miei passi, oggi so che non è necessario. Mi gioco quotidinamente la mano di carte che passa il destino con un'imprevista e imprevedibile serenità. 
Sarà anche che la psichiatra mi ha cambiato la terapia.
Insomma che sia dovuto alla lungimiranza di una strizzacervelli o alla benevolenza degli dei io sono qui contento. Mi piace la mia vita. E questo è davvero strano.
E così anche se la Roberta se n'è andata io continuo a vederla sul terrazzo dei "Vittoria", fascinosa, provocante e ribelle e improvvisamente addolcita dalla canzone di Peppino di Capri.






 

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