giovedì 13 marzo 2014

I MORTI NON SANNO NULLA 6




                                            SEI


Carlotta era tornata a casa, accompagnata come al solito da Jef, verso le due.
Si era gettata sul letto con aria soddisfatta e aveva chiesto a Dino che progetti avesse per il pomeriggio.
- Hai un aspetto allegro - aveva detto lui.
Lei aveva risposto che Theroux le aveva offerto di prendere in cura uno dei suoi pazienti in lista d'attesa.
- Qui ? - aveva chiesto Dino Fabbri, e Carlotta aveva annuito felice.
- Ma...non vuoi che torniamo a casa ?
Carlotta lo aveva invitato a sedere accanto a sé come si fa con un bambino, lo aveva blandito coccolandolo e gli aveva spiegato che lì, proprio in quel posto, c'era il nucleo costitutivo della squadra del dottor Carso. Una mezza dozzina degli esponenti più autorevoli della sua scuola risiedevano nella Vallée de Joux e i pazienti arrivavano da tutta Europa.
- Scusa, ma intenderesti vivere qui ?!
Dino Fabbri si era allarmato; lei era ricorsa a tutta la sua considerevole capacità di persuasione. Il posto era splendido, suo padre non si sarebbe opposto all'idea di comprare per loro una casa da quelle parti. Andava pazzo per la Svizzera, ci viveva sei mesi l'anno, tutti i suoi soldi erano già lì. E poi erano a poca distanza da Losanna, c'erano voli quotidiani che li potevano portare a casa in un'oretta. E naturalmente non si trattava di una soluzione definitiva.
Carlotta sviluppava il suo piano sotto lo sguardo perplesso del marito con il rigore di uno stratega. Quel primo paziente non era che l'inizio. Entrare nella ristretta cerchia degli psicoanalisti residenti nella Vallée significava di fatto entrare nel Gotha della criptoanalisi. La cosa avrebbe avuto risonanza immediata, i pazienti sarebbero aumentati. Dopo un periodo che poteva durare al massimo quattro o cinque anni avrebbero potuto scegliere qualsiasi posto al mondo dove andare a vivere.
- Sì, ma io ?
Chiese imbarazzato Dino Fabbri.
- Tu ?
- Sì, io.
- In che senso ?
- Come in che senso ! Il mio lavoro, la mia vita...
Carlotta era rimasta per una frazione di secondo in uno stato di pensosa riflessione.
- Intendi dire le fotografie, il resto ?
- Già.
- Tesoro mi stai dicendo  che io dovrei essere incerta di fronte a questa occasione perché tu forse, e scusa se insisto su questo forse, avrai chissà quando una proposta di lavoro da gente sul genere Lamberto Piovano ?
Dino Fabbri aveva tentato un abbozzo di resistenza, realizzando nel contempo che sua moglie lo considerava una specie di velleitario sognatore, uno seduto nella sala d'aspetto del fallimento. Eppure era stata proprio lei a complimentare i suoi sporadici successi, ad ammirare certe stampe che lui le aveva mostrato con una certa riottosità.
- Ma puoi farlo qui !
Aveva ribattuto infine, come folgorata da un'idea.
- Adesso m'informo. Ci saranno sicuramente agenzie a Neuchatel o a Losanna. Insomma si troverà senz'altro una soluzione, amore. Fidati di me. Non ti crucciare.
In genere, a quel punto, Dino Fabbri si compiaceva d'arrendersi.
Trovava irresistibile che quella donna di cui sapeva così poco, che così poco si attagliava all'immagine che lui aveva della figura femminile ideale, spesso, all'improvviso, gli sparasse a bruciapelo quelle rassicurazioni anestetiche. Del resto fino a quel momento aveva sempre funzionato.
I " Non ti preoccupare, ci penso io " Carlotta Maltraverso li aveva sempre fatti seguire da un efficiente riscontro pratico. Era vero che negli ultimi tempi, prima della partenza per la Svizzera, sembrava essere precipitata in un limbo di prostrazione, ma ora aveva recuperato tutta la sua sicurezza, e Dino Fabbri era convinto che quello fosse il vero carattere di sua moglie. Ne era in qualche modo orgoglioso.
Così accettò l'idea di un prossimo trasferimento in terra elvetica con l'ottimismo transitorio ma necessario di chi é abituato a tenersi in bilico, e che raramente ha occasione di scegliere qualcosa di diverso su cui camminare che non sia il filo del rasoio.
Ma dal momento che comunque quell'accenno di Carlotta alla trascurabilità delle sue opportunità professionali lo aveva ferito, volle tentare una rivincita e affrontò l'argomento Theroux.
- Non m'avevi detto che il tuo strizzacervelli é arrivato qui una decina d'anni fa ? - esordì.
Carlotta, come sempre quando lui apostrofava Theroux in quel modo, si era irrigidita.
- Sì, nove o dieci, non ricordo.
- E prima non ci era stato mai ?
- Ma come vuoi che faccia a saperlo !
- Mi era parso di capire qualcosa del genere.
- Ma, non so...lui é francese, di Annecy. Faceva il giornalista. E' venuto qui per entrare in analisi con Carso. Prima la personale e poi ha deciso di dare una svolta alla sua vita. Ha individuato una vocazione, e ha fatto la didattica. E possiamo ringraziare il cielo perché é un ottimo psicoanalista. Forse era anche un ottimo giornalista, non so, comunque più o meno la storia é questa.
Dino Fabbri fece un cenno d'assenso.
- E tu la madre di Solange l'hai conosciuta - chiese.
- Io ? No, perché ?
- Mah, così. Non sai se lei e Theroux si conoscessero ?
- Lui e la madre di Solange ? Beh... può essere, ma cosa ti viene in mente ?
- Poi ti spiego. Comunque cosa dici ? E' probabile ?
- Ma non so ! Solange non ne ha mai accennato. Credo che me lo avrebbe detto se sua madre e Theroux...ma no, dai ! Lei ha conosciuto il dottore per caso, tramite la madre di Noemì, la ragazzina che hai fatto piangere.
- Che IO ho fatto piangere ?
Carlotta rise ammiccando.
- La madre di Noemì lavorava nello stesso studio di Solange prima di mollare la famiglia. Solange é stata da lei qualche volta ed é in quell'occasione che ha conosciuto Leopòld.
- Lo chiami per nome ?
- E' un collega.
- Comunque sei sicura ?
- Di che ?
- Di Solange con la madre della ragazzina eccetera.
- Ah sì, di questo sì. Me l'ha raccontato lei. E adesso si può sapere il perché di questo interrogatorio ?
- Poi te lo spiego e ti stupirai. Comunque, allora Leopòld Theroux arriva qui, mettiamo dieci anni fa, entra in analisi, poi sceglie di restare, molla il lavoro di giornalista in Francia...
- ...una moglie, che poi é morta, e una figlia che adesso ha trent'anni.
- Ma no !
- Già, già.
- Insomma s'installa qui senza conoscere nessuno, se non Carso, e attacca a lavorare. Poi un giorno, nella villetta che confina con la sua proprietà c'é, che ne so, una festicciola, e supponiamo che lo abbiano invitato e lui così conosce una ragazza minuscola e carina che beve come un uomo, la prende in simpatia e da quel momento  le fa da specie di padre ?
- Beh, da padre direi proprio di no ! - ironizzò Carlotta.
- Le sta addosso come un satiro. E il bello é che lei sembra non rendersene conto.
Dino Fabbri rivolse alla moglie una lunga occhiata prima di allontanarsi, per poi tornare con gli album di fotografie e sedersi accanto a lei.
- Adesso dà un'occhiata qua.
- Che cos'é ? - chiese lei.
- Album. Foto di famiglia. Casa Lehrmann.
- E dove li hai trovati ?
Domandò con leggero stupore Carlotta.
- Di là.
- In soggiorno ?
- No, sulla veranda.
- Nel ripostiglio ?
- Sì.
- E cosa ci facevi lì ?
- Curiosavo.
Carlotta aveva alzato lo sguardo su di lui con un accenno di severità.
- In che senso ?
- Ho frugato dappertutto - rispose lui con entusiasmo - Armadi, cassetti, tutto. E ho scoperto quello che neppure ti immagini. Guarda qua !
Carlotta non aveva abbassato gli occhi sulle pagine degli album ma li aveva tenuti su Dino.
- Cos'hai fatto ?!
- Guarda qua ! - aveva insistito lui.
- Ma come ti sei permesso !
Lui si era sorpreso.
- Permesso ?
- Ma sì ! Hai ficcato il naso nelle cose di questa casa !
- Ma non ci abita nessuno in questa casa !
- E questo che cosa significa ? Ti farebbe piacere che adesso a casa nostra ci fosse qualcuno che fruga tra le tue cose ?
- Sarebbe diverso, sarebbe un ladro che...
- E tu ti sei comportato come un ladro. Se fosse entrata Solange all'improvviso, o anche soltanto io, avresti continuato come se niente fosse ?
- No...beh, cosa c'entra...
- C'entra !
La rigidezza del punto di vista di Carlotta Maltraverso, si rivelò granitica, senza appelli.
Dino Fabbri era imbarazzato. Teneva l'album aperto sulle ginocchia e non osava più richiamare l'attenzione di lei sulle fotografie rivelatrici. Lo salvò il suono inatteso del campanello alla porta.
Carlotta ebbe un gesto di stizza e si avviò ad aprire.
Un attimo dopo ricompariva sulla porta della camera.
- E' Jean-Claude, il fratello di Solange. Mi dice di chiederti se per le tue gite ti andrebbe una bicicletta da corsa. Te la presta al posto di quella che usi adesso. Pensa che gentile ! E' alla porta, dai vieni!
Dino Fabbri si alzò. Quando si trovò di fronte al ragazzo lo fissò con un filo di incredulità.
- Merci - abbozzò, prima che quello sparisse nella penombra delle scale.
- Non é carino ? neppure ti conosce - disse Carlotta. Dino Fabbri fissava la porta d'ingresso.
Jaen-Claude aveva offerto una delle sue biciclette con una voce calda, suadente, adulta nonostante i suoi vent'anni.
Era alto, dinoccolato e magrissimo, sul naso a becco portava un paio d'occhialetti da seminarista e s'era fatto crescere un abbozzo di baffi a orlare il tumido labbro superiore.
- Non hai notato a chi é identico ?
Aveva chiesto Dino Fabbri alla moglie.
- A chi ?
- Se ti decidi a dare un'occhiata a quello che ti volevo far vedere lo saprai.
Aveva concluso lui, avviandosi verso la camera da letto.

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