Francia,
scudo orgoglioso
di biondo/trecciuti guerrieri armorici,
coccarda comunarda
sul bavero lacero di Arthur Rimbaud.
Un poco mi dispiace
non esser stato francese.
In uno scatto di Doisneau,
in una canzone di Trènet,
proprio lì dentro, in pace.
A tempo fermo, e per sempre.
Spagna
spinta al largo,
all’abbraccio d’oceano,
dalle ondate modeste
del Mediterraneo.
Afferrata all’Europa
dalla stretta di mano
della Francia altezzosa,
sorellastra
in sussiego con lei,
misera e fiera
dal ’36
fino a ieri,
e improvvisa
che poi corre avanti,
ammirabile,
da commuovere,
come se le Brigate
non avessero perso.
Malinconico
portoghese rattoppo
sulle terga in fustagno andaluso,
usurato dal galoppo di onde
cavalcate
come un volo di Pégasi.
Pezza al culo
che anche un re
invidierebbe.
spinta al largo,
all’abbraccio d’oceano,
dalle ondate modeste
del Mediterraneo.
Afferrata all’Europa
dalla stretta di mano
della Francia altezzosa,
sorellastra
in sussiego con lei,
misera e fiera
dal ’36
fino a ieri,
e improvvisa
che poi corre avanti,
ammirabile,
da commuovere,
come se le Brigate
non avessero perso.
Malinconico
portoghese rattoppo
sulle terga in fustagno andaluso,
usurato dal galoppo di onde
cavalcate
come un volo di Pégasi.
Pezza al culo
che anche un re
invidierebbe.
Polonia polacca, rubizza e iraconda,
compatta come non era mai stata, nei secoli,
quasi rotonda.
Alberga nel suo cuore disilluso
un po’ di tutto:
da un’Auschwitz mai davvero
rinnegata
a un papa francamente farabutto.
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