Nel 1987 un'agenzia si era rivolta alla Videomark per la realizzazione di un filmato promozionale per la diffusione di una carta di credito per adolescenti che si chiamava S. Paolo junior.
Dalla Videomark mi avevano chiamato per propormi la regia.
La sceneggiatura era quanto di più banale e noioso si potesse immaginare ma, si sa, i creativi delle agenzie non si rassegnano mai ai loro destini oscuri e si comportano come se fossero appena stati insigniti del Pulitzer.
Per tutta la fase preparatoria e poi durante le riprese l'istituto bancario mi aveva messo alle calcagna un paio di dipendenti con aspirazioni artistiche. Uno in particolare si presentava sul set con grandi cappelli a tesa larga e lunghissime sciarpe svolazzanti. Tenerli tutti a bada non è stato né facile né gradevole, però siamo arrivati in fondo. A un filmetto davvero dimenticabile.
Antì ci aveva aiutati nel casting, Maurizio Zaccaro era venuto come direttore della fotografia e operatore.
Pasqualina Zappia era stata chiamata da Angelo Artuffo per dare una mano in produzione. Era molto simpatica, piccolina e vitalissima, con sguardo zingaresco e una voce bassa, da bandito.
Avevo scelto lei per una delle due protagoniste, scartando molte attricette o sedicenti tali che si erano presentate al provini. E avevo visto giusto.
Qui con uno dei giovani protagonisti e, tra noi, lo sceneggiatore,
un buon diavolo, che fumava Gauloises senza filtro come
un matto e che è morto giovane...
Per la location in interni abbiamo optato per un locale che allora faceva tendenza e si chiamava Polaroid. Mi sembra di ricordare che fosse in piazza Statuto.
Le uniche due opportunità che ero riuscito a concedermi registicamente come inserimenti narrativi, a prescindere dal canovaccio ferreo voluto dalla banca, erano stati due siparietti musicali, uno in interni e uno in esterni, di alleggerimento e relativa guardabilità. Ero riuscito a cacciarci dentro persino i Blues Brothers e Woody Allen. I bancari non si facevano domande sui diritti...
Avevamo girato gli interni affumicati da quantitivi industriali di incenso che Maurizio aveva fatto accendere per ottenere, a dir suo, un "effetto pellicola". Con una telecamera a tubi catodici. Capirai...
Davvero altri tempi, per certi versi molto più lontani di quanto non siano in realtà.
Tutto qui.
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