Non so come ne verrò fuori da questo post.
Ci sto pensando da qualche giorno e mi sto rendendo conto che presuppone tutta una serie di intrecci che innanzitutto spero di riuscire a coordinare, e poi mi auguro che nessuno si risenta, anche se sono quasi certo che le persone che si incontreranno non leggono il mio blog.
Si era nel novembre del 1973.
Una notte, a bordo della 127 blu di Luca Remmert, siamo partiti per Parigi, lui, Paolino Grossi ed io.
Non è che fossimo particolarmente amici, o meglio loro due sì, ma io per quanto li abbia frequentati saltuariamente per molti degli anni dell'adolescenza ho sempre avuto la sensazione di non piacere loro molto.
Perchè si sia partiti insieme per Parigi resterà dunque un mistero.
Il viaggio si è dipanato nella notte accompagnato dal reiterato inserimento di cassette dei Pink Floyd, in particolare da "The dark side of the moon".
A Parigi eravamo attesi. Loro due da Sara Randaccio, l'allora fidanzata di Luca che era là per una vacanza con un'amica, io da Isabelle Calmajis, che avevo conosciuto a Benidorm, in Spagna, nell'estate del 1971.
Pit e Isabelle sulla spiaggia di Benidorm
Non ricordo come avessi fissato l'appuntamento a casa di Brigida Banfi, però sta di fatto che ad un certo momento nei saloni dell'appartamento di Avenue Montaigne c'erano la nostra ospite, sempre laconica e apparentemente imperturbabile, Sara, la sua amica, Luca e Paolino, e Isabelle.
Dire che la compagnia era mal combinata é dir poco.
Il quartetto torinese, ad esclusione del sottoscritto, tendeva a fare gruppo a se - e appartenendo all'alta borghesia subalpina ma ritrovandosi a casa di un'aristocratica parigina - lo faceva con supponenza guardinga.
Io avevo portato una ragazza che arrivava dai sobborghi, con un carattere estroverso e disponibile, ma non bastava. Ho capito che toccava a me risolvere in parte la situazione.
Mi sono affrettato a togliere il disturbo da casa de R. liberando Brigida dalla nostra ingombrante presenza, e siamo andati ad installarci all'Hotel St. Germain, in rue du Bac, suggerito a Luca da suo fratello più grande, di cui si è saputo solo recentemente essere il padre naturale di Carla Bruni, che allora era probabilmente una bimbetta.
Brigida Banfi de Rosambo ha sempre rappresentato un mistero che, purtroppo, a suo tempo non mi sono dato la pena di indagare, limitandomi a considerarla "lontana".
E adesso che ci penso ho raccontato un episodio con loro due in "Cavalli", postato il 23 gennaio 2011.
Dire che la compagnia era mal combinata é dir poco.
Il quartetto torinese, ad esclusione del sottoscritto, tendeva a fare gruppo a se - e appartenendo all'alta borghesia subalpina ma ritrovandosi a casa di un'aristocratica parigina - lo faceva con supponenza guardinga.
Io avevo portato una ragazza che arrivava dai sobborghi, con un carattere estroverso e disponibile, ma non bastava. Ho capito che toccava a me risolvere in parte la situazione.
Mi sono affrettato a togliere il disturbo da casa de R. liberando Brigida dalla nostra ingombrante presenza, e siamo andati ad installarci all'Hotel St. Germain, in rue du Bac, suggerito a Luca da suo fratello più grande, di cui si è saputo solo recentemente essere il padre naturale di Carla Bruni, che allora era probabilmente una bimbetta.
Da sinistra: Sara, Luca, l'amica di lei,
Paolino, lungo Avenue Montaigne verso
L'Etòile...
...e di fronte all'ingresso dell'hotel...
Occorreranno ora un paio di subordinate.
La prima riguardante Brigida.
Nel racconto "Sei giorni fuori strada" postato il 28 novembre 2010 c'è il rendiconto delle ragioni che mi avevano portato per la prima volta in quella lussuosa magione di Avenue Montaigne, nel 1969.
La nostra evanescente relazione si era dipanata durante una vacanza natalizia a Sauze, nel 1971.
Abbiamo trascorso il capodanno entrando nel '72 insieme, ma separati dallo stordimento di essere sempre fluttanti nella terra di nessuno in cui ci introducevamo grazie al mattone di hascish che si era portata da Parigi. E adesso che ne scrivo ricordo all'improvviso che quel capodanno lo avevamo trascorso a casa di Luca, guarda un po'...
Abbiamo trascorso il capodanno entrando nel '72 insieme, ma separati dallo stordimento di essere sempre fluttanti nella terra di nessuno in cui ci introducevamo grazie al mattone di hascish che si era portata da Parigi. E adesso che ne scrivo ricordo all'improvviso che quel capodanno lo avevamo trascorso a casa di Luca, guarda un po'...
Per qualche tempo, dopo, durante i miei passaggi a Parigi, andavo a trovarla. L'ultima volta deve essere stata quando siamo approdati da lei in arrivo da Stoccolma con un estenuante viaggio in treno, io e Giorgio Oggero.
Non ne sono sicuro ma mi pare che sia stato in quell'occasione che ci aveva invitati a pranzo a "Le pied de cochon", accanto alle Halles in via di smantellamento, dove avevamo sorbito, tra le altre meraviglie, un'indimenticabile zuppa di cipolla.
E poi perduta.
Ho provato a rintracciare qualcosa di lei recentemente, con la rete.
Alcuni mesi fa una Brigida Banfi risultava tra le persone disperse a New York, e sarebbe davvero strano, ma forse non per lei, scomparire nella città dove suo padre mi avevano raccontato si fosse suicidato quando era bambina. Poi quell'annuncio è scomparso e pochi giorni fa ho trovato un trafiletto del Palm Beach News del 12 dicembre del 1961 che annuncia che Micaela Banfi, vedova dell'industriale Alfredo Banfi convola a nozze con il marchese de Rosambo. Tout se tien.
Ho anche trovato l'indirizzo mail di una località degli Stati Uniti che potrebbe essere riferito a lei, ma forse e meglio lasciar perdere. Nessuna notizia invece di sua sorella Gabriella e di suo fratello Robert.
Mi sono chiesto infinite volte cosa pensasse di me, cosa pensasse in generale, in che modo il suo appartenere ad un mondo super privilegiato ma apparentemente tarlato di sofferenze nascoste premesse sul suo modo di interagire con gli altri, condizionasse quel suo modo di essere sempre un poco distaccata, e come sempre l'infinità di domande che non ho avuto la sensibilità di rivolgerle allora, la partecipazione che avrei dovuto saper esternare, resta al solito un rimpianto saltuario, un tenue ma categorico senso di colpa.
Mi sono chiesto infinite volte cosa pensasse di me, cosa pensasse in generale, in che modo il suo appartenere ad un mondo super privilegiato ma apparentemente tarlato di sofferenze nascoste premesse sul suo modo di interagire con gli altri, condizionasse quel suo modo di essere sempre un poco distaccata, e come sempre l'infinità di domande che non ho avuto la sensibilità di rivolgerle allora, la partecipazione che avrei dovuto saper esternare, resta al solito un rimpianto saltuario, un tenue ma categorico senso di colpa.
Fine della prima digressione.
Torniamo all'hotel St. Germain.
Paolino e Luca nella nostra stanza
Io mi ci ero installato con Isabelle, ansioso di riallacciare la torrida relazione di due anni prima in Spagna.
E così era andata.
Il tempo trascorso fuori dalla stanza d'albergo era irrilevante, almeno per noi due.
Una puntata a Montmartre, nel pieno rispetto degli obbighi turistici, poco altro.
Isabelle e Paolino
Isabelle
Luca con Lucio Palazzi, incontrato per caso
Paolino e Sara
Qui potrebbe collocarsi una seconda subordinata, prima dell'ultima che riguarderà Isabelle.
In quel novembre del 1973 Luca era fidanzato con Sara, che era stata mia morosetta nel '70...
...con dei brevissimi ritorni di fiamma nella primavera del '71...
...e nel '72...
In quel novembre del '73 io mi ero già arreso ad un innamoramento tempestoso con quella che poi sarebbe divenuta, anni dopo e per molti anni, la moglie di Luca, Valeria.
Quella Parigi galeotta è stata una delle rare occasioni di trasgressione, pagata poi carissima, perchè Valeria non perdonava.
...la Valeria di allora...
Io e lei nel maggio del '72...
...nell'ottobre del '72...
...e nella primavera del '73, in piscina a casa di Luca
quella casa che poi sarebbe diventata la sua
e dove avrebbe cresciuto i suoi figli.
Qui si conclude la seconda digressione, anche perchè, riguardo a Valeria, c'è già qualcosa nel post del 5 gennaio 2012.
Quindi di nuovo a Parigi, con Isabelle.
Anche lei resta un "caso irrisolto". Anche di lei mi rimane la convinzione che conoscerla davvero sarebbe stato un bene.
Qualche anno fa ho riletto le sue lettere scoprendo quanto il suo disincantato sguardo sul mondo fosse maturo, cosa che mi era completamente sfuggita al momento in cui le ricevevo, perchè l'immaturo ero io.
C'era anche una specie di deriva cinica, provocatoria nelle sue parole, o forse sono io che ce l'ho vista, non so...
Era cresciuta a Papeete, nella Polinesia Francese, figlia di un militare di stanza nell'arcipelago.
Isabelle adolescente a Papeete
Quando l'ho conosciuta, nell'estate del '71 in Spagna, viveva però con la famiglia a Fontenay le Fleury, un sobborgo di Parigi.
Così, senza dichiararlo, siamo entrati nella terza ed ultima digressione, che riguarda lei.
Anticipo subito che anche con lei ho tentato delle ricerche in rete e che quel poco che ho trovato può riguardarla come no.
Al liceo Paul Gaugain di Papeete ci sono state in effetti due allieve, Isabelle e Evelyne Calmajis.
A Benidorm con Isabelle avevo conosciuto la sorella, che in effetti si chiamava Evelyne.
Isabelle ed Evelyne al "Miami" nel '71
...loro due l'anno dopo, forse al "Penelope"
E adesso che ci penso ho raccontato un episodio con loro due in "Cavalli", postato il 23 gennaio 2011.
Isabelle dava sempre l'impressione di concedersi con leggerezza la libertà di soddisfare ogni sua curiosità, ma senza autoindulgenza.
Era piuttosto sfrenata, sessualmente spregiudicata, ma anche capace di tenerezze, di transitorie disponibilità.
E grazie alla rilettura delle sue lettere avevo scoperto che era anche molto acuta. Certe sue analisi, la scelta di certe citazioni, le poesie che mi suggeriva di leggere componevano un mosaico di sensibilità esposte, quasi autolesionistiche.
Questa foto di lei mi piace molto, mi
ricorda un poco Maria Schneider, e non
solo fisicamente...
Il problema, dopo il ritorno a Torino, è stato quello di scoprire che mi aveva trasmesso una blenorragia.
Se vogliamo faceva parte del personaggio, però io me l'ero presa parecchio. Lei, epistolarmente, aveva minimizzato. Io mi ero detto "Ma vaffanculo !", mi ero destreggiato nell'astinenza con Valeria, accampando non so quali giustificazioni per evitarle il contagio, grazie a Roby Oggero mi ero curato ed ero guarito.
L'esperienza, sommata ad altre di Spagna, mi aveva dato gli elementi per creare un personaggio femminile per un vecchio racconto intitolato "La danza nel buio", postato il 26 luglio 2011.
Pareva che Isabelle fosse destinata a scomparire in una forzata e risentita dimenticanza e invece, un paio d'anni dopo, ricevo una lettera. Vive in rue Monge, a Parigi, chissà come, chissà con chi. Dice che andrà a stare per qualche tempo a Milano.
E così, una notte, reduce da una festa in campagna a casa di Giorgio e Roby Oggero, passo a prenderla alla stazione di Porta Susa, in arrivo, appunto, da Milano.
Dorme da me, il giorno dopo se ne va. Dopo un paio di giorni mi ritrovo di nuovo con lo scolo.
Va da se che a questo punto non l'ho mai più contattata, nè lei l'ha fatto con me.
Tra le scoperte approssimate in rete ho trovato anche una Isabelle Calmajis che ha rappresentato la Polinesia ai campionati di Body Building dell'85.
Improbabile che sia lei, ma io lo spero, spero che sia tornata alla sua isola, si sia ritrovata, abbia sanato quel corpo che ricordo vigoroso e tonico - nuotava, cavalcava, correva, lottava come una guerriera - e si sia data una vita meno rischiosa.
Nessun commento:
Posta un commento