Qualche sera fa, durante le prove di "Douce France" ( lo so che non ne ho ancora scritto ma è solo questione di tempo ) Elisa, una giovane attrice, troppo giovane per ricordarseli, chiedeva che cosa erano questi cagnetti di cui si accenna nel copione, con testa oscillante, che ornavano sciaguratamente le cappelliere di molte auto negli anni '50/'60.
Stefano ha prontamente lanciato una ricerca in rete e sono comparsi i cagnetti ma soprattutto è comparso un sito molto bello, gestito da Claudio Costantini, che non solo credo sia più o meno mio coetaneo ma è anche di Torino.
Sulle sue pagine ho ritrovato oggetti appartenuti alla sua ma anche alla mia infanzia e quindi spero che non me ne vorrà se ne approfitto, anche perchè per certe cose è veramente unico.
Per tutti gli amanti di oggetti e giochi degli anni '50/'60 consiglio comunque di fare una passeggiata tonificante in http://www.claudiocostantini.it/
Qui sopra sono con Robertino De Filippi che impugna un "Bengalino", nel giardino di quella che allora era casa sua a Rueglio, in una località che mi pare sia detta Turairoli. Bel nome un po' buffo, come lui e anche sua sorella Federica, detta Tata, che nel frattempo suppongo sia diventata nonna.
Questa pubblicità l'ho trovata da Costantini.
Io avevo un Bengala, però di un modello meno diffuso, cromato con calcio nero.
Ma soprattutto imbracciavo questo, sempre prodotto dalla Mondial.
Arma formidabile che, malgrado si inceppasse con frequenza, vantava una potenza di tiro senza paragoni per le rumorose e pericolose battaglie che improvvisavamo allora.
Si armava secondo un principio di avancarica inserendo nella parte anteriore del tamburo i proiettili di gomma...
...e sui perni nel retro del tamburo le capsule detonanti, i famigerati Super Bum, acustico tormento di ogni mamma d'allora.
Sul sito di Costantini ho trovato altre armi giocattolo che hanno fatto parte del mio arsenale infantile.
...e malgrado l'ampio ventaglio di scelte poteva accadere - come in questo caso - che nelle fondine, arrivate rigorosamente dagli Stati Uniti come la camicia, i jeans e gli stivali, invece di pistole tenessi dei supporti da ripiani che, chissà perchè, mi parevano perfettamente atti alla bisogna, per non parlare del raccapricciante cappello carnevalesco di cartone in luogo di quello di feltro, però si sa, i bambini hanno immaginari sfrenati e non sempre decifrabili...
Ma quelli che sul suo sito mi hanno intenerito di più perchè mai più rivisti, nè sentiti nominare, e che se non fossero riapparsi tra l'infinità dei suoi oggetti non mi sarei mai ricordato di aver posseduto sono due giochi.
Il primo era piuttosto stravagante e mi pare che il mio fosse blu.
E questo tubo pieno di mattoncini da costruzione che, come a Caudio, a me piacevano più dei Lego.
C'è anche questo catalogo di un grande magazzino, che per chi non è di Torino non significa nulla, ma per i bambini di allora era un polo sicuramente attrattivo, collocato all'inizio di via Lagrange dove da millenni ora c'è Marvin macchine fotografiche.
E, per inciso, il titolare di Marvin, Mario Martucci con occhiali, compagno di classe all'ultimo anno del liceo.
Dietro di lui, con me, Fulvio Tasso.
Sul sito di Costantini c'è un altro oggetto prodotto da un omonima Marvin, che non è un giocattolo ma che io a suo tempo ho vissuto come tale.
Un portachiavi orologio che mio padre aveva ricevuto in omaggio chissà da chi e che io avevo ottenuto a mia volta da lui, senza neppure doverlo incalzare troppo.
Quando durante l'estate trascorrevo gli ultimi scampoli di libertà dopo il mare a Rueglio, prima del ritorno a scuola, mi capitava frequentemente di giocare con Maria Pia e sua cugina Gabriella che veniva da Parigi.
In Ringhiroglio, altra località dal nome curioso.
Ovviamente loro giocavano con bambole, stoviglie in miniatura e altro materiale protomuliebre.
E' stato allora che con un certo imbarazzo ho chiesto a mia madre di avere una bambola che lei - glielo devo riconoscere - mi ha comprato senza manifestare nessun tipo di perplessità e senza dubitare della mia giustificazione "E' per giocare con Maria Pia, voglio essere il papà di una bambola mia e non delle loro".
Anche un giornaletto ho trovato, che seppur non dimenticato non rivedevo da tempo.
Cucciolo è quello in basso. Sopra c'è l'inseparabile amico Beppe. Erano un po' i Topolino e Pippo de noantri.
A parte i fumetti, strumenti sostanziali d'intrattenimento erano i soldatini e le macchinine.
La ricerca in rete non mi ha dato modo di trovare i soldatini con i quali giocavo mentre sul fronte dei modelli di auto in scala 1:43 ho già scritto nel post "macchinine" del 22 aprile 2013.
Forse vale la pena aggiungere che i modelli particolarmente vicini ad una mia idea di preziosità retrospettiva che non ho ancora recuperato, vuoi perchè non è che li insegua con particolare assiduità vuoi perchè i prezzi sono eccessivi per un capriccio, sono rimasti pochi.
Un paio di Dinky Toys...
...due Sunbeam Alpine.
Mi accadeva di farmi comprare uno stesso modello in differenti versioni piuttosto che modelli diversi.
Mi era successo anche con la Chevrolet Impala della Corgi Toys, che manca all'appello solo con il modello taxi.
Non escludo di ritornare in futuro sull'argomento giochi ed oggetti d'infanzia. Per ora concludo con un vassoio, che è sopravvissuto alla diaspora.
E' un vassoio di latta ma sopra ci sono ritratti tutti i miei beniamini Disney.
Mi piaceva disporci sopra le mie domestiche merende.
Qui sopra sono con Robertino De Filippi che impugna un "Bengalino", nel giardino di quella che allora era casa sua a Rueglio, in una località che mi pare sia detta Turairoli. Bel nome un po' buffo, come lui e anche sua sorella Federica, detta Tata, che nel frattempo suppongo sia diventata nonna.
Robertino nell'estate del 1979
Questa pubblicità l'ho trovata da Costantini.
Io avevo un Bengala, però di un modello meno diffuso, cromato con calcio nero.
Ma soprattutto imbracciavo questo, sempre prodotto dalla Mondial.
Arma formidabile che, malgrado si inceppasse con frequenza, vantava una potenza di tiro senza paragoni per le rumorose e pericolose battaglie che improvvisavamo allora.
Si armava secondo un principio di avancarica inserendo nella parte anteriore del tamburo i proiettili di gomma...
...e sui perni nel retro del tamburo le capsule detonanti, i famigerati Super Bum, acustico tormento di ogni mamma d'allora.
Pit con Anita e Milena Peraglie
ai tempi del Bengala e dal Marines 30
ai tempi del Bengala e dal Marines 30
Sul sito di Costantini ho trovato altre armi giocattolo che hanno fatto parte del mio arsenale infantile.
...e malgrado l'ampio ventaglio di scelte poteva accadere - come in questo caso - che nelle fondine, arrivate rigorosamente dagli Stati Uniti come la camicia, i jeans e gli stivali, invece di pistole tenessi dei supporti da ripiani che, chissà perchè, mi parevano perfettamente atti alla bisogna, per non parlare del raccapricciante cappello carnevalesco di cartone in luogo di quello di feltro, però si sa, i bambini hanno immaginari sfrenati e non sempre decifrabili...
Ma quelli che sul suo sito mi hanno intenerito di più perchè mai più rivisti, nè sentiti nominare, e che se non fossero riapparsi tra l'infinità dei suoi oggetti non mi sarei mai ricordato di aver posseduto sono due giochi.
Il primo era piuttosto stravagante e mi pare che il mio fosse blu.
E questo tubo pieno di mattoncini da costruzione che, come a Caudio, a me piacevano più dei Lego.
C'è anche questo catalogo di un grande magazzino, che per chi non è di Torino non significa nulla, ma per i bambini di allora era un polo sicuramente attrattivo, collocato all'inizio di via Lagrange dove da millenni ora c'è Marvin macchine fotografiche.
E, per inciso, il titolare di Marvin, Mario Martucci con occhiali, compagno di classe all'ultimo anno del liceo.
Dietro di lui, con me, Fulvio Tasso.
Sul sito di Costantini c'è un altro oggetto prodotto da un omonima Marvin, che non è un giocattolo ma che io a suo tempo ho vissuto come tale.
Un portachiavi orologio che mio padre aveva ricevuto in omaggio chissà da chi e che io avevo ottenuto a mia volta da lui, senza neppure doverlo incalzare troppo.
Quando durante l'estate trascorrevo gli ultimi scampoli di libertà dopo il mare a Rueglio, prima del ritorno a scuola, mi capitava frequentemente di giocare con Maria Pia e sua cugina Gabriella che veniva da Parigi.
In Ringhiroglio, altra località dal nome curioso.
Ovviamente loro giocavano con bambole, stoviglie in miniatura e altro materiale protomuliebre.
E' stato allora che con un certo imbarazzo ho chiesto a mia madre di avere una bambola che lei - glielo devo riconoscere - mi ha comprato senza manifestare nessun tipo di perplessità e senza dubitare della mia giustificazione "E' per giocare con Maria Pia, voglio essere il papà di una bambola mia e non delle loro".
Proprio lei.
Ce l'ho ancora tra i pochi
giochi rimasti dell'infanzia.
Pit in Ringhiroglio
Anche un giornaletto ho trovato, che seppur non dimenticato non rivedevo da tempo.
Cucciolo è quello in basso. Sopra c'è l'inseparabile amico Beppe. Erano un po' i Topolino e Pippo de noantri.
A parte i fumetti, strumenti sostanziali d'intrattenimento erano i soldatini e le macchinine.
La ricerca in rete non mi ha dato modo di trovare i soldatini con i quali giocavo mentre sul fronte dei modelli di auto in scala 1:43 ho già scritto nel post "macchinine" del 22 aprile 2013.
Forse vale la pena aggiungere che i modelli particolarmente vicini ad una mia idea di preziosità retrospettiva che non ho ancora recuperato, vuoi perchè non è che li insegua con particolare assiduità vuoi perchè i prezzi sono eccessivi per un capriccio, sono rimasti pochi.
9 giugno 1954
Un paio di Dinky Toys...
...due Sunbeam Alpine.
Mi accadeva di farmi comprare uno stesso modello in differenti versioni piuttosto che modelli diversi.
Mi era successo anche con la Chevrolet Impala della Corgi Toys, che manca all'appello solo con il modello taxi.
Non escludo di ritornare in futuro sull'argomento giochi ed oggetti d'infanzia. Per ora concludo con un vassoio, che è sopravvissuto alla diaspora.
E' un vassoio di latta ma sopra ci sono ritratti tutti i miei beniamini Disney.
Mi piaceva disporci sopra le mie domestiche merende.
giugno 1955
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