SETTE
Carlotta non gli aveva dato tutta la soddisfazione che si era aspettato, ma in realtà si era più che sorpresa.
- Questa poi !...
Aveva continuato a mormorare mentre Dino Fabbri le mostrava l'album.
- Scopavano di sicuro - diceva lui, e lei rispondeva che sì, forse, ma era azzardato, e intanto si tormentava, come a cercare una via d'uscita.
- E il ragazzo é figlio suo !
Dino Fabbri si era lanciato nell'affondo finale.
- Ma dai !
- Sono identici ! Guarda qua !
- Mi sembra troppo...
- Perché non glielo chiedi ?
Aveva ridacchiato lui.
- A chi ? A Theroux ?
- Già.
- Sei matto.
- Hai paura ?
- Paura ? Ma di che ?
- Non so. Allora perché non chiederglielo.
- Ma sei veramente matto ! Cosa vuoi che faccia ? Che vada lì e gli dica: ah, mentre mi ricordo, mio marito ha ficcato il naso negli affari di casa Lehrmann e si é cacciato in testa che tu e la madre di Solange eravate amanti e che, anzi, tu saresti il padre vero di Jean-Claude. Cosa mi rispondi in proposito ?
- Non proprio così, ma qualcosa del genere.
Dino Fabbri ridacchiava. Carlotta scosse la testa e richiuse l'album sul letto, alzandosi.
- Rimetti tutto a posto. Queste non sono cose che ci riguardano.
- Ci riguardano eccome !
Sbottò lui.
- Mi hai appena comunicato che abbiamo in progetto di trasferirci qui, nell'amenità della Vallée de Joux, circondati da picchiatelli e dai loro strizzacervelli !
- Non t'azzardare ! - urlò Carlotta.
- Ah ! Certo ! Io devo stare zitto ! Venire al seguito ! Ci pensi tu no ?
Dino Fabbri assunse un tono in falsetto, abbozzò una smorfia di sussiego e imitò un gesto caratteristico della moglie: una mossa languida del braccio semiproteso.
- Allora troviamo un bella agenzia a Losanna o a Neuchatel per il piccolo Dino, così lui potrà giocare con le sue macchinette !
- Smettila - disse lei, pacatamente.
- Puoi scordartelo ! Io qui non ci vengo neanche dipinto, e anzi sai che ti dico ? Che faccio fagotto e me ne vado adesso !
- Come vuoi - disse Carlotta, e gli sorrise.
Dino Fabbri tacque. Si stava rendendo conto all'improvviso che non era così facile andarsene da lì. Non lo poteva certo fare in bicicletta, ed era l'unico mezzo di locomozione che avesse a disposizione. Forse in paese c'era un servizio di taxi, ma era poco probabile. Certo doveva passarci una linea di pullman. Non gli risultava che ci fosse una stazione ferroviaria. Non sapeva come rintracciare quell'idiota di Ferruccio Testoni, se non andandolo a cercare a casaccio a Bas des Bioux. Non era in grado di farsi comprendere da Solange.
Qualcosa del suo repentino smarrimento doveva essere affiorato, perché Carlotta ora sorrideva con una serenità inoppugnabile.
- Sai cosa facciamo oggi ? Ci procuriamo un'auto, così ti sentirai più a tuo agio. Non devi vivere come uno al soggiorno obbligato.
Dino Fabbri guardò sua moglie e si chiese come facesse a posizionarsi sempre in quel territorio di vantaggio senza ostentazioni.
Lei chiamò Solange in studio, a Yverdon, e in un quarto d'ora risolse il problema. Telefonò all'autonoleggio, fu essenziale e cortese, nel suo francese impeccabile. Ad un certo punto posò la mano sulla cornetta e si rivolse a Dino.
- Ford o Peugeot ?
- E' lo stesso - mugugnò lui.
Lei optò per la Peugeot.
- E decapottabile, mi ha detto quell'uomo al telefono. Carina no ?
Dino Fabbri ammise che per quelle nuove giornate di sole era una buona cosa.
- Allora: domani Solange va in studio solo verso mezzogiorno, quindi prima ti può accompagnare a ritirare l'auto. E' tutto sistemato. Vorranno probabilmente la tua patente da fotocopiare e naturalmente questi.
Posò sul tavolino d'ingresso una mazzetta di franchi.
- Là comunque, se necessario, l'inglese lo parlano di certo. Alle due Solange va da un cliente a Orbe. Ti farà strada, poi da Orbe a qui basta tirare dritto, o.k ?
Dino Fabbri annuì, mortificato come un ragazzino.
- Stasera a cena tu e lei vi mettete d'accordo per domattina e tutto é a posto.
- Sì.
- Ti va di fare due passi ? C'é un bel sole.
- Sì.
- Così vediamo di farci passare il malumore eh ?
Fuori la giornata era luminosa, smaltata di sole pacato.
Si avviarono per un viottolo che avevano percorso già altre volte, che a tratti seguiva il corso dell'Orbe per poi allontanarsene, tra pascoli e macchie di vegetazione.
Carlotta tornò sull'argomento Theroux con leggerezza, raccontando aneddoti riguardo a una fidanzata che il dottore aveva a Nyon, un'antropologa alta quasi quanto lui e robusta, con capelli bianchi tagliati a spazzola, dentatura equina ingiallita dalla nicotina e, pare, un senso dell'umorismo travolgente. Non si vedevano più di due o tre volte l'anno. Da almeno dieci anni. La figlia che Theroux aveva avuto dalla moglie abbandonata lavorava con lei. Come questo si fosse reso possibile Carlotta non sapeva.
Sedettero su una panca che era stata allestita tutt'attorno al tronco gigantesco di una quercia e Dino Fabbri appoggiò la schiena alla corteccia ruvida alzando lo sguardo sul fogliame che lasciava filtrare barbagli di luce, qua e là.
Tutta la rabbia impotente di prima si era stemperata in uno stato di semiabbandono, di velata rassegnazione.
Presentiva che tutto quanto gli stava accadendo era l'annuncio di una tranquilla infelicità a venire.
Carlotta si guardava attorno beandosi di quel tepore agreste. Vestiva con un'eleganza sportiva ineccepibile e neutra. Dimostrava una maturità superiore a quella dei suoi anni. Era molto carina e priva di sex-appeal.
Dino Fabbri seguiva i suoi gesti misurati ad occhi socchiusi, appoggiato al tronco come a volerci sonnecchiare contro.
C'erano refoli di vento che animavano di sussurri il fogliame sopra di loro.
L'atmosfera invitava al riposo e anche al sesso. Lì, isolati nella campagna ordinata, senza anima viva che si aggirasse attorno, col sole che dardeggiava su covoni alti come capanne, il canto petulante degli uccellini che frullavano tra i rami della quercia, il tambureggiare lontano dello scorrere del torrente.
A Dino Fabbri venne in mente l'assistente coreografa e provò un tuffo al cuore, un'ansia che sfociò in una rapida erezione.
Guardò Carlotta e non la desiderò, e tutto gli fu chiaro. Provava per lei un sentimento in cui l'attrazione fisica aveva costituito un elemento temporaneo, che si era dileguato. Gli era piaciuto essere suo marito, partecipare a quel menage sopra le parti, credere di poter guardare gli affanni del resto del mondo con benevolente distacco. E adesso si rendeva conto di non essere stato "progettato" per appartenere a quella dimensione. Lui era di quelli destinati a dibattersi, essere insofferenti ed arrivare sempre ad un filo dalla realizzazione dei propri propositi. Era probabilmente un vocato al fallimento ma si piaceva, gli piaceva quell'aspetto di sé che forse piaceva anche agli altri - che sicuramente era piaciuto a Carlotta - costituito di soprassalti emotivi, entusiasmi e ritrosie, sempre in bilico, sempre con quello spirito da fuggiasco, infantile, coraggioso senza necessità, pavido senza rendersene conto.
Adesso era lì che aderiva con la schiena alla corteccia del tronco, in preda ad un accesso di erotismo panico accanto ad una donna che accavallava le lunghe gambe pallide che lui non era tentato di accarezzare. Sua moglie. Provò per lei una tenerezza inaspettata. Chiuse gli occhi e comparve Solange.
La immaginò a letto, un po’ brilla, e si immaginò sopra di lei.
L'erezione compressa contro i jeans gli procurava un gradevole disagio.
- Theroux é innamorato di me.
Disse Carlotta. Dino Fabbri si affrettò a far svanire l'immagine sua e di Solange come se davvero avessero rischiato d'esser sorpresi a letto insieme.
Aprì gli occhi.
Carlotta gli dava le spalle, guardava verso i campi. Teneva tra i denti un lungo filo di paglia.
- Succede, nel nostro mestiere. Ma non immaginavo che potesse raggiungere questi livelli. Soprattutto per uno come lui.
Si girò verso Dino, che taceva.
- Era successo anche a me, nei suoi confronti, all'inizio della personale. Un transfert furibondo, ma era normale. Piangevo e lo imploravo di prendermi, di scoparmi, di fare di me la sua donna. Volevo che mi mettesse incinta.
Dino Fabbri deglutì, a disagio.
- E' normale in un paziente con grossi problemi. Peggio stai tu, più é bravo il tuo analista e più si sviluppa questo amore ossessivo. Che naturalmente non é amore ma bisogno, e che fortunatamente é destinato a ridimensionarsi, in stima, affetto, amicizia. Del resto é difficile distinguere anche in condizioni normali, no ?
Dino Fabbri alzò le sopracciglia come a manifestare la sua incapacità di giudicare.
- Comunque... - proseguì Carlotta - Quella sua di adesso é una cosa un po’ più complessa. Non so se si possa considerare un vero e proprio controtransfert. Ormai siamo colleghi. Parliamo più che altro di lavoro. Io non sono più la stessa che sdraiata sul lettino vomitava tutto il suo malessere. E' tutto molto più complicato.
Dino Fabbri provava l'incontrastabile e ingiustificata tentazione di distrarsi.
- ...Mi ha detto che il matrimonio con te é stato un errore colossale, un equivoco. Che noi non ci amiamo e che prima o poi sconteremo questa leggerezza.
Carlotta tornò a portare lo sguardo verso i campi. Dino Fabbri continuò a tacere.
- Dice anche che il nostro matrimonio sta minando il mio equilibrio. Che il mio lavoro ne risentirà. Naturalmente io non ci credo, anche perché subito dopo ha cercato di saltarmi addosso, sussurrandomi che mi ama, che mi sposerebbe subito dopo il divorzio...Ho dovuto spingerlo via.
Dino Fabbri cercava l'energia per dire qualcosa senza trovarla.
- E' molto imbarazzante - concluse Carlotta - per fortuna passerà.
- Come passerà ? - chiese finalmente lui - perché intendi continuare ?
Carlotta gli rivolse uno sguardo sorpreso.
- Ma naturalmente ! Non capisci ? Adesso é lui che ha bisogno di me. La situazione si é capovolta, almeno temporaneamente. E' come se, in un certo senso, fossi diventata io la sua analista. e' ovvio che ho il dovere di affrontare la situazione.
- Ma dai !
- Non puoi capire...
- E io cosa dovrei fare ? Venir lì e continuare a far finta di nulla ?
Carlotta lo interruppe.
- Io ti ho fatto una confidenza e non avrei dovuto, anche se sei mio marito. Ma ora tu mi giuri, qui, adesso, che non dirai assolutamente nulla che possa far sospettare al dottor Theroux che sai quello che avviene nel suo studio. Sarebbe una cosa gravissima e sulla quale non transigerei mai.
Carlotta aveva assunto quel distacco vitreo, implacabile, che Dino Fabbri le aveva riconosciuto in pochissime altre occasioni. Disse:
- Va bene. Però fammi il favore, lascia che torni a casa per un po’. Io non sono ancora pronto per stare qui.
Carlotta sorrise.
- Hai ragione. Devi solo avere ancora un po’ di pazienza. Questione di giorni. Potrai tornare indietro con Ferruccio, poi tutto s'aggiusterà. Abbiamo una bella vita che ci aspetta, vedrai.
Carlotta allungò una mano a spettinargli i capelli e lui, per la prima volta, dubitò delle parole di lei.
Carlotta non gli aveva dato tutta la soddisfazione che si era aspettato, ma in realtà si era più che sorpresa.
- Questa poi !...
Aveva continuato a mormorare mentre Dino Fabbri le mostrava l'album.
- Scopavano di sicuro - diceva lui, e lei rispondeva che sì, forse, ma era azzardato, e intanto si tormentava, come a cercare una via d'uscita.
- E il ragazzo é figlio suo !
Dino Fabbri si era lanciato nell'affondo finale.
- Ma dai !
- Sono identici ! Guarda qua !
- Mi sembra troppo...
- Perché non glielo chiedi ?
Aveva ridacchiato lui.
- A chi ? A Theroux ?
- Già.
- Sei matto.
- Hai paura ?
- Paura ? Ma di che ?
- Non so. Allora perché non chiederglielo.
- Ma sei veramente matto ! Cosa vuoi che faccia ? Che vada lì e gli dica: ah, mentre mi ricordo, mio marito ha ficcato il naso negli affari di casa Lehrmann e si é cacciato in testa che tu e la madre di Solange eravate amanti e che, anzi, tu saresti il padre vero di Jean-Claude. Cosa mi rispondi in proposito ?
- Non proprio così, ma qualcosa del genere.
Dino Fabbri ridacchiava. Carlotta scosse la testa e richiuse l'album sul letto, alzandosi.
- Rimetti tutto a posto. Queste non sono cose che ci riguardano.
- Ci riguardano eccome !
Sbottò lui.
- Mi hai appena comunicato che abbiamo in progetto di trasferirci qui, nell'amenità della Vallée de Joux, circondati da picchiatelli e dai loro strizzacervelli !
- Non t'azzardare ! - urlò Carlotta.
- Ah ! Certo ! Io devo stare zitto ! Venire al seguito ! Ci pensi tu no ?
Dino Fabbri assunse un tono in falsetto, abbozzò una smorfia di sussiego e imitò un gesto caratteristico della moglie: una mossa languida del braccio semiproteso.
- Allora troviamo un bella agenzia a Losanna o a Neuchatel per il piccolo Dino, così lui potrà giocare con le sue macchinette !
- Smettila - disse lei, pacatamente.
- Puoi scordartelo ! Io qui non ci vengo neanche dipinto, e anzi sai che ti dico ? Che faccio fagotto e me ne vado adesso !
- Come vuoi - disse Carlotta, e gli sorrise.
Dino Fabbri tacque. Si stava rendendo conto all'improvviso che non era così facile andarsene da lì. Non lo poteva certo fare in bicicletta, ed era l'unico mezzo di locomozione che avesse a disposizione. Forse in paese c'era un servizio di taxi, ma era poco probabile. Certo doveva passarci una linea di pullman. Non gli risultava che ci fosse una stazione ferroviaria. Non sapeva come rintracciare quell'idiota di Ferruccio Testoni, se non andandolo a cercare a casaccio a Bas des Bioux. Non era in grado di farsi comprendere da Solange.
Qualcosa del suo repentino smarrimento doveva essere affiorato, perché Carlotta ora sorrideva con una serenità inoppugnabile.
- Sai cosa facciamo oggi ? Ci procuriamo un'auto, così ti sentirai più a tuo agio. Non devi vivere come uno al soggiorno obbligato.
Dino Fabbri guardò sua moglie e si chiese come facesse a posizionarsi sempre in quel territorio di vantaggio senza ostentazioni.
Lei chiamò Solange in studio, a Yverdon, e in un quarto d'ora risolse il problema. Telefonò all'autonoleggio, fu essenziale e cortese, nel suo francese impeccabile. Ad un certo punto posò la mano sulla cornetta e si rivolse a Dino.
- Ford o Peugeot ?
- E' lo stesso - mugugnò lui.
Lei optò per la Peugeot.
- E decapottabile, mi ha detto quell'uomo al telefono. Carina no ?
Dino Fabbri ammise che per quelle nuove giornate di sole era una buona cosa.
- Allora: domani Solange va in studio solo verso mezzogiorno, quindi prima ti può accompagnare a ritirare l'auto. E' tutto sistemato. Vorranno probabilmente la tua patente da fotocopiare e naturalmente questi.
Posò sul tavolino d'ingresso una mazzetta di franchi.
- Là comunque, se necessario, l'inglese lo parlano di certo. Alle due Solange va da un cliente a Orbe. Ti farà strada, poi da Orbe a qui basta tirare dritto, o.k ?
Dino Fabbri annuì, mortificato come un ragazzino.
- Stasera a cena tu e lei vi mettete d'accordo per domattina e tutto é a posto.
- Sì.
- Ti va di fare due passi ? C'é un bel sole.
- Sì.
- Così vediamo di farci passare il malumore eh ?
Fuori la giornata era luminosa, smaltata di sole pacato.
Si avviarono per un viottolo che avevano percorso già altre volte, che a tratti seguiva il corso dell'Orbe per poi allontanarsene, tra pascoli e macchie di vegetazione.
Carlotta tornò sull'argomento Theroux con leggerezza, raccontando aneddoti riguardo a una fidanzata che il dottore aveva a Nyon, un'antropologa alta quasi quanto lui e robusta, con capelli bianchi tagliati a spazzola, dentatura equina ingiallita dalla nicotina e, pare, un senso dell'umorismo travolgente. Non si vedevano più di due o tre volte l'anno. Da almeno dieci anni. La figlia che Theroux aveva avuto dalla moglie abbandonata lavorava con lei. Come questo si fosse reso possibile Carlotta non sapeva.
Sedettero su una panca che era stata allestita tutt'attorno al tronco gigantesco di una quercia e Dino Fabbri appoggiò la schiena alla corteccia ruvida alzando lo sguardo sul fogliame che lasciava filtrare barbagli di luce, qua e là.
Tutta la rabbia impotente di prima si era stemperata in uno stato di semiabbandono, di velata rassegnazione.
Presentiva che tutto quanto gli stava accadendo era l'annuncio di una tranquilla infelicità a venire.
Carlotta si guardava attorno beandosi di quel tepore agreste. Vestiva con un'eleganza sportiva ineccepibile e neutra. Dimostrava una maturità superiore a quella dei suoi anni. Era molto carina e priva di sex-appeal.
Dino Fabbri seguiva i suoi gesti misurati ad occhi socchiusi, appoggiato al tronco come a volerci sonnecchiare contro.
C'erano refoli di vento che animavano di sussurri il fogliame sopra di loro.
L'atmosfera invitava al riposo e anche al sesso. Lì, isolati nella campagna ordinata, senza anima viva che si aggirasse attorno, col sole che dardeggiava su covoni alti come capanne, il canto petulante degli uccellini che frullavano tra i rami della quercia, il tambureggiare lontano dello scorrere del torrente.
A Dino Fabbri venne in mente l'assistente coreografa e provò un tuffo al cuore, un'ansia che sfociò in una rapida erezione.
Guardò Carlotta e non la desiderò, e tutto gli fu chiaro. Provava per lei un sentimento in cui l'attrazione fisica aveva costituito un elemento temporaneo, che si era dileguato. Gli era piaciuto essere suo marito, partecipare a quel menage sopra le parti, credere di poter guardare gli affanni del resto del mondo con benevolente distacco. E adesso si rendeva conto di non essere stato "progettato" per appartenere a quella dimensione. Lui era di quelli destinati a dibattersi, essere insofferenti ed arrivare sempre ad un filo dalla realizzazione dei propri propositi. Era probabilmente un vocato al fallimento ma si piaceva, gli piaceva quell'aspetto di sé che forse piaceva anche agli altri - che sicuramente era piaciuto a Carlotta - costituito di soprassalti emotivi, entusiasmi e ritrosie, sempre in bilico, sempre con quello spirito da fuggiasco, infantile, coraggioso senza necessità, pavido senza rendersene conto.
Adesso era lì che aderiva con la schiena alla corteccia del tronco, in preda ad un accesso di erotismo panico accanto ad una donna che accavallava le lunghe gambe pallide che lui non era tentato di accarezzare. Sua moglie. Provò per lei una tenerezza inaspettata. Chiuse gli occhi e comparve Solange.
La immaginò a letto, un po’ brilla, e si immaginò sopra di lei.
L'erezione compressa contro i jeans gli procurava un gradevole disagio.
- Theroux é innamorato di me.
Disse Carlotta. Dino Fabbri si affrettò a far svanire l'immagine sua e di Solange come se davvero avessero rischiato d'esser sorpresi a letto insieme.
Aprì gli occhi.
Carlotta gli dava le spalle, guardava verso i campi. Teneva tra i denti un lungo filo di paglia.
- Succede, nel nostro mestiere. Ma non immaginavo che potesse raggiungere questi livelli. Soprattutto per uno come lui.
Si girò verso Dino, che taceva.
- Era successo anche a me, nei suoi confronti, all'inizio della personale. Un transfert furibondo, ma era normale. Piangevo e lo imploravo di prendermi, di scoparmi, di fare di me la sua donna. Volevo che mi mettesse incinta.
Dino Fabbri deglutì, a disagio.
- E' normale in un paziente con grossi problemi. Peggio stai tu, più é bravo il tuo analista e più si sviluppa questo amore ossessivo. Che naturalmente non é amore ma bisogno, e che fortunatamente é destinato a ridimensionarsi, in stima, affetto, amicizia. Del resto é difficile distinguere anche in condizioni normali, no ?
Dino Fabbri alzò le sopracciglia come a manifestare la sua incapacità di giudicare.
- Comunque... - proseguì Carlotta - Quella sua di adesso é una cosa un po’ più complessa. Non so se si possa considerare un vero e proprio controtransfert. Ormai siamo colleghi. Parliamo più che altro di lavoro. Io non sono più la stessa che sdraiata sul lettino vomitava tutto il suo malessere. E' tutto molto più complicato.
Dino Fabbri provava l'incontrastabile e ingiustificata tentazione di distrarsi.
- ...Mi ha detto che il matrimonio con te é stato un errore colossale, un equivoco. Che noi non ci amiamo e che prima o poi sconteremo questa leggerezza.
Carlotta tornò a portare lo sguardo verso i campi. Dino Fabbri continuò a tacere.
- Dice anche che il nostro matrimonio sta minando il mio equilibrio. Che il mio lavoro ne risentirà. Naturalmente io non ci credo, anche perché subito dopo ha cercato di saltarmi addosso, sussurrandomi che mi ama, che mi sposerebbe subito dopo il divorzio...Ho dovuto spingerlo via.
Dino Fabbri cercava l'energia per dire qualcosa senza trovarla.
- E' molto imbarazzante - concluse Carlotta - per fortuna passerà.
- Come passerà ? - chiese finalmente lui - perché intendi continuare ?
Carlotta gli rivolse uno sguardo sorpreso.
- Ma naturalmente ! Non capisci ? Adesso é lui che ha bisogno di me. La situazione si é capovolta, almeno temporaneamente. E' come se, in un certo senso, fossi diventata io la sua analista. e' ovvio che ho il dovere di affrontare la situazione.
- Ma dai !
- Non puoi capire...
- E io cosa dovrei fare ? Venir lì e continuare a far finta di nulla ?
Carlotta lo interruppe.
- Io ti ho fatto una confidenza e non avrei dovuto, anche se sei mio marito. Ma ora tu mi giuri, qui, adesso, che non dirai assolutamente nulla che possa far sospettare al dottor Theroux che sai quello che avviene nel suo studio. Sarebbe una cosa gravissima e sulla quale non transigerei mai.
Carlotta aveva assunto quel distacco vitreo, implacabile, che Dino Fabbri le aveva riconosciuto in pochissime altre occasioni. Disse:
- Va bene. Però fammi il favore, lascia che torni a casa per un po’. Io non sono ancora pronto per stare qui.
Carlotta sorrise.
- Hai ragione. Devi solo avere ancora un po’ di pazienza. Questione di giorni. Potrai tornare indietro con Ferruccio, poi tutto s'aggiusterà. Abbiamo una bella vita che ci aspetta, vedrai.
Carlotta allungò una mano a spettinargli i capelli e lui, per la prima volta, dubitò delle parole di lei.
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