TRENTATRE
Dino Fabbri si organizzò e finì col trascorrere la maggior parte del suo tempo sul cantiere, dopo essersi trasferito in un residence a poca distanza.
Luong si faceva vedere spesso, quasi sempre accompagnata dai figli: due bambinetti di cinque anni piuttosto silenziosi.
Una volta Dino le chiese del marito. Era sorpreso che in un mese di lavoro non si fosse mai fatto vedere. Luong disse che era in viaggio per lavoro e cambiò argomento. Il giorno dopo, per la prima volta, lo invitò a cena.
Il ristorante era thailandese e vennero accolti con un ossequio imbarazzante.
- E’ mio - disse Luong, con un breve cenno della mano a indicare il locale.
Mangiarono in una saletta minuscola, riservata a loro due soli.
Lei spiegò la situazione con un’essenzialità ammirevole e rivelando una padronanza della lingua che fino a quel momento aveva mascherato.
Il marito aveva un’altra famiglia di fatto e più che dell’azienda si occupava di golf e della sponsorizzazione di imprese sportive. La struttura dell’azienda era costituita da un cartello di una mezza dozzina di marchi: abbigliamento sportivo, giovanile, accessori, più un segmento di franchising di un paio di case straniere.
Una comunque era la griffe di maggior successo, ed era nata e cresciuta grazie all’iniziativa di Luong.
La scissione dalle altre si era appena conclusa dopo avvilenti lotte economiche - una vera guerra legale tra le parti - e da questa Luong era uscita con le ossa rotte ma conservando il suo marchio, l’esposizione economica con le banche per i finanziamenti del nuovo stabilimento, che sarebbe stato soltanto suo, la garanzia di un divorzio consensuale e la tutela dei figli.
- Adesso non ho che debiti – concluse sorridendo.
- Incredibile… - mormorò Dino Fabbri - Ma come hai fatto in così pochi anni ad entrare nel meccanismo ? Voglio dire è una cosa complicata, io credo che…
- No, non lo é. Mi piace. Lo trovo divertente. E’difficile che una cosa che ti diverte ti possa risultare complicata.
- E adesso ?
- Per via del denaro ?
Dino annuì.
- Lo rifarò, ma non è lì la questione. Quello non vale nemmeno perdere il tempo a contarlo, c’è chi lo può fare per te. Vedi io sono stata povera. Ma di una povertà che tu neppure puoi immaginare. Io e tutta la mia famiglia. Proprio fame. Insomma non mi piace la ricchezza in sé. Dopo che ci si toglie la paura della miseria la ricchezza bisogna farla ballare, muoverla, darle un senso. Sono stata fortunata, mi piace molto il mio lavoro e per lui occorre fare questa partita, i soldi sono pedine, le sposti qua e là. Non è difficile, davvero.
Dino Fabbri era ammirato da quella tranquilla determinazione. Quando se ne andarono lei abbracciò una coppia di vecchi sulla porta delle cucine, poi li presentò a Dino.
- I miei genitori - disse con orgoglio.
- Adesso non ho che debiti – concluse sorridendo.
- Incredibile… - mormorò Dino Fabbri - Ma come hai fatto in così pochi anni ad entrare nel meccanismo ? Voglio dire è una cosa complicata, io credo che…
- No, non lo é. Mi piace. Lo trovo divertente. E’difficile che una cosa che ti diverte ti possa risultare complicata.
- E adesso ?
- Per via del denaro ?
Dino annuì.
- Lo rifarò, ma non è lì la questione. Quello non vale nemmeno perdere il tempo a contarlo, c’è chi lo può fare per te. Vedi io sono stata povera. Ma di una povertà che tu neppure puoi immaginare. Io e tutta la mia famiglia. Proprio fame. Insomma non mi piace la ricchezza in sé. Dopo che ci si toglie la paura della miseria la ricchezza bisogna farla ballare, muoverla, darle un senso. Sono stata fortunata, mi piace molto il mio lavoro e per lui occorre fare questa partita, i soldi sono pedine, le sposti qua e là. Non è difficile, davvero.
Dino Fabbri era ammirato da quella tranquilla determinazione. Quando se ne andarono lei abbracciò una coppia di vecchi sulla porta delle cucine, poi li presentò a Dino.
- I miei genitori - disse con orgoglio.
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