martedì 11 marzo 2014

I MORTI NON SANNO NULLA 5



                                       CINQUE


Nella settimana successiva ricomparve il sole, si alzò la temperatura e anche nella Vallée de Joux tornò l'estate.
Dino Fabbri poté finalmente apprezzare la confortevole quiete del paesaggio, i declivi boscosi, la compostezza dei villaggi, il turismo discreto sul lago, a pochi chilometri dalla casa di Solange, che lui raggiungeva in bicicletta lungo una strada fiancheggiata da platani i cui tronchi erano stati dipinti con fasce bianche e che bisbigliavano perennemente, solleticati dalla brezza.
Fin dal primo giorno si era dato un'organizzazione ferrea, determinato a non apparire a sua moglie incapace di adeguarsi al mondo in cui, suo malgrado, era stato calato.
Jef passava a prenderla al mattino, verso le otto.
La seduta di " controllo" durava per tutto l'arco della mattinata, poi lei si fermava a casa del dottore per uno spuntino e, dopo il caffé, Jef la riconduceva a Vaulion.
Nel pomeriggio, sul lettino dello studio di Theroux, appoggiava la sua paranoia Cesare Saveriano.
Quasi ogni sera poi tornavano a Les Charbonnières con Solange, sempre ospiti del dottore. Nell'arco di una settimana erano sfuggiti al rituale due volte soltanto. Al ritorno di Carlotta, nel primo pomeriggio, loro due organizzavano passeggiate nei dintorni, progettavano escursioni per il week-end, passavano il tempo a leggere in riva al lago o a pedalare per stradine tra campi recintati e vecchie fattorie.
Al mattino Dino Fabbri, lasciato solo nell'appartamento, si rifugiava nel "ripostiglio" affacciato sul giardino e vagliava con cura il contenuto di armadi e cassetti.
Aveva preso a scattare fotografie dell'ambiente, dettagli di oggetti che a mano a mano lo incuriosivano.
Negli armadi erano pigiati abiti femminili, probabilmente appartenuti alla madre di Solange. Tailleurs, camicette, soprabiti, persino biancheria. Erano ordinati con cura, ancora sottilmente impregnati del profumo che doveva essere stato il suo.
Una credenza era stipata di documenti di famiglia, atti notarili, polizze assicurative scadute. In una cartellina c'erano ritagli di riviste turistiche che riguardavano il Senegal, le Baleari, la Costa Azzurra, la Corsica, con annotazioni scritte a mano. La madre di Solange doveva essere stata per un certo tempo indecisa su dove trasferire il proprio domicilio.
In un'altro fascicolo c'erano ritagli d'un quotidiano locale. La carta cominciava ad ingiallire e gli articoli riguardavano iniziative municipali patrocinate da monsieur Felìx Lehrmann, che spesso era ritratto in fotografia.
Così Dino Fabbri ebbe modo d'indagare l'aspetto del padre di Solange, morto ormai da più di vent'anni, quando ancora Solange era piccola e il fratello nato da poco.
Era un ometto dall'aspetto battagliero, del genere che si trova spesso negli individui di bassa statura, che ostentava un'eleganza ingessata su un fisico pingue. La donna che spesso era accanto a lui, e di cui Dino Fabbri dovette accertare a più riprese l'identità tornando con lo sguardo alle didascalie sotto le foto, era davvero sua moglie. Nonostante la bassa qualità delle immagini appariva evidente che era molto bella.
Sovrastava in altezza il marito che, paragonato agli sconosciuti ritratti con lui, non doveva superare il metro e sessanta. Sorrideva a metà, come indecisa.
I necrologi in occasione della morte di Felìx Lehrmann erano sfilze interminabili di nomi. In un ritaglio di qualche tempo dopo si accennava al tragico incidente che ne aveva causato la dipartita, senza specificazioni.
Dino Fabbri, armato di cavalletto e lenti addizionali, fotografava tutto con scrupolo d'archivista, senza aver idea di come avrebbe potuto poi comporre quel materiale.
Dopo aver visto la madre di Solange in viso tornò all'armadio e agli abiti di lei.
Affondò il viso nelle stoffe, palpeggiò gli abiti, imbarazzato per quell'inconsulto accesso di feticismo.
Da un cassettone vennero sorprese ancor più stimolanti. Album fotografici con i fogli in cartoncino nero separati da pagine di carta velina e sui quali le istantanee erano applicate con angolini autoadesivi.
La disposizione era metodica, ordinata cronologicamente con listelli di carta incollata su cui erano indicati i nomi delle persone ritratte, i luoghi, le date.
Dino Fabbri provò un istintivo desiderio di appropriarsene, poi prese a sfogliare gli album con cura.
La madre di Solange si chiamava Claire.
C'erano foto di Felìx neonato, bambino, adolescente collegiale, giovanotto negli anni '40, elegantissimo e magro. Felìx e la sua famiglia.
Di Claire bambina non c'era che un'immagine. Un nucleo contadino di fronte a una baita: un uomo e una donna in piedi e i loro figli accovacciati in fila. La terza da sinistra, irriconoscibile, era lei.
Nessuno  sorrideva all'obbiettivo.
Prima di ritrovarla occorreva sfogliare parecchie pagine. Ricompariva, sopra la dicitura " C. Saint Aubin juillet 1957 ". Era ritratta in costume da bagno sul terrazzo di quello che probabilmente era uno stabilimento balneare sul lago di Neuchatel.
Seduta sulla ringhiera, protesa leggermente in avanti, con un sorriso perplesso che tradiva un'età ancora adolescenziale nonostante il fisico da pin up. Pareva in attesa di qualcosa.
Nelle pagine successive Felìx era sempre con lei. Il matrimonio,  i battesimi dei figli, i viaggi. Un ultimo ritratto di lui, utilizzato probabilmente per l'epigrafe, pareva chiudere un ciclo.
Negli altri album l'attenzione era dedicata esclusivamente a Solange e al fratello Jean Claude. Di Claire non c'era più traccia.
Dino Fabbri ricominciò da capo, soffermandosi con più cura ad ogni pagina.
Aveva scovato in un cassetto una lente d'ingrandimento e si studiava i volti delle foto di gruppo: quelle scattate durante i viaggi, le serate di gala, le feste di beneficenza.
Felìx riusciva sempre a cacciarsi in primo piano, al centro del gruppo; a volte Claire gli era accanto, più spesso pareva non ci fosse, ma ad un'indagine più accurata la si ritrovava come rifugiata ai margini dell'inquadratura, elegante, bellissima, con un sorriso indifferente rivolto all'obbiettivo.
Alla tavolata d'un Capodanno che risaliva al '61, due anni prima della morte di Felìx, Claire sorrideva in modo luminoso.
La foto era stata scattata con un grandangolo piuttosto spinto dalla posizione del capotavola, per poter inquadrare tutti i commensali.
Monsieur Felìx Lehrmann era naturalmente il primo sulla destra, con la sua faccia rotonda ed enfiata come direttamente appoggiata sul vistoso papillon dello smoking.
Claire era invece in fondo alla tavolata, impercettibilmente sfocata, resa lontanissima dalla falsità della prospettiva.
Indossava un abito che le lasciava le spalle nude, portava i capelli raccolti in una crocchia invisibile e la sua fisionomia era quasi irriconoscibile. Dai lobi delle orecchie scoperte le pendevano orecchini a goccia. Sfoggiava un sorriso quasi di sfida, di allegria preoccupante.
In tutte le fotografie precedenti Dino Fabbri non l'aveva mai vista così.
Alzò la lente per osservarla con maggior attenzione e nell'immagine, sul margine deformato dalla convessità, comparve qualcosa di vagamente familiare.
Dino Fabbri spostò la lente sulla figura accanto a quella di Claire. Un uomo si sporgeva un poco in avanti per entrare nell'inquadratura. Nel farlo dava l'impressione di appoggiarsi in qualche modo a lei. Era magrissimo, con rotondi occhialetti da miope, guance scavate, naso aquilino, un paio di baffetti sottili.
Dino Fabbri scostò la lente e scese con gli occhi alla didascalia. Era proprio lui. Dottor Leopòld Theroux. Più magro d'una ventina di chili, con una montatura d'occhiali antiquata, degli imprevedibili baffetti da gigolò, ma era lui.
Dino alzò lo sguardo al giardino sul retro  fissandolo sulle propaggini dei rilievi boscosi.
Nulla di più normale che da quelle parti si conoscessero tutti e che dunque, durante un Capodanno di ventitre anni prima, la madre di Solange sedesse casualmente accanto al dottor Theroux.
Eppure a Dino Fabbri aveva fatto uno strano effetto. Forse per quell'essere così mutata lei, nel sorridere, nel proporsi all'obbiettivo.
Sfogliò ancora gli album cercandolo. Theroux ricomparve in un paio di occasioni.
Prima durante un ballo in maschera, riconoscibile Pierrot. Lontana da lui Claire affiancava il marito in veste di seducente Giuseppina Beauharnais per un credibile, anche se esilarante Bonaparte.
Il dottore riappariva poi, questa volta accanto a lei, di nuovo con l'atteggiamento un po’ incombente della foto di Capodanno, come se una parte del corpo di lui toccasse il corpo di lei senza che l'obiettivo potesse confermarlo.
"Una mano sul culo" pensò Dino Fabbri" Le sta mettendo una mano sul culo."
Erano sul ponte di una nave da crociera, a Panama.
Lei era leggermente piegata in avanti, come se stesse perdendo l'equilibrio, ma sorrideva come nella foto di Capodanno. Lui si scorgeva solo per metà. Felìx non era tra le persone ritratte.
"Questi due scopavano" pensò Dino Fabbri.
E ancora non ci sarebbe stato nulla di strano, se non che Claire Lehrmann era una donna bellissima che si era presa  come marito una specie di nano grasso e poi, forse, come amante, un perticone disarticolato.
Ciò che tormentava Dino Fabbri era il non ricordare esattamente quello che gli aveva raccontato Carlotta. Gli pareva che avesse detto che Theroux aveva preso casa a Les Charbonnières, nella Vallée de Joux, solo da una decina d'anni. Le foto che lo ritraevano accanto a Claire Lehrmann risalivano invece a più di vent'anni prima.
Si ripromise di interrogare di nuovo la moglie senza insospettirla. Ritirò gli album nell'ordine in cui li aveva trovati e decise di fare un giro in bicicletta verso il lago.

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