Un pomeriggio d'inverno del 1988, uscendo dalla bottega di Mauro Ferraris in via Campana, a Torino, mi ero avviato per via Nizza verso Porta Nuova.
Poco prima dell'incrocio con corso Marconi c'era la concessionaria di scooter e ciclomotori dei F.lli Orsi.
Passando davanti alle vetrine illuminate mi era apparsa lei, un po' fuori posto tra motorette per quattordicenni. Somigliava in modo allarmante al motociclo che avevo in testa e che desideravo possedere.
Ero entrato, avevo chiesto il prezzo, me l'ero studiata da vicino e, palpitando, mi ero reso conto che corrispondeva alle mie aspettative.
All'uscita, in un edicola, avevo acquistato un paio di riviste per mettermi ulteriormente sul gusto.
Era lei.
Laura in quel periodo stava girando "Maicol" con Mario Brenta a Milano e io, come un bambino che si compra un giocattolo costoso all'insaputa dei familiari, ero andato dai F.lli Orsi avevo compilato un assegno e mi ero accaparrato un frammento di entusiasmo adolescenziale.
Qualche tempo dopo - si era ormai in primavera avanzata - in una tarda mattinata festiva ero andato comprare un pollo arrosto in una rosticceria di via S. Massimo. Ci ero andato in moto. Da quando ce l'avevo non facevo che andare in moto ovunque.
All'uscita dalla bottega un biker in sella alla sua custom stava osservando la mia Yamaha.
Avevamo scambiato qualche parola. Lui aveva apprezzato il mio mezzo. Io me ne stavo là, con il sacchetto di plastica e il pollo dentro, più casalingo che motard, un poco imbarazzato dalla mia inadeguatezza.
Lui mi aveva rivolto un invito tanto generico quanto laconico.
Aveva detto - Noi ci troviamo oggi pomeriggio alle due e mezzo davanti al palazzo della Regione, se vuoi fare un salto.
Noi chi ? Non glielo avevo chiesto. Avevo ringraziato e lui si era avviato, rombando con gli scarichi aperti.
Il palazzo della Regione è in piazza Castello, molto vicino a qualla che allora era casa mia, in via Carlo Alberto, e così dopo pranzo avevo fatto un giretto esplorativo.
Saranno stati una ventina, tutti a cavallo di custom modificate, abbigliati in modo adeguato, quanto di più simile ad una banda di bikers mi fosse capitato di incrociare dalle mie parti.
Mi ero avvicinato con cautela. Paolo, il ragazzo con cui avevo avuto contatto al mattino, mi aveva riconosciuto, c'erano stati saluti senza presentazioni, loro stavano per muoversi e così, all'improvviso, mi ero ritrovato imbarcato in un'infornata di gente cha montava in sella, avviava i motori nel fracasso assordante delle marmitte aperte e si muoveva in un arrogante formazione che occupava tutta la carreggiata di via Pietro Micca, in un giorno festivo nel pieno centro di Torino per la meraviglia allarmata dei passanti adulti e l'entusiasmo incantato dei loro rampolli.
Dopo quella volta sono uscito con loro in altre occasioni.
Ci si trovava in piazza Castello o in piazza Carignano e poi si scorazzava per periferie che mi erano sconosciute, finendo in birrerie di confine, o in prati dove erano in corso raduni con una band che suonava sul cassone aperto di un camion, grafici che personalizzavano serbatoi e parafanghi con l'aerografo, tatuatori, venditori di panini alla salsiccia e lattine di birra, qualcuno da portare al pronto soccorso perchè si feriva "pogando" (io mi limitavo ad osservare). Insomma, un'esperienza interessante.
Ci si trovava in piazza Castello o in piazza Carignano e poi si scorazzava per periferie che mi erano sconosciute, finendo in birrerie di confine, o in prati dove erano in corso raduni con una band che suonava sul cassone aperto di un camion, grafici che personalizzavano serbatoi e parafanghi con l'aerografo, tatuatori, venditori di panini alla salsiccia e lattine di birra, qualcuno da portare al pronto soccorso perchè si feriva "pogando" (io mi limitavo ad osservare). Insomma, un'esperienza interessante.
E poi un giorno la banda si era costituita con un vero tesseramento, affiliato ufficialmente alla gilda dei motoclub.
Eravamo i Dirty Bikers.
Con la tessera ricevemmo le insegne, che applicammo su giubbotti di jeans senza maniche da indossare sui "chiodi".
Le nostre uscite avevano ora un tocco di temibilità temeraria, anche se soltanto dal punto di vista estetico.
Io nel frattempo, influenzato dalle frequentazioni, avevo optato per alcune modificazioni della Virago, cambiando sella, manubrio, frecce anteriori e posteriori, specchietti retrovisori, manopole, portatarga e fanale posteriore, e forando gli scarichi, il tutto con l'aiuto di Paolo.
Io nel frattempo, influenzato dalle frequentazioni, avevo optato per alcune modificazioni della Virago, cambiando sella, manubrio, frecce anteriori e posteriori, specchietti retrovisori, manopole, portatarga e fanale posteriore, e forando gli scarichi, il tutto con l'aiuto di Paolo.
L'avventura si è poi inevitabilmente conclusa.
Per un po' di tempo avevo vagheggiato di farci un documentario sui Dirty Bikers, poi però ho venduto la moto nella convinzione che fosse reponsabile di certi miei problemi di cervicale che allora mi affliggevano con una certa frequenza, e l'idea del documentario si potrebbe dunque ascrivere d'ufficio alla categoria degli "Atti Mancati".
Per un po' di tempo avevo vagheggiato di farci un documentario sui Dirty Bikers, poi però ho venduto la moto nella convinzione che fosse reponsabile di certi miei problemi di cervicale che allora mi affliggevano con una certa frequenza, e l'idea del documentario si potrebbe dunque ascrivere d'ufficio alla categoria degli "Atti Mancati".
Della Virago mi resta una chiave (ci sta come "Reparto reperti").
...e qualche fotografia
questa, del 1990, sarebbe andata bene anche per COPRICAPI. Tout se tien...
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