domenica 13 aprile 2014

PATRICK e BERNARD




Erano studenti di una scuola di liuteria che mi pare avesse sede a Mantova.
Perchè abitassero a Parma, o meglio in un casale malconcio nella campagna circostante, non l'ho mai saputo e, in quegli anni, non mi è mai parso un fattore degno di interesse. C'erano e andava bene così.
Il casale era privo di riscaldamento, d'inverno si arrangiavano con stufe a legna, ma ambedue parevano apprezzare questa filosofia spartana, che applicavano ad ogni loro espressione esistenziale, con atteggiamenti cool da figli dei fiori che li spingeva a diffidare anche della politicizzazione estremistica dell'ambiente di cui facevano parte, che li ricambiava di pari moneta, tollerandoli più che altro come outsiders integrali.
Non avevano auto e usavano esclusivamente biciclette. Fabbricavano strumenti a corda ma erano anche polistrumentisti provetti.
Patrick era un francese originario del Massiccio Centrale, Bèrnard era un austriaco di Salisburgo.





Bèrnard a sinistra e Patrick alla chitarra
a casa loro, con un'amica, nel 1977.





Patrick




Bèrnard





Se penso a loro ricorre immediatamente inevitabile il ricordo di un istante, in piazza Garibaldi.
Ci eravamo comprati dei coni gelati in un bar della piazza e Patrick si era poi spostato ad un altro, un po' più defilato e sfigato, che esponeva all'esterno quei distributori automatici di allora, che elargivano grazie all'introduzione di una monetina nell'apposita fessura e successiva energica girata di una rondella a farfalla, chewing gum, pallette di plastica trasparente contenenti miserabili sorpresine e, più raramente, nocciole sgusciate. Queste ultime lì c'erano.
Patrick, senza smettere la conversazione aveva provveduto all'operazione dopodichè, con una naturalezza per la quale lo avevo ammirato, si era guarnito il cono di nocciole.
Quel gesto, tanto semplice quanto inaspettato, è tra quelli grazie ai quali posso tornare per un attimo in piazza Garibaldi, posso tornare ad avere per un istante ventisei anni e assaporare quel gelato che aveva il gusto della mia vita di allora.





Patrick nel suo laboratorio

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