domenica 19 agosto 2012

ATTI MANCATI 3





Sauze d'Oulx - Miravallino - 1970

Nel post di giovedì 12 gennaio 2012 ho parlato del documentario girato per i Mondiali di sci del '97.
Non ho detto invece che, in seguito a quella maliconica rentrée, a distanza di 5 o 6 anni, ho scritto un progetto per un documentario.
Ero sicuramente in tutt'altre faccende affaccendato perchè risulta l'unico soggetto scritto quell'anno.
L'avevo proposto ad un unico produttore, che sapevo versato sull'argomento. 
La sua risposta era stata spietatamente illuminante.
In sostanza aveva detto che conosceva il mio modo di lavorare e che avrei saputo trattare quel soggetto in modo eccellente, ma sapeva anche che - a suo dire - a nessuno interessa conoscere la lineare, prevedibile, parabola giovanilistica di ex signorine e giovanotti in vista di un'anzianità, anche se ben portata, che corona un'esistenza di soporosi privilegi. Ogni mio tentativo, ogni mio esempio, lo arroccavano nella sua convinzione.
"Porta soggetti che parlino di coraggio, di dolore, di sfide. Quelli di cui vuoi parlare si possono sfidare al più su un green."
Io capivo il suo pregiudizio e sapevo che probabilmente aveva ragione quando diceva "Non troverei un coproduttore internazionale, non lo venderei a nessuna televisione" però ero anche convinto che ne avrei fatto un bel film, figuriamoci, ne sono convinto ancora adesso.
Anyway...




HUCKLEBERRY FILM
via Carlo Alberto, 31 – 10123 Torino
Tel. 340-345.7144       e-mail: huckfilm@libero.it     


KIKI BAUM & SETTE LUNE

Non so come sia oggi ma negli anni settanta le località turistiche delle valli Susa e Chisone erano frequentate da una gioventù i cui rappresentanti, a seconda dell’ubicazione, assumevano comportamenti relativamente diversi, pur conoscendosi tra loro e frequentandosi saltuariamente, i torinesi addirittura incontrandosi pressoché quotidianamente in città, da Platti: storico caffè, luogo d’appuntamento elitario e di spasmodiche ansie d’appartenenza per quasi un ventennio.
La supponenza altezzosa era propria di Sestriere, dove il giro era ermetico, con pochi spiragli a favore di certe fasce di genovesi, e aveva il suo clou nell’esclusivo e noiosissimo capodanno ai Principi di Piemonte.
A Bardonecchia c’era altrettanta chiusura ma vigeva anche una solida tradizione di disponibilità alla rissa cui si adeguavano anche i meno equipaggiati dal punto di vista fisico, con risultati a volte più grotteschi che drammatici.
A Sauze d’Oulx, forse perché in quegli anni iniziava un afflusso di stranieri – i francesi di allora, che precedettero la britannizzazione del territorio – si era sviluppato al contrario una specie di guardingo cosmopolitismo, che sfociava, per i più spregiudicati, in un avventurismo di sapore riminese.
  “A Sestriere fanno i fighi, a Bardo si menano, a Sauze beccano” 
si  diceva, facendo, con maschilista brutalità, riferimento solo alle inclinazioni del “sesso forte”.
Quelli di Claviere erano misteriosamente appartati, quelli che frequentavano altre località non contavano.
Il momento topico di quegli anni fu quando Piero Gros vinse la Coppa del Mondo.
Con un’organizzazione da dopoguerra erano andati a prenderlo a Torino, caricato sul cassone aperto di un camioncino e costretto ad una rentrée con le mani congelate sul cristallo del trofeo innalzato al cielo.
Ad attenderlo sul piazzale del Charlie Brown (così lo chiamavamo noi, per via della discoteca, ma mi pare che il nome sia  piazza Clotès ) c’era una folla entusiasta e un palco dal quale Gianluigi Marianini fungeva da improbabile anfitrione, presentando ai convenuti con salottiero entusiasmo “ Alessandro Casse, campione del chilometro quadrato !”  confondendo lanciato con quadrato e rimanendo imperturbabile di fronte agli sghignazzi del pubblico.
Quel giorno io ero sul piazzale. Ed è stranamente uno dei ricordi più vividi che mi resta dei tanti anni di frequentazione di Sauze. Dico stranamente perché, al di là d’essere contento per Pierino, quella kermesse sul momento mi era parsa patetica: tutto quell’affollarsi di “amici” che volevano congratularsi col campione, Marianini penoso nella sua decontestualizzazione, facce sconosciute, baccano, atmosfera da fiera.
E invece adesso, grazie anche alla tenerezza pregeriatrica di certe nostalgie impreviste, identifico quel pomeriggio come l’istante di una cesura simbolica, una specie di fine dell’innocenza.
La conclusione degli anni ’70 innestò i bacilli di quel processo di planetizzazione convulsa di cui oggi ci facciamo carico dopo aver superato il punto di non ritorno.
Pochi giorni – o pochi mesi – dopo l’epica conquista di Pierino una notte una ragazza del giro di Bardonecchia venne a morire a Sauze, in un festino dove faceva la sua apparizione – seducente e pressoché sconosciuta in quel mondo – miss eroina.
Si incrinarono amicizie, si radicarono ostilità, si divenne tutti più cinici, tutti volevano urlare le loro certezze per mascherare il proprio sconcerto.
Si diventava adulti accartocciando dolorosamente il bozzolo angusto ma confortante delle piccole cose di sempre: “A Sestriere fanno i fighi, a Bardo si menano, a Sauze beccano”
Dal ’77 non ci sono più stato, se non in un paio di occasioni di lavoro, durante le quali non sono riuscito ad incontrare che Piero Gros e sua moglie Mamie.
I teen agers di allora oggi sono nel bersaglio della mezza età.
E sembra ieri che guardavano affascinati gli adulti frequentare locali come il Kiki Baum, a Sauze – un nome che mi è sempre piaciuto, più adatto al personaggio di un romanzo mitteleuropeo che non ad una protodiscoteca – o le Sette Lune a Sestriere – altro nome evocatore e poetico, astrologicamente fascinoso.
Io vorrei raccogliere testimonianze dei “sopravvissuti”: quelli che oggi a Torino sono rappresentativi, o lo sono altrove, o quelli che no.
E da ognuna di queste persone – ragazze e ragazzi di più o meno cinquant’anni – estrarre un frammento, un gemma, il momento memorabile: dove, con chi, che canzone stava suonando, che profumo c’era nell’aria. E  intrecciando queste schegge di memoria restituire lo “spirito del tempo”, corroborato da repertorio (foto, vecchi super 8). Costruire un mosaico dove si ritrovano amici, situazioni conosciute, o semplicemente corrispondenze emotive: il dirsi “guarda un po’, proprio come a me, quella volta…”
…quando sul Triplex si saliva con l’ancora e da lì, forse, in fuori pista, con qualcuno che conoscesse bene il territorio, si poteva anche scavalcare e arrivare a Sestriere.

Torino, luglio 2003                                               Pit Formento
                                               

 



Torino - Platti - 1975




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