C'è voluto un po' di tempo.
Ho dovuto trovare un amico che disponesse di un vecchio computer che leggesse ancora i floppy disc per ritracciare - riscoprire, direi - del materiale scritto di cui avevo memoria vaga.
Così sono saltati fuori dei racconti alcuni dei quali, pur senza valore stilistico ma solo testimoniale, segnalano però l'aspirazione ad un'idea di "scrittura letteraria".
In archivio ho molto materiale in forma di soggetto o trattamento, un paio di sceneggiature sopravvissute ai ciclici sfoltimenti, insomma cose che riguardano più specificamente il mio lavoro di prima (ma prima di che ?).
Però in uno di quei floppy c'erano anche delle "prove generali" per un passaggio alla scrittura come destinazione finale e non come viatico per ottenere attenzione ad un progetto audiovisivo.
Alcune sono diaristiche, altre di pura fantasia, altre ancora composte da una più o meno felice comunione dei due elementi.
Alcune sono diaristiche, altre di pura fantasia, altre ancora composte da una più o meno felice comunione dei due elementi.
Ho eliminato quelle che davvero erano modeste e che, soprattutto, non entravano a far parte di quel cumulo di materiale che mi piace pensare tratteggi un modo di essere - e di essere stato - che è cominciato con i racconti/diario di Whittling e non riesco ad immaginare come finirà.
Sono partito con Khir perchè è stato il primo che ho riletto e che avevo scritto nel 1982.
La foto che segue è di qualche mese precedente alla conclusione della stesura del racconto, che è del dicembre, mentre la foto è di marzo.
Pit -1982
Adesso cercherò di procedere in ordine cronologico.
Il primo, "Mattino a primavera", è riferito ad un momento specifico del marzo 1976.
La foto che segue non è un granchè, ma sono io a Parma nell'aprile del '76, voglio dire che quella faccia lì è più o meno esattamente quella che avevo quando ho scritto ciò che segue. Lo so che è un rischio, perchè ho una faccia un po' sciocca, e allora uno può pensare beh, certo, con quella faccia non poteva scrivere altro, ma è un rischio che corro volentieri.
Sono stato là davvero quel mattino e le persone di cui parlo, che sono morte o invecchate o perdute, nel racconto sono ancora là, e se mi riuscisse di trasmettere anche ad una sola persona la tenerezza che ho provato rileggendo sarebbe già un'enormità.
L'ossessione "filologica" di fornire immagini pertinenti (pertinenti ?) credo si possa ormai diagnosticare come una malattia.
MATTINO A PRIMAVERA
C'é uno spicchio di luce solare che filtra attraverso le imposte e sta languidamente appoggiato a capo del mio letto.
Stamattina nessuno é venuto a svegliarmi e così me ne sto tranquillo a pensare alla giornata che sta per iniziare.
Allungo un dito verso lo spicchio di luce e mia madre entra in camera con la sua solita ottimistica invadenza.
E finalmente mi ricordo di mio padre e della sua cena di ieri sera. Una cena d'addio ai suoi colleghi perché a partire da oggi é ufficialmente in pensione.
- E papà ? - chiedo.
- E' di là, carico di medaglie...
Lei per istinto cerca sempre di ironizzare su questi mutamenti epocali, come se volesse tenersi alla larga da certe simboliche forme d'addio. Sa quanto dolore comporti pensare “Mai più”.
Mi alzo e lo raggiungo mentre sta ancora a letto: gli piace, quando può, sonnecchiare a giorno fatto. Ha una sua scarna filosofia autoassolutoria nel perdere tempo, immobile e sveglio a fissare il soffitto sorridendogli.
- Com'é stato ieri sera ? - chiedo.
- Ooh...
Appoggiata sul letto c'é una pergamena accanto ad un astuccio blu. Dentro l'astuccio una medaglia d'oro. Arriva mia madre e srotola la pergamena. Mio padre osserva soddisfatto, appoggiando la testa nella coppa delle mani a dita intrecciate, senza dir nulla.
- Guarda - dice lei mettendomi sotto il naso una quartina in rima a caratteri gotici, seguita da una dedica enfatica, inconsapevolmente ironica, e dalle firme dei "collaboratori".
La quartina é d'una poesia dialettale.
Mio padre tace in attesa: da qualche tempo lamenta sfumate nevralgie che contrasta dormendo con un foulard di seta legato intorno alla fronte, cosa che gli conferisce un bell'aspetto avventuroso.
“Cosa importa se il mondo intorno infuria
Se il cielo é rosso come in un'alba di guerra
Io mi tengo fermo, radicato alla mia terra
Diritto e forte sopra i gorghi della tempesta.”
Così recita la poesia. E trovo strano che i suoi "collaboratori" abbiano saputo scegliere, individuando in lui quel modo che davvero ha di tenersi accanto alle radici, con ostinata noncuranza.
- E la cena ? - chiedo.
Lui si appoggia alla testiera del letto.
- Molto bene. Ma quello é un posto per gente che vuole ingrassare di qualche chilo ogni volta che si siede a tavola. Abbiamo iniziato con una sfilza di antipasti...
So che ora mi propinerà il menù in tutti i suoi dettagli.
- ... salamini caldi e acciughe in salsa verde...
Fuori il sole é il primo davvero primaverile. Torna mia madre che si era allontanata senza che me ne accorgessi. Dice che va dall'estetista e che tornerà tra un'ora. Tra due dobbiamo essere all'Abbazia di Sant'Antonio di Ranverso per il matrimonio di Mariella.
Oggi Mariella si sposa. Posso dire che, pur a distanza, siamo cresciuti insieme ed oggi con lei rivedrò anche tutti gli altri: quelli della mia età e gli adulti e gli anziani, dopo tanto tempo.
- ... cappelletti alla panna e lasagne al forno...
Due giorni fa é morto Benito, uno degli amici più cari a mia madre e lei, che in questi due giorni non ha fatto che lasciarsi andare a singhiozzi improvvisi, oggi al ricevimento sarà certamente turbolenta, vociante, riderà gettando la testa all'indietro e con buona probabilità finirà anche con lo sbronzarsi un poco. Raccoglierà attorno a sé la simpatia di chi le ripeterà ancora - Sei sempre la stessa, sempre allegra, ma come fai ? - mentre io saprò che sta soltanto tenendo duro, opponendo le sue risa come calci contro un ritmo così serrato di avvenimenti definitivi, disperatamente umani come la morte di un amico, il matrimonio della figlia di un altro, che per lei rimane bambina e intanto é già donna, e un marito che va in pensione.
Troppi cicli che si chiudono come automatismi inesorabili per lei che ha sempre le lacrime agli occhi senza più sapere se é per dolore o per gioia.
- ...bollito misto e finanziera...
Il sole, filtrando attraverso le imposte socchiuse in mobili geometrie corpuscolate, mi distrae ancora, mentre mio padre prosegue imperterrito con il suo elenco di cibi. Mi sto chiedendo se indossare oggi lo stesso abito che ho messo ieri per il funerale non rischi in qualche modo d'essere di cattivo auspicio.
Oggi il matrimonio di Mariella darà occasione ai convitati di progettare incontri, di aggrapparsi alle piccole menzogne dell'invitarsi reciprocamente a non perdersi più di vista, dei tentativi di sconfiggere i propri rituali quotidiani e sforzarsi di avvicinarsi davvero agli altri, a quelli che un tempo c'erano ogni giorno e oggi chissà come, chissà perché, sono così lontani.
Immagino le facce e le voci, le rughe e i capelli bianchi di chi ricordo giovane, i bambini che non ho mai visto nonostante siano nati da anni, gli assenti che non rivedrò più.
- ...charlotte creole e meringata...
Mi siedo sul bordo del letto. Devo farmi la barba e telefonare all'elettrauto. Quanti anni ha la bambina di Raffy ? Quante bambine ha Raffy ? Mi piacerebbe che ci fosse anche Massimo Scandola ma sicuramente non verrà. Ricordo le sue scarpe bicolori che chiamavo scarpe da commissario per via del film con Sordi, e anche una notte che aveva dormito da noi al mare ed il mattino dopo il suo letto era pieno di sabbia, sabbia che aveva nei capelli e nelle tasche del pigiama, chissà come.
Squilla il telefono. Con cantilena smeraldina zia Lida ricorda che dobbiamo passare a prenderla.
- ... alla fine mi sono bevuto un bicchiere di Fernet...
Questa volta ha finito. Con gesti cauti si accinge ad alzarsi.
- Vedrai che tua madre li invita tutti da noi come l'ultima volta.
L'ultima volta é stato per il matrimonio di Gianni, e non ricordo se due o tre anni fa.
Al ricevimento avevo rivisto Violetta. Non ci incontravamo dall'esame di maturità. Adesso mi piacerebbe ricordare com'era quando scopavamo. Non lo ricordo mai di nessuna - nei dettagli intendo - ed é probabile che per loro sia lo stesso.
Che cosa ricordano di me allora ? Una frase al telefono ? Una scarpa slegata ? O cos'altro ?
Mia madre é tornata. Ora iniziano i preparativi più convulsi ed io mi rifugio in camera mia a scrivere queste parole.
- Papà chiede se gli presti una delle tue cravatte - viene a dire mia madre, truccata come non me l'aspettavo.
- Tutte le cravatte che vuole.
Mi piacerebbe riuscire a continuare perché ho la sensazione che fermare questi pochi dati possa poi tornare utile un giorno alla memoria.
Mia madre é di nuovo sulla porta.
- Come mi sta ?
- Molto bene.
- Ma tu cosa aspetti ?
- Ci impiego un attimo a prepararmi.
- Guarda che tra venti minuti dobbiamo essere da zia Lida.
Zia Lida ha l'esaurimento nervoso. Suo marito é a letto con l'influenza e non so se sia già in pensione, suo padre é morto, le sue figlie si sono sposate, le sue nipoti saranno così cresciute che non le riconoscerò. Questo é quanto. E dopo questo non trovo altre parole da scrivere in proposito. La memoria, fra gli anni, si dovrà aggiustare con ciò che di oggi le rimarrà - quasi nulla, come sempre - e queste righe saranno sterili, incapaci di animare altro che il compiacimento di chi le ha scritte. Tanto vale allora rassegnarsi al presente e prepararsi per andare a questo benedetto matrimonio.
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