giovedì 26 febbraio 2015

CARTOLINE 15/2










C'è stato un tempo remoto, negli anni '30/'40, che i bagni Anita erano così...








...e che la "passeggiata" che correva tra l'Aurelia e la spiaggia era sterrata. 
La struttura dello stabilimento - come si vede al di là delle palme - era però rimasta inalterata, almeno fino ai miei tempi - anni '60 - e forse lo è ancora oggi, chissà...

Riguardo ai Bagni Anita ci sono informazioni e immagini nel post del 20 novembre 2014 "Forever girls 2" ma soprattutto in quello del 17 febbraio 2012 "A proposito di pretesti".








In questa cartolina, in basso, visto dall'alto, c'è l'edificio. 
Il piccolo arco a destra immetteva sulla veranda coperta di glicine che era il nostro luogo di ritrovo elettivo e di cui c'è qualcosa nei post sopracitati. 
Sulla sinistra il terrazzo, affacciato sulla spiaggia.
Su quel terrazzo avevo scattato fotografie con la Voigtlander 6x6 a soffietto di mio padre. 
Alcune sono presenti nei post precedenti ma non la prossima.







Il signore con occhiali baluginanti era il professor Morelli, un mio insegnante di lettere del ginnasio a Torino, sorpreso per caso in quel di Noli e ritratto a sua insaputa.
Allora avevo questo vezzo occasionale di "fumettare" certi scatti, così avevo aggiunto, come a spiare da dietro una colonna, le facce ritagliate di quattro compagni di classe: Cosso, Valli, Giordanengo e Ferraro.
Però mi divertivo di più con fumetti veri e proprii.






 
Lui non ricordo chi fosse mentre i prossimi sono Carlo Rossi
e Barbara Vita Levi, che ricomparirà più avanti.











Gustavo De Pas e Luca Terzolo.
Walter era il bersaglio istituzionale della compagnia.
Nuotatore velocissimo era regolarmente deputato al tentativo del raggiungimento della palla ad ogni inizio di partita nei tornei di pallanuoto che disputavamo con una nostra squadretta denominata "Jajo Junior", misurandoci impavidamente con avversari più grandi di noi.
Oggi so che Walter fa il medico e molti anni dopo d'allora, un po' a sopresa, mi ha spedito delle cartoline (così restiamo in tema).

















 
Ma torniamo sul terrazzo dei Bagni Anita a metà degli anni '60.



 Paolo Sciacca



 Pieralberto Testoni



Mimmo Rivara e Gentile Pirola




 Papi, Mimmo, Paolo e Marina




Adesso potremmo passare allo "Scoglio del prete" partendo da un paio di vecchissime cartoline.
Nella prima c'è una veduta d'insieme che abbraccia i "Bagni Anita" in basso, la struttura incombente dell'Arcivescovado in alto, dal quale si diparte sulla destra il contrafforte di un viottolo sassoso che conduceva al cimitero, infine sempre a destra la macchia scura dello "Scoglio del prete".
Tutti luoghi di riferimento per il nostro stare insieme o "con la compagnia" come si diceva allora.








Nella prossima c'è sempre lo scoglio e, in alto, una cappelletta che era sulla via del cimitero. Ricordo che proprio su quella curva del viottolo una notte avevamo cantato in coro, a squarciagola, "Il problema più importante" e ascoltato in silenzio "La canzone di Marinella" dal mangiadischi, affacciandoci al muretto a guardare il mare e regalandoci le prime perplessità esistenziali corroborate da suoni e profumi e tenebre baluginanti.



















Le due cartoline precedenti risalgono ad un'epoca decisamente remota ma le prossime ritraggono lo scoglio così come ho fatto in tempo a conoscerlo, dal quale ci si poteva ancora tuffare in mare e il cui raggiungimento presupponeva un tratto da percorrere in fila indiana lungo l'Aurelia fino all'altezza di una villa di fronte alla quale si poteva scendere ad una spiaggetta e da lì ad una casupola cantoniera, una specie di capanno per attrezzi, addossata allo scoglio e sul tetto della quale ballavamo, giocavamo allo "stuzzicadenti" e a volte bevevamo vino che non piaceva a nessuno ma si faceva uno sforzo.







Ed eccolo là lo scoglio e la casupola addossata, la villa e un condominio isolato che nella prossima cartolina - dalla prospettiva opposta -  non c'era ancora.






Lungo la via del ritorno a volte venivamo sorpresi dal fotografo, inconsapevole provvidenziale fornitore di materiale per questo Blog, un po' come il Catti di Sauze.








 Silvia Colombo, Pit, Laura Vannelli
dietro Ettore Bezzi e un po' di Lauretta Rognoni
1965





Pit e Patrizia Agosta Tota
1966








Lo scoglio dei miei tempi. Qualche barca in secca sulla spiaggetta, Bergeggi laggiù e di fronte Torre del Mare.
Poi hanno pensato bene di offrire più spazio al turismo...







La villa, il condominio isolato,  sono ancora lì ma sotto assedio, la lingua di spiaggia è stata allargata a dismisura, le rocce che separavano quell'angolo appartato smantellate per far posto a stabilimenti balneari.
Il primo di questi era stato il "Bagni Nirvana" qui sopra ritratto, provvisto - gran novità - di piscina d'acqua salata.
Nel 1972, durante un breve passaggio con gli amici di ritorno da uno dei nostri viaggi, ci eravamo fermati a Noli e in spiaggia, dalle nostre amiche, eravamo stati proprio ai Nirvana.




 Giorgio Oggero e Anna Gambetta




Augusta Gualazzini




Augusta e Pit




Lauretta Rognoni (post 20.9.14) Micaela Morini e Augusta




Giorgio Oggero, Anna Gambetta, Renato Bertrandi e Roby Corrado




Una smorfia sulla strada delle "Manie"




...e una smorfia anche di Augusta...



Ed è proprio con una smorfia che si può dare un'occhiata ai luoghi oggi.








Noli comunque non era soltanto una meta estiva ma anche,
occasionalmente, destinazione per le vacanze di Pasqua. 
A parte quella memorabile del '66 già descritta nel post "Sei giorni fuori strada" del 28 novembre 2010, ho rinvenuto qualche elemento della vacanza del 1965.

 







...un'agendina tascabile...













Questa era la mia calligrafia dei quattordici anni e queste le indicazioni sommarie di eventi e sentimenti.
Per cosa sentissi la necessità di chiedere perdono a Dio, chissà.
Mentre è interessante l'invaghimento per Barbara. 
Per qualche misteriosa ragione il fatto che mi avesse regalato una confezione di caramelle (Saila) lo avevo considerato un gesto di incoraggiamento. Poi ero ritornato a Torino in preda al turbamento descritto al martedì 20 dell'agendina...













...prendendo un treno in quella che allora era la stazione, che si intravede alla sinistra del merci, e che oggi è scomparsa.
Smantellata alla fine degli anni '70...




 






...alla quale si arrivava risalendo la strada che si vede nella prossima cartolina e che approdava sul piccolo spiazzo di fronte alla stazione.









Da Torino avevo poi scritto a Barbara, dichiarandomi.




Pit - 1965


 
Avevamo allacciato una breve relazione, tutta epistolare, e tenerissima, della quale rimane qualche traccia...
















Durante l'estate dell'anno successivo - il '66 - un mattino di fine agosto da quella stazioncina sono partito verso Sori con Patrizia Agosta Tota, un'amica di Francesca (Cecia), la sorella di Barbara, che era stata loro ospite a Noli.















Sori è sul versante opposto della riviera ligure e quel viaggio me lo ricordo malinconico per svariate ragioni tra le quali il fatto che di Patrizia fossi innamorato in modo piuttosto concitato, che una volta a Sori, che era il posto dove andava in vacanza con i suoi, sarei risalito in treno per tornarmene a Noli, e che avevo sempre la sensazione che lei fosse provvista di consapevolezze e maturità che io non avevo raggiunto.







Come ho detto in un post precedente la nostra canzone era "Se telefonando", che alla fine si era rivelata anche la nostra storia.






Mi rendo conto che gli amori dei quindicenni sono inevitabilmente costellati di addolorate meraviglie e so di averne già parlato, però mi piace riguardare a quei giorni. 
Lo faccio probabilmente con la curiosità di scoprirci qualcosa che mi sia sfuggito e questo non avviene quasi mai, però il viaggio di questo blog è tutto qui, tant'è farsene una ragione.
C'era stato un momento molto intenso - almeno per me -  del nostro breve amore ed era accaduto alla "Pipetta", una chiesupola diroccata che dominava dall'alto di una collinetta l'abitato.
Ci andavamo ogni tanto, intruppati e con mangiadischi, così come andavamo all'Acquaviva, al Semaforo, al Castello o a Voze.
Quel giorno alla Pipetta me lo ricordo benissimo. 
Il frinire ossessivo delle cicale, un aroma di resina e di piante di fico, un caldo sensuale e opprimente e naturalmente lei e una possibile intimità per la quale, comunque, non eravamo pronti.



 


La Pipetta che ricordo io aveva l'arco campanario spezzato - Pipetta era detta forse proprio per l'aspetto di pipa che la mutilazione le conferiva - nel frattempo è plausibile che sia stata restaurata. 






Insomma mi pare proprio lei, anche se in rete non ci sono immagini che rispondano a Pipetta a Noli.
Patrizia invece ha occupato, allora, definitivamente, una poltrona nel mio rifugio sentimentale e là è rimasta, malgrado o forse proprio in ragione del mio vederla sempre parecchi passi avanti a me.










Siamo comunque rimasti in contatto, io cercando di apparire ai suoi occhi uno spregiudicato avventuriero e lei sempre consapevole del mio rodomontismo autodifensivo.


















 
Gradualmente nelle sue parole si delinea l'accettazione dei distacchi inevitabili che la vita ti porta a subire, non solo per gli amori ma anche per le amicizie, che a quell'età paiono indissolubili quanto gli amori. 
Nel frattempo erano trascorsi quattro anni. Intensissimi per me e sicuramente anche per lei. 
E così arriviamo all'ultimo messaggio.







Correva già il 1970.
Non ricordo nulla di quel venerdì 25. 
Dopo, la nostra corrispondenza si è affievolita, poi inevitabilmente dissolta.




 Pit e Patrizia di fronte agli "Anita"




Nel 1980, dieci anni dopo il nostro ultimo incontro, in un periodo che per me era più che mai scombinato, ero di passaggio a Milano, sbronzo di pomeriggio, e l'avevo chiamata dal telefono a gettoni di un bar.
Bella cazzata.
Non ricordo ovviamente come ho giustificato la mia imbarazzante ricomparsa, ed è sicuramente meglio così, ma sono sicuro che lei ha riconosciuto l'ennesima mia manifestazione di fragilità guascona.
Era sconcertata ma mi pare sia stata gentile. Ferma. 
Curiosamente è stato proprio dopo il 1980 e i suoi scossoni che ho imparato a vedere le cose come stanno, soprattutto quando si passa davanti a uno specchio. 
Peccato che lei non l'abbia saputo.




fine seconda parte...



 

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