Nel 1993 avevo iniziato un paio di sceneggiature, la prima si intitolava CARLA & ROSY e la seconda PASTA FRESCA AD ALBUFEIRA.
Per una delle mie imperscutabili ragioni le avevo interrotte tutte e due.
Nel 2001 le ho riprese entrambe e, rinunciando alla stesura della sceneggiatura vera e propria, siccome ricordavo a malapena le storie che volevo raccontare ne ho ricavato un paio di trattamenti, in modo da poter contare eventualmente su una struttura narrativa completa, sulla quale articolare in un futuro - ma quando mai ? - una nuova sceneggiatura.
Nella versione trattamento Carla & Rosy diventa L'EREDITA' DI CARLA.
L'idea era quella che due personaggi minori della prima storia diventassero i protagonisti della seconda, e nella seconda le protagoniste della prima ad un certo punto facessero la loro apparizione.
Un'idea forse bislacca, ma che a me piaceva moltissimo.
CARLA
& ROSY
trattamento
La donna che percorre i lunghi corridoi
dell'ospedale è di mezza età, d'aspetto dimesso e un po' spaurito, ma con un'
espressione del viso sorprendentemente infantile.
Si chiama Carla.
Cammina senza incertezze, senza bisogno di
chiedere informazioni, sorridendo con cautela alle infermiere e ai pazienti che
incrocia, anche se in genere pochi se ne accorgono e ancora meno rispondono al
sorriso.
Arriva di fronte all'ingresso di una camera e
prima di entrare prende fiato, come prima d'un tuffo.
Dentro, in uno dei quattro letti occupati,
l'attende un uomo anziano, devastato dalla malattia.
Questi, con le poche energie rimastegli, prima la
rimprovera per il ritardo, poi le ingiunge di farlo uscire di lì.
Impreca ed implora.
Urla contro qualcuno che nel corridoio sta
confabulando con un'infermiera. Lo accusa di essere procacciatore per
un'agenzia di Pompe Funebri.
Carla è disorientata, intimidita, non sa che fare
per calmarlo.
Intervengono un paio di infermiere.
Carla esce dalla camera. Si appoggia alla parete,
in corridoio.
Una donna che assisteva il malato nel letto
accanto a quello del vecchio la raggiunge.
La consiglia affettuosamente " Lo porti a morire a casa - dice - suo
papà è alla fine ormai. Se lui ci tiene tanto gli dia 'sta soddisfazione…che
poi non ha mica torto per quello delle pompe funebri…"
Carla annuisce con un po’ d'imbarazzo, poi dice "E' mio marito, non mio papà."
E se lo porta a casa.
Nell'ambulanza che viaggia a sirene spente, con
le sole luci lampeggianti, lui le stringe la mano. La fissa brevemente per un
istante. Si sfila a fatica una cordicella che tiene legata al collo, da cui
pende una piccola chiave.
-
Nel primo
cassetto del comò - riesce a sussurrare rauco.
Carla prende la chiave senza capire. I barellieri
scaricano la lettiga e la spingono nel portone di casa.
Il marito solleva a fatica una mano. Rivolge un
inatteso breve sorriso a Carla.
- Ciao
- le dice.
- Ciao
- risponde lei, senza capire.
******************
Il funerale è una cosa terribilmente solitaria.
Carla partecipa con quel suo stupore un po'
infantile, senza amici o parenti a sostenerla.
Poi si ritrova sola in casa. Un grande
appartamento gremito di mobili austeri, poltrone e divani rivestiti di velluti
esausti e stoffe mestamente floreali, malinconici oli di paesaggi e marine in
pesanti cornici dorate alle pareti, luci dimesse di abath-jours con fiocchi e
nappine.
Carla, seduta al tavolo della sala da pranzo,
osserva le carte che ha estratto dal fatidico comò con guardingo smarrimento.
Indossa ancora l'abito del funerale e succhia mentine.
Il giorno dopo si presenta nello studio di un
notaio, dove è stata convocata e di cui è a conoscenza perché un suo
rappresentante si è occupato degli aspetti organizzativi delle esequie.
Il notaio che l'accoglie è anziano, dall'aspetto
bonario, vagamente incuriosito da questa donna che non ha mai incontrato prima
e di cui - evidentemente - conosceva bene il marito.
Lei, che risulta essere erede universale, ha
ascoltato con perplessità, senza capire esattamente quello che il notaio ha
letto.
Così lui le spiega, come farebbe con una
ragazzina, che il patrimonio è enorme.
E' stupito che lei non sia al corrente di nulla.
Le rivela i metodi d'investimento del marito, alcuni accettabili, altri
assolutamente discutibili.
E' incredulo di fronte alla descrizione degli
aspetti del menage familiare che hanno fatto sì che lei ignorasse la
situazione, ma soprattutto è disorientato dal fatto che Carla non sembra dare
molto peso alla cosa.
- Siete
stati sposati 25 anni ? - chiede. E lei annuisce.
E' chiaro che al notaio la figura di Carla
suscita una paterna simpatia, pur nella sua eccentricità.
Quando le chiede che programmi abbia, lei
risponde con stupore di non sapere.
E in effetti Carla risulta essere impreparata a
fare qualcosa di propria iniziativa.
Nei primi tempi si adatta a vivere come sempre,
tentando gradualmente piccole variazioni.
Toglie i quadri dalle pareti, acquista specialità
gastronomiche in negozi esotici, cerca con inutile fatica di spostare i mobili
di casa per nuove disposizioni, si compra un'avveniristica lampada adatta a
coadiuvare la sua attività preferita: leggere.
Ogni giorno va a trovare il notaio e lo aggiorna.
Poi un mattino vede dalla finestra un furgone un
po’ malconcio con scritte sulle fiancate: sgombero solai e cantine.
Il notaio non ha nulla da eccepire, lo trova
anche piuttosto divertente, forse ricordando la parsimonia viscerale del suo
cliente defunto: sì, Carla può regalare quello che le pare a chi vuole.
Così lei telefona.
Gli sgomberatori sono due: un ragazzo allegro e
piuttosto frenetico e un uomo di mezza età, robusto, pacato, forse un po’
timido.
Non riescono a credere che lei voglia liberarsi
di tutto quello che ha in casa regalandolo. Soprattutto l'uomo chiede di
versare almeno una piccola cifra.
Carla sembra invece appagata nel veder sparire
tutto quello che apparteneva alla sua vita precedente.
Insiste nel rifiutare denaro e così l'uomo e il
ragazzo si offrono di intonacarle l'appartamento, rimasto praticamente vuoto.
Così loro imbiancano e lei si organizza una
specie di fortilizio al centro del salone, i cui spalti sono librerie che
acquista con libri, CD, films e un portentoso impianto home theatre.
Ma soprattutto le piace la compagnia di quei due.
Mangiano insieme nella cucina anni '50, unico
residuo del vecchio arredamento, e lei si diverte ad ascoltare il ragazzo,
anche se non capisce tutto quello che dice, e apprezza la gentilezza muta
dell'uomo, la sua discrezione.
Le piace guardarlo, guardare come fa le cose.
Lui ricambia gli sguardi di lei con imbarazzo,
anche se velato di compiacimento.
Poi il lavoro finisce e gli sgomberatori se ne
vanno.
Carla resta sola nella sua casa immacolata e
vuota, ad osservarli dalla finestra mentre si allontanano in furgone.
Quella sera si avventura all'esterno.
Entra in un cinema.
All'uscita pedina con discrezione maldestra una
coppia che sembra piacerle.
Li segue in una pizzeria.
Siede al tavolo accanto al loro, orecchia la loro
conversazione.
La donna sta raccontando del week-end che ha
appena trascorso in una località di mare.
Carla si annota il nome della località sul retro
del biglietto del cinema.
E ci va.
Il notaio le ha messo a disposizione una
segretaria - molto stupita - per prenotarle l'hotel, il biglietto del treno,
organizzarle la trasferta senza omettere dettagli.
Carla arriva all'hotel.
Agisce sempre con candore disarmante, con
un'aggiunta di pacata gioia di stare al mondo, che le fa apprezzare dettagli in
genere ritenuti irrilevanti.
L'hotel, fuori stagione pre-estiva, ospita una
comunità di anziani un po' male in arnese.
Carla sorride a tutti, soddisfatta, nella grande
sala da pranzo affacciata sul mare, attraverso la quale sfrecciano camerierine
frettolose, durante il pasto serale, con il sole al tramonto.
Il giorno successivo, in spiaggia, Carla si
assesta su una sdraio, al riparo di un buffo cappello di paglia, impegnativi
occhiali da sole, una specie di barracano che la copre fino ai piedi,
trincerata dietro un libro e nonostante questo intenta ad osservare, in maniera
mal dissimulata, l'umanità che la circonda.
Anziani assistiti, nonne con nipotini,
pensionati/e impegnati/e in jogging eroici, giocatori di briscola sotto una
pergola, qualche straniero già paonazzo per il sole, bagnini che
"arano" e setacciano la spiaggia, manovali che montano le cabine.
Ma chi più attira l'attenzione di Carla è un
terzetto decisamente anomalo.
C'è una madre, che potrebbe essere sua coetanea,
truccata e agghindata come una baiadera in disarmo, che si prende cura di una
figlia senza età, handicappata.
Questa coppia è stata raggiunta da poco da
un'amica della madre, altrettanto vistosa nell'aspetto ed esuberante nei
comportamenti.
Carla ne è deliziata e intimorita.
Un piccolo incidente, un barboncino isterico
sfuggito ad un anziano sussiegoso che abbaia forsennato ad un metro da una
Carla paralizzata, permette che facciano conoscenza, e che la nuova arrivata -
Rosy - manifesti un'immediata simpatia cameratesca nei confronti di una Carla.
Trascorrono una serata insieme durante la quale
Rosy, con un linguaggio suggestivo che non sempre Carla riesce a decifrare ,
mette a parte la nuova amica degli aspetti più drammatici, personali, intimi
della propria vita, piuttosto tempestosa: un matrimonio da giovanissima con
risvolti amari, due figlie cresciute con difficoltà, un amante proprietario
d'una sala da ballo dal quale ha avuto un altro figlio, morto adolescente di
overdose.
Vedovanze e prole lontana quando non ostile.
Solitudini schivate solo ogni tanto, e a prezzo
di delusioni amare.
Carla è ipnotizzata. Come se assistesse a un film
d'avventure.
Quando Rosy, riconoscendo la propria invasiva
verbosità, le chiede di lei Carla si ritrae.
- Ooh…io,
niente… - dice.
******************
Il giorno successivo per Carla è una festa.
Sulla spiaggia partecipa - come osservatrice
privilegiata - alle esuberanze di Rosy,
che conosce tutti, per tutti ha un lazzo o una battuta, vince a tresette con i
vecchietti, fa il bagno con i tedeschi, asciuga una bava sul mento della figlia
della sua amica e intanto valuta in dettaglio la prestanza di uno dei bagnini.
Tra le due donne si instaura un'amicizia
improvvisa, dettata da misteriose regole di sapore infantile, senza riserve e
senza ragione.
Quando al termine del week-end Rosy annuncia che
se ne deve andare per Carla è un fulmine a ciel sereno.
Lei sembrava essersi abituata all'idea che loro
due potessero starsene lì, in quell'albergo, senza scadenze.
Rosy lo capisce e decide di vederci chiaro in
quella disarmante ingenuità.
Scoprirà così che Carla per tutti i suoi 25 anni
di matrimonio è sempre rimasta prigioniera in un mondo fuori dal mondo, senza
amicizie o contatti tranne che con una vecchia domestica che si occupava della
casa del marito, deceduta ormai da qualche anno, e con un ragazzino, figlio
adottivo di una sorella del marito, ospite loro per i lunghi periodi in cui la
madre era ricoverata in una clinica per malattie nervose.
La famiglia di Carla è svanita nel nulla poco
dopo il suo fortuito matrimonio.
Figlia unica di genitori attempati morti
prematuramente, senza parenti, si è affidata con serena distrazione e nessuna
informazione all'occasione non cercata dell'essere presa in moglie da un uomo
pressoché sconosciuto e molto più anziano di lei, cliente della bottega di
barbiere di suo padre.
In pratica - si rende conto Rosy - acquistata e
messa in naftalina senza che la sua ingenuità, la sua buona disposizione, la
sua impassibile eccentricità, venissero intaccate dal vivere comune.
Rosy, comunque sia, deve tornare in città. La
stessa in cui abita Carla.
Ha deciso di concedersi una vera vacanza - un
viaggio - e a Carla non resta che ammutolire delusa.
Sarà Rosy a proporle di farlo insieme, quel
viaggio.
Sulla sua utilitaria un po'scassata lasciano
l'hotel e tornano in città.
Qui Rosy scopre con stupore l'"isola"
di Carla al centro del suo appartamento.
Tutto suona strano ma per lei sembra una ragione
in più per accettare l'aggregarsi di Carla. Che per parte sua è eccitata come
una ragazzina.
Vuole sapere del viaggio che stanno per
intraprendere.
Il piano di Rosy prevede prima di tutto una sosta
nella località turistica dove la seconda figlia gestisce un campeggio.
Per il resto l'itinerario sarà piuttosto libero.
Lei si augura anche avventuroso.
Carla annuisce convinta, anche se è evidente che
non le è chiaro in che senso.
Rosy scherzando dice che ci vorrebbe un'altra
auto, e non la sua baracchetta, per affrontare una vacanza di
"fuoco".
Carla chiede "Quale ?"
Rosy non sa rispondere, dice che diceva così per
dire, ma Carla insiste.
Rosy si spazientisce ma Carla non demorde, si
annota indicazioni riguardanti le caratteristiche che Rosy riterrebbe ideali
per un'auto da vacanza.
E il giorno successivo, nello studio del notaio,
sotto lo sguardo divertito di quest'ultimo, Carla, coadiuvata da un giovane di
studio, sceglie l'auto su una rivista specializzata.
Così partono su una decapottabile 4 posti nuova
fiammante, d'un bel colore acceso, con della buona musica, e il paesaggio che
cambia e incanta Carla, passeggera estatica.
Mano a mano che si avvicinano alla loro prima
meta - il campeggio della figlia di Rosy -
lei si fa sempre più tesa.
Carla sa quanto siano stati problematici i
rapporti di lei con le figlie, ma è solo poco prima del loro arrivo che Rosy
confessa che i suoi due nipoti, già ormai grandicelli, non li ha mai
conosciuti.
Sul come mai resta vaga.
E poi arrivano.
Il campeggio è modesto, in una zona non
felicissima.
L'arrivo di Carla e Rosy, con la loro auto
appariscente, ha suscitato un po' di curiosità tra gli ospiti.
La giovane donna che esce dal prefabbricato che
funge da reception le osserva senza un sorriso.
E saluta la madre con un certo distacco, più con
preoccupazione che con gioia.
Rosy cerca di sfoderare tutte le sue carte di
simpatia ed estroversione, abbracciando commossa i due ragazzini cui ripete di
essere la nonna, senza però riuscire a vincere la loro stupita riluttanza.
La figlia - Lilly - che continua ad essere
vagamente sospettosa, comunque le accoglie.
Le sistema in un bungalow piuttosto spartano in
cui, rimaste sole, Carla e Rosy si guardano in silenzio.
Rosy ci piange su, e per Carla è una sorpresa
assolutamente inattesa.
Si affanna attorno all'amica con una
sollecitudine che finisce con l'essere comica, trascinando Rosy dal pianto al
riso.
Il soggiorno al campeggio sarà breve ma intenso.
Tra Rosy e Lilly si aprirà un fronte di lenta
reciproca fiducia, di recupero d'affetto.
Lilly vive con un ragazzo piuttosto giovane ma
che sembra essere un buon padre per i suoi due figli, un buon compagno per lei,
un eccellente tuttofare nel campeggio e - cosa che Rosy non si esime dal
rilevare - un bel tipo prestante. Lo fa notare a Carla che conferma senza molta
convinzione.
I giorni trascorrono.
Carla è curiosa di tutto.
Stupefatta del naturismo che vige nel campeggio,
ovviamente rifiuta di smettere i suoi barracani, di cui continua a fare incetta
in boutiques e mercati. Rosy deve battagliare parecchio per convincerla a
comprarsi un costume da bagno.
Cerca di insegnarle a nuotare, poi l'affida
ammiccando al compagno della figlia.
Carla è annientata dall'imbarazzo. Persino Lilly
comincia a sorridere.
L'atmosfera si addolcisce, diventa familiare,
compatibilmente con le esigenze del lavoro.
Carla e Rosy una sera ascoltano le confidenze e i
sogni di Lilly e del suo ragazzo. Franche perché rivolte a due donne che dal
loro punto di vista non paiono certo poter essere d'aiuto.
Sperano di risparmiare a sufficienza per poter
cambiare, trovare magari un piccolo albergo.
Hanno adocchiato un agriturismo che però è
proibitivo per le loro finanze.
***************
Il giorno successivo il notaio ascolta ed
annuisce al telefono.
Sì, si informerà in proposito.
Comunque sì, ammette che un agriturismo potrebbe
rivelarsi un investimento interessante.
Ridacchia annunciando che lui se ne andrà in
vacanza in montagna per un mesetto. Ricorda a Carla che comunque, per ogni
urgenza per investimenti "benefici", lo studio rimane attivo.
Carla è molto soddisfatta.
Lei e Rosy possono ripartire dopo aver lasciato
Lilly e il suo compagno completamente basiti di fronte all'offerta della cifra
per l'acquisto dell'agriturismo.
Carla prova una gioia infantile nel ricoprire
questo ruolo di Babbo Natale fuori stagione.
A Rosy che ha dei dubbi, che la invita a
riflettere, a non gettare i suoi soldi in una donazione tout court, ricorda che
devono ancora iniziare l'"avventura" della loro vacanza.
E così ripartono.
Viaggiano in libertà, senza mete fisse,
affidandosi al capriccio, alle curiosità passeggere.
La generosità di Carla mette un poco a disagio
Rosy. Ma quando Carla le spiega del suo matrimonio e dell'eredità, e
soprattutto dell'entità di quest'ultima, che Carla ammette di conoscere solo
approssimativamente, e probabilmente per difetto, Rosy si rilassa.
E spinge l'amica a parlare di sé.
D'amore.
Fronte sul quale Carla appare completamente
digiuna.
Dal punto di vista fisico si è limitata a subire
saltuari e distratti assalti del marito, molto sporadici e molto brevi, al
punto da non essere risultati neppure troppo traumatici.
Dal punto di vista sentimentale, nulla.
Tutta quella sua capacità di provare affetto
sembra che fino a quel momento sia andata sprecata.
Riguardo ai batticuori, che Rosy deve spiegarle
in dettaglio, Carla ammette arrossendo di sapere qualcosa grazie all'incontro
fortuito con un uomo.
Uno che le ha imbiancato la casa.
Se innamorarsi significa provare questo e
quest'altro allora lei è senza dubbio innamorata dello sgomberatore.
Rosy si arrende.
Però una sera la trascina in un locale di
strip-tease maschile, dove Carla alterna il divertimento all'imbarazzo.
Per Rosy inizia una fase di propedeutica
doverosa, e un poco buffa, a vantaggio dell'amica, scandita dai piccoli eventi
del loro itinerario, fino all'approdo ad una località termale dove una sera, in
un dancing piuttosto particolare, Rosy organizza per Carla un'iniziazione in
piena regola, ingaggiando uno gigolò cui impartisce istruzioni perentorie.
Anche lei si è trovata un compagno occasionale,
ma la sua notte trascorre più che altro in attesa del mattino, in ansia per
l'amica.
Che ritrova al tavolo della colazione, serafica,
in preda a buffi accessi di riso contenuto ogni volta che lei cerca di avere
lumi sull'esperienza della notte.
Ripartono.
Nelle vicinanze di una località balneare
piuttosto animata Rosy butta lì, come a non voler dare peso alla cosa, che
l'altra sua figlia ,Daniela, trascorre l'estate proprio in quel posto.
Carla si entusiasma.
Memore dell'esperienza con Lilly propone di
andarla a trovare ma Rosy dice di no, che con Daniela i rapporti sono
interrotti da tanti anni.
Adduce
confuse ragioni.
Alla fine ammette che la figlia le ha chiesto di
uscire dalla sua vita una volta per tutte, dicendole che si vergognava di lei,
della vita che aveva condotto, di come era e di cosa era.
Daniela - dice - si è conquistata una vita normale,
è riuscita a soddisfare le proprie ambizioni, cancellando il proprio passato,
sposando un professionista ricco, entrando in una famiglia molto formale.
A questo punto Carla, inaspettatamente, insiste.
In effetti Rosy non ha nulla da perdere nel fare
un tentativo.
Arrivano di fronte al cancello di una villa
circondata da un giardino di pini marittimi.
Un ragazzino e una ragazzina giocano a ping pong
su uno spiazzo di ghiaia.
Sono i nipoti di Rosy, e neppure questi la
conoscono.
Osservano con distacco perplesso queste due donne
al cancello, discese da un'auto così speciale, agghindate come viaggiatrici
d'altri tempi, che suonano al campanello.
Daniela si rivela diversa da Lilly. Dopo il primo
istante di meraviglia riprende il controllo della situazione, trattando con sua
madre con educata freddezza.
Forse perché è accompagnata, forse perché
quell'auto, gli abiti, i gioielli regalati da Carla, suggeriscono novità, le
invita a malincuore ad entrare.
Trascorrono insieme un breve pomeriggio intorno
ad un tavolo da giardino, sorbendo thé freddo, mantenendo la conversazione su
argomenti ferocemente neutri.
Rosy ha perso tutta la sua verve, i suoi sguardi
alla figlia sono quelli di una penitente.
I dialoghi restano anemici.
Si unisce a loro ad un certo punto la consuocera
di Rosy: una matrona pretenziosa e severa, che non fa che raggelare
ulteriormente l'atmosfera.
Di fronte all'imbarazzo di Rosy, ai suoi fugaci
sguardi ai ragazzi cui Daniela non l'ha presentata come la nonna, Carla offre
una performance di tutto rispetto.
L'auto, l'eleganza che sfoggiano aiuta. La
vecchia ha notato tutto.
E allora quando chiede con un certo sussiego di che cosa si stiano occupando, quali siano
le ragioni del loro vagabondare, Carla risponde che stanno cercando una
località in cui investire per la costruzione di un hotel.
Un Grand Hotel.
La perplessità di Daniela e della suocera si
accentuano per l'imbarazzo di Rosy ma Carla - a suo modo, rieditando in maniera
originale tutto ciò che ha sentito da Lilly, dal suo compagno e dal notaio
- le travolge con una serie di
informazioni progettuali fantasmagoriche.
Sulle labbra della consuocera si delinea una
piega ironica.
Sembra piuttosto incredula, anche un po' stizzita.
Ridacchia suggerendo che per progetti del genere
occorre poter contare su capitali ingenti.
Carla alza le spalle, Rosy arrossisce - per
l'ennesima volta da quando Carla l'ha indicata come sua consulente - Daniela
manifesta un nervoso imbarazzo.
E qui arriva il coup de teatre di Carla che con
noncuranza segnala che il suo consulente
fiscale ritiene che lei possa investire una piccola parte del suo patrimonio in
questo progetto.
E non manca di fare il nome dello studio
notarile/legale.
Proprio quello studio lì ? Di quel posto lì? Il
notaio tal dei tali ? - chiedono quasi all'unisono Daniela e consuocera,
deglutendo un po' in affanno.
Carla conferma con distacco indifferente,
suggerendo poi che è venuto il momento di congedarsi.
In macchina, con la musica ad alto volume, Rosy -
guidando - si esibisce in un'imitazione esilarante di Carla e della consuocera.
Carla è al settimo cielo.
- A
questo punto passiamo anche da lui - dice Rosy.
E così si ritrovano nel cimitero d'un paesino di
mare, di fronte alla tomba di un ragazzo di diciott'anni, che sorride dalla
cornice ovale di bronzo applicata alla lapide.
Il figlio di "secondo letto" di Rosy,
morto di overdose pochi anni prima.
C'è malinconia per tutto il giorno, fino a sera,
quando si fermano in un piccolo albergo isolato e a cena si sbronzano un po'.
Passeggiano per viottoli animati dal palpito
delle lucciole.
A un certo punto Rosy confessa qualcosa che
nessuno sa.
Che lei di figlio in realtà ne avrebbe un quarto.
Messo al mondo a quindici anni, prima di
conoscere e sposare Aldo, il camionista.
Un bambino dato in adozione quarant'anni fa.
Al quale non ha mai smesso ovviamente, malgrado
tutto, di pensare.
E che ora, improvvisamente, con un ritardo
imperdonabile, quasi criminale, desidererebbe disperatamente ritrovare.
Carla è commossa e ammutolita. Siedono in un
prato, sotto la luce della luna. Le parole di Rosy sono soffocate dal frinire
dei grilli.
********************
Il notaio è in vacanza, ma uno dei giovani che
sono allo studio è ben felice di rendersi utile.
Le due donne che gli siedono di fronte lo incuriosiscono.
Di una sa che è una cliente privilegiata, e lo
sconcerta quella sua aria trasognata e infantile, dell'altra non può non
rilevare il fatto che malgrado i cinquant'anni ampiamente superati emani ancora
un sex appeal piuttosto spregiudicato.
Una coppia stranamente assortita, non c'è che
dire.
E con una richiesta piuttosto inusuale.
Sì - dice - con la nuova legislatura è possibile
tentare la strada del risalire, in presenza di opportuni requisiti e possedendo
un certo numero di dati, alla famiglia cui un bambino sia stato affidato in
adozione.
Tenendo conto del notevole tempo ormai trascorso
non sarà semplicissimo, ma lui sarà ben lieto di tentare ogni via possibile.
Rosy è quasi spaventata, Carla imperturbabilmente
ottimista.
Il tempo dell'attesa di notizie le due amiche lo
trascorrono in città, aggirandosi per le strade rese deserte dalla feria
d'agosto, sostando nei dehors dei pochi caffè aperti, approfittando dell'aria
condizionata delle sale cinematografiche, dei grandi magazzini dove ci sono più
manichini che persone.
Fino a che vengono convocate allo studio dal
giovane avvocato.
Rosy, che per tutto il tempo dell'attesa non ha
fatto che tormentarsi con l'idea di star commettendo un doloroso errore -
l'ennesimo della sua vita - a questo punto sarebbe tentata di tirarsi indietro.
E' Carla, con il suo irriducibile candore a
trascinarla nello studio.
L'avvocato annuncia che la persona è stata
rintracciata.
Comunica la località di provenienza dei genitori
adottivi segnalando che nel frattempo sono entrambi deceduti.
Rosy è imperscrutabile, Carla sembra
improvvisamente incuriosita, e la sua curiosità diventa affanno quando
l'avvocato pronuncia il cognome della famiglia affidataria.
Rosy la guarda con meraviglia.
L'avvocato procede dopo una piccola esitazione di
stupore.
Quando pronuncia il nome del bambino - Fabio
- che ora dovrebbe avere quarant'anni, a
Rosy spuntano le lacrime.
Carla sviene.
Sarà in stato di eccitata confusione, dopo
essersi ripresa, che riuscirà a rivelare
che quel bambino ha trascorso alcuni periodi della sua infanzia in casa di lei.
Fabio è il figlio adottivo della sorella del
marito, di cui lei non sa più nulla da almeno trent'anni.
La mirabolante casualità sembra cementare ancora
di più l'amicizia tra le due donne. Pronte a rimettersi in viaggio per
raggiungere la località dove Fabio gestisce un Centro Culturale.
Durante il tragitto Rosy subissa Carla di domande
su quel figlio che lei non ha mai visto e di cui l'altra è stata, suo malgrado,
vagamente madre vicaria, seppure solo a periodi.
Carla ricorda - così come ci si poteva aspettare
- momenti dettagliatissimi ma irrilevanti ai fini di delineare un carattere
generale, un quadro esauriente della figura del bambino. Ciò che si desume è
l'immagine di un adolescente schivo, taciturno affettuoso ma timido.
*********************
Una donna avvenente, fasciata in un abito di
lamé, bilanciandosi sul palco su vertiginosi tacchi a spillo sta interpretando
con voce sensuale "Each man Kills the things he loves", ricacciando
indietro le ciocche biondo platino che scivolano in avanti sfiorando il
microfono.
Carla e Rosy vengono accompagnate ad un tavolino
antistante il piccolo palco che occupa una parte dell'"Associazione
Culturale Sandro Penna": una via di mezzo tra la biblioteca multimediale e
il tabarin da repubblica di Weimar.
Carla è incantata dalla cameriera che li ha
accompagnati al tavolo.
"...travestito…" sussurra Rosy con un filo di
disagio.
E
poi deve anche spiegare.
Intanto l'esibizione canora finisce e le due
donne, con riaccendersi delle luci, hanno agio di guardarsi attorno.
La stragrande maggioranza del presenti - uomini e
donne - è esponente in maniera esauriente delle molteplici espressioni del
mondo gay.
Carla sembra apprezzarlo molto, Rosy è perplessa.
Finalmente si avvicina loro un giovanotto che
annuncia che il dottor Gelmini le attende.
- Fabio
è dottore… - sussurra Carla a una Rosy sempre più disorientata.
Il giovanotto le guida lungo un corridoio e le
introduce in un vasto camerino illuminato da luci sfavillanti.
La cantante di "Each man Kills the things he
loves" si sta togliendo la parrucca.
Resta per un istante a fissare le due donne con
il mezzo sorriso che si riserva educatamente a due sconosciute, un sorriso reso
particolare dal rossetto e dal bistro.
Poi Carla apre le braccia sussurrando commossa
"Fabio" e la cantante, riprendendosi da un soprassalto di meraviglia,
esclama "Zia Carla !" accogliendola con un abbraccio.
Questa volta tocca a Rosy venir meno.
Fabio si rivelerà eccezionale. Senza
recriminazioni o rancori, ma con una comprensione che rifiuta giustificazioni
accoglierà questa madre sconosciuta, riservandole attenzioni ed affetto, felice
tra l'altro di aver ritrovato anche la "zia Carla".
Rosy, che negli ultimi tempi sembrava aver perso
la sua generosa esuberanza, soffocata dai rimpianti e dai sensi di colpa, la
riconquista, decisa a recuperare nel limite del possibile gli anni perduti
senza Fabio.
Lui però è in partenza. Deve raggiungere il
fidanzato in una località portoghese - Albufeira - dove stanno aprendo un altro
"Centro Culturale".
Volo prenotato, appuntamenti fissati per la
settimana successiva.
Complicazioni ?
Non per Carla, che suggerisce che si potrebbe
anticipare la partenza.
A subito.
Così, con Rosy alla guida, Carla di fianco, Fabio
seduto dietro, a braccia aperte appoggiate allo schienale, il cabriolet viaggia
su strade di Francia e Spagna mentre sulle note di "Memories are made of
this", nella versione di Fabio, cresce piano piano il tono bonario della
voce F.C. del notaio: " Un centro culturale in Portogallo ?…Sì, certo…non
lo metto in dubbio…mhm,mhm, sì, potrebbe essere una buona idea…una bella voce ?
Ah!…chi?…molto interessante…Beh, la ringrazio, ma non credo di poter…Bene,
bene…" Poi la voce sfuma sul ritorno di "Memories are made of
this" sul totale dall'alto che inquadra il cabriolet svanire in lontananza
nella gibigiana della calura, lungo un interminabile rettilineo…
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