VENTITRE
Leopòld Theroux sfoggiava un sorrisetto da seduttore che lo faceva rassomigliare a Groucho Marx, con il mento letteralmente appoggiato su una spalla di Solange, lasciata nuda dall'abito da sera. Lei fissava l'obbiettivo con curiosità assente. Era una bella immagine. Un involontario omaggio a Weegee o a Diane Arbus. Una delle pochissime di quella striscia di negativi a non essere mossa o fuori fuoco.
Dino Fabbri fece scorrere lentamente il negativo controllando la proiezione sulla parete.
Già in precedenza aveva tentato di stampare qualcosa di quel rullino: aveva voluto verificare se davvero la Polizia Cantonale avrebbe potuto utilizzarlo per ottenere delle foto segnaletiche, ed in effetti Jef e Marcella vi risultavano qua e là perfettamente riconoscibili, ma non aveva trovato altro che lo avesse stimolato, così si era limitato ad archiviare.
Ora si era soffermato su un'inquadratura scomposta, dove Loretta si muoveva alle spalle di Theroux. Né il viso di lei né quello di lui erano perfettamente a fuoco, ma si poteva individuare la digrignata ostilità di Loretta e l'inebetita sorpresa del dottore. Era il fotogramma che precedeva quello dello schiaffo a Saveriano.
Quest'ultimo era un groviglio confuso. Scattato ad un trentesimo di secondo su gesti veementi aveva i contorni delle figure alonati da una persistenza d'immagine che pareva il risultato di una sovrapposizione sfasata di negativi identici. Non erano che ombre aureolate.
Dino Fabbri riportò la testa dell'ingranditore in posizione verticale e impressionò un 18x24.
Fece scorrere il resto del negativo senza più cercare dettagli, incerto su quanto stava facendo e col pensiero fisso all'auto che aveva scoperto con i laboriosi ingrandimenti dello sfondo della foto di Carlotta nel bosco di Theroux.
Rosa non si era più soffermata su quel foglio di provini dov'erano immortalati bianchi oggetti aerei, sfocati su uno sfondo praticamente nero. Dino Fabbri aveva impiegato del tempo a riconoscere le fette di meringata scaraventate in aria dal carrello che Loretta aveva ribaltato con un calcio.
Lei affiorava come una silouette grigia dallo sfondo. Accanto si indovinava la figura di Jef, proteso a trattenerla. Loretta stava allungando un altro calcio, questa volta nel vuoto.
Anche di quell'immagine Dino stampò una copia. Poi, alla luce, si studiò i particolari, senza, sulle prime, vederci nulla che attirasse la sua attenzione.
Quando se ne accorse provò un brivido di emozione.
Si precipitò all'ingranditore ad assicurarsi di non aver stampato i negativi al contrario, più per scrupolo che per reale sospetto, dal momento che la disposizione del tavolo e delle figure intorno non era capovolta. Tornò quindi alle stampe.
Era strano che nessuno in quei giorni cruciali a Les Charbonnières avesse fatto caso a un dato tanto evidente. Eppure era così.
Lasciò la camera oscura con le ultime due copie stampate ancora umide e salì all'appartamento.
Telefonò a Ferruccio e lo invitò a cenare con lui. Il Testoni pareva incerto.
- Mia sorella stasera é occupata...
- Ma chi se ne frega di tua sorella ! Devo parlare con te - si stizzì Dino Fabbri.
- Di cosa ?
- Piantala ! E' importante.
- Guarda che io con i casini di mia sorella non c'entro.
- Falla finita Ferruccio. Non é per lei. E' meglio che ci vediamo, dammi retta.
Il Testoni s'arrese e si diedero appuntamento in una pizzeria del centro.
- Fanno la pizza al metro - informò Ferruccio.
- Splendido - rispose Dino Fabbri prima di abbassare il ricevitore.
Leopòld Theroux sfoggiava un sorrisetto da seduttore che lo faceva rassomigliare a Groucho Marx, con il mento letteralmente appoggiato su una spalla di Solange, lasciata nuda dall'abito da sera. Lei fissava l'obbiettivo con curiosità assente. Era una bella immagine. Un involontario omaggio a Weegee o a Diane Arbus. Una delle pochissime di quella striscia di negativi a non essere mossa o fuori fuoco.
Dino Fabbri fece scorrere lentamente il negativo controllando la proiezione sulla parete.
Già in precedenza aveva tentato di stampare qualcosa di quel rullino: aveva voluto verificare se davvero la Polizia Cantonale avrebbe potuto utilizzarlo per ottenere delle foto segnaletiche, ed in effetti Jef e Marcella vi risultavano qua e là perfettamente riconoscibili, ma non aveva trovato altro che lo avesse stimolato, così si era limitato ad archiviare.
Ora si era soffermato su un'inquadratura scomposta, dove Loretta si muoveva alle spalle di Theroux. Né il viso di lei né quello di lui erano perfettamente a fuoco, ma si poteva individuare la digrignata ostilità di Loretta e l'inebetita sorpresa del dottore. Era il fotogramma che precedeva quello dello schiaffo a Saveriano.
Quest'ultimo era un groviglio confuso. Scattato ad un trentesimo di secondo su gesti veementi aveva i contorni delle figure alonati da una persistenza d'immagine che pareva il risultato di una sovrapposizione sfasata di negativi identici. Non erano che ombre aureolate.
Dino Fabbri riportò la testa dell'ingranditore in posizione verticale e impressionò un 18x24.
Fece scorrere il resto del negativo senza più cercare dettagli, incerto su quanto stava facendo e col pensiero fisso all'auto che aveva scoperto con i laboriosi ingrandimenti dello sfondo della foto di Carlotta nel bosco di Theroux.
Rosa non si era più soffermata su quel foglio di provini dov'erano immortalati bianchi oggetti aerei, sfocati su uno sfondo praticamente nero. Dino Fabbri aveva impiegato del tempo a riconoscere le fette di meringata scaraventate in aria dal carrello che Loretta aveva ribaltato con un calcio.
Lei affiorava come una silouette grigia dallo sfondo. Accanto si indovinava la figura di Jef, proteso a trattenerla. Loretta stava allungando un altro calcio, questa volta nel vuoto.
Anche di quell'immagine Dino stampò una copia. Poi, alla luce, si studiò i particolari, senza, sulle prime, vederci nulla che attirasse la sua attenzione.
Quando se ne accorse provò un brivido di emozione.
Si precipitò all'ingranditore ad assicurarsi di non aver stampato i negativi al contrario, più per scrupolo che per reale sospetto, dal momento che la disposizione del tavolo e delle figure intorno non era capovolta. Tornò quindi alle stampe.
Era strano che nessuno in quei giorni cruciali a Les Charbonnières avesse fatto caso a un dato tanto evidente. Eppure era così.
Lasciò la camera oscura con le ultime due copie stampate ancora umide e salì all'appartamento.
Telefonò a Ferruccio e lo invitò a cenare con lui. Il Testoni pareva incerto.
- Mia sorella stasera é occupata...
- Ma chi se ne frega di tua sorella ! Devo parlare con te - si stizzì Dino Fabbri.
- Di cosa ?
- Piantala ! E' importante.
- Guarda che io con i casini di mia sorella non c'entro.
- Falla finita Ferruccio. Non é per lei. E' meglio che ci vediamo, dammi retta.
Il Testoni s'arrese e si diedero appuntamento in una pizzeria del centro.
- Fanno la pizza al metro - informò Ferruccio.
- Splendido - rispose Dino Fabbri prima di abbassare il ricevitore.
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